Cronaca

Violentata dal patrigno a 15 anni
"L'orco" condannato a 9 anni

I giudici hanno trasmesso gli atti in procura per l'imputato, la madre e il fratello della vittima, con l'ipotesi di reato di maltrattamenti. Per la madre, anche il concorso in violenza per non aver impedito gli abusi

L’aveva molestata e violentata più volte, e la madre, gelosa, se la sarebbe presa con lei. E poi le violenze fisiche e le minacce da parte dei componenti della famiglia: lo stesso patrigno, la madre, la zia (sorella della mamma) e il fratello. Un incubo, per una giovane, oggi 22enne, all’epoca dei fatti di soli 15 anni, che lo scorso 10 giugno aveva raccontato il suo calvario nel processo contro il patrigno, 50 anni, tunisino, incensurato, operaio di professione, accusato di violenza sessuale.

Oggi i giudici, accogliendo la richiesta di pena del pm Federica Cerio, lo hanno condannato ad una pena di nove anni di reclusione, trasmettendo gli atti in procura per l’imputato, la madre e il fratello della vittima, con l’ipotesi di reato di maltrattamenti. Per la madre, anche il concorso in violenza per non aver impedito gli abusi.

Prima che fosse pronunciata la sentenza, il 50enne, assistito dall’avvocato Massimo Tabaglio, ha reso dichiarazioni spontanee, sostenendo di non aver mai toccato la ragazza. “Sono sempre stato un padre per mia figlia”, ha detto. “L’ho sempre trattata bene e non l’ho mai violentata. Mi sono prodigato per farla venire in Italia e non le ho mai fatto mancare niente. Quando mi ha denunciato era andata ad abitare con il suo ragazzo, ma io non ero in Italia. Quando poi è tornata a casa ci ha detto che aveva fatto la denuncia per avere i documenti e ci ha chiesto scusa”.

Il pm Cerio

“Il mio cliente è una persona onesta, un lavoratore”, ha detto l’avvocato Tabaglio nella sua arringa, parlando di “racconti esagerati e fantasiosi” da parte della ragazza. “Una ragazza vivace che faceva quel che voleva”. Il legale della difesa ha cercato di intaccare la credibilità della vittima, sottolineando il fatto che al suo assistito non fosse mai stata applicata alcuna misura di sicurezza. Ma i giudici non sono stati dello stesso avviso. La motivazione sarà depositata entro 90 giorni.

Dopo la morte del padre della ragazza, la vedova, che con il marito aveva avuto anche un figlio maschio, si era risposata, e con il nuovo compagno, dal quale ha avuto una figlia, oggi 15enne, si è stabilita a Cremona nel 2016. Gli anni contestati vanno dall’anno successivo al 2020. Quando la ragazzina aveva cominciato a svilupparsi, il patrigno aveva iniziato a molestarla. Prima con palpeggiamenti nelle parti intime e poi costringendola ad avere rapporti sessuali completiA casa, sul divano e sul letto, in auto in centro a Cremona, dove era stata anche picchiata, e al parco.

“Quando mia madre era fuori casa o quando tornava in Tunisia, lui si occupava di me e di mia sorella più piccola”, aveva raccontato la ragazza. “Quando sono andata via di casa lui mi contattava, dicendomi che era innamorato di me e che non poteva lasciarmi”. L’uomo aveva anche abusato dei poteri connessi alla sua posizione di patrigno convivente: quando la ragazzina, che aveva chiesto ospitalità a conoscenti, aveva bisogno di soldi, lui prometteva di darglieli, in cambio di rapporti sessuali.

Tra gli episodi raccontati dalla vittima, anche quello di una violenza avvenuta in un parco. “Eravamo con la mia sorellina di 8 anni”, aveva riferito la giovane. “Io e lui siamo andati a correre, ma poi ha iniziato a toccarmi. Mi ha abbassato i pantaloni e mi ha violentata, intimandomi di non dire nulla alla mamma“.

E invece la ragazza si era confidata con la madre, che però, gelosa del marito, non aveva creduto alle accuse mosse dalla figlia, e l’aveva cacciata di casa. “Poi sono tornata”, aveva spiegato la ragazza, “ma perchè era stato lui a chiederlo alla mamma. Il mio patrigno mi trattava come fossi sua moglie. La mamma non gli dava ciò di cui aveva bisogno; in una famiglia araba non si può divorziare, e quindi lui veniva da meMi hanno sempre tenuta lontano da mia sorella: temo che lui possa fare la stessa cosa con lei”.

E poi le minacce da parte dell’imputato e della famiglia quando avevano saputo che la giovane, nel dicembre del 2020, aveva denunciato il patrigno. “Mi hanno detto di dire che non è successo nulla, mia madre mi ha anche picchiato. Mi hanno legata e chiusa in camera, bruciata con una forchetta scaldata sul fuoco, e mio fratello, arrivato in Italia da clandestino, mi ha detto: “Se ti becco, ti ammazzo”.

Sara Pizzorni

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