Lite di via Sardagna: vicenda con
"un inquietante sfondo omertoso"
Depositata la motivazione della sentenza nella quale si sottolinea la "volontà aggressiva e punitiva" dell'imputato
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Lo scorso 8 luglio il giudice aveva condannato a tre anni Mehedi Lahrache, il marocchino di 37 anni che in un’esplosione di violenza, la sera dell’11 maggio del 2024 in via Sardagna, aveva aggredito, colpendolo ripetutamente al volto e alla testa, il suo vicino di casa, Abdellah Rharrad, connazionale di 47 anni, ex muratore residente in una delle palazzine dell’Aler nel quartiere Borgo Loreto. Per l’imputato era stata ordinata l’espulsione.
Nelle 21 pagine di motivazione della condanna, il giudice parla di una condotta che “è chiara dimostrazione della volontà aggressiva e punitiva” dell’imputato, che “dopo aver ridotto all’impotenza l’avversario, lo lascia esanime a terra e se ne torna a casa, senza allertare i soccorsi, ma addirittura prendendosi ‘il piacere’ di riprendere con il proprio telefono il Rharrad a terra rantolante“. “Una condotta”, si legge, che “niente può avere a che vedere con la necessità di essere costretto a difendersi o di avere, in tale ipotesi, ecceduto colpevolmente i limiti della difesa”.

Tentato omicidio era l’accusa contestata al momento dell’arresto, poi derubricata in lesioni gravissime. Con le aggravanti di aver messo in pericolo la vita del suo vicino e di avergli cagionato un deficit cognitivo. Come risarcimento era stata disposta una provvisionale di 25.000 euro in favore della vittima e di 10.000 euro per la convivente, che lo ha sempre assistito. La coppia era rappresentata dagli avvocati Alessandro Vezzoni e Santo Maugeri, mentre l’imputato, che è ai domiciliari, era difeso dall’avvocato Giorgio Lazar.
I motivi del contendere sono da ricondurre a pessimi rapporti di vicinato, con denunce, querele e risse che i due avevano da tempo. Quella notte la situazione era degenerata. Tra i vicini, che si erano picchiati a vicenda fuori dal bar, era scoppiata l’ennesima lite nella quale il 47enne aveva avuto la peggio.

Il tribunale non ha accolto la tesi della legittima difesa invocata dall’imputato. “È evidente che il dubbio sull’esistenza dell’esimente si risolve nell’assoluta mancanza di prova al riguardo, proprio perché le allegazioni difensive sono risultate talmente vacue, inconsistenti e prive di spontaneità, tali da non consentire di ritenere necessitata e priva di alternativa l’offesa portata all’avversario”. Nè è stata riconosciuta l’attenuante della provocazione. “Per quanto sia incontestabile che i rapporti tra il Raharrad e il Lahrache fossero pessimi, è tutto da dimostrare che le azioni moleste ed aggressive fossero unilaterali; le dichiarazioni della moglie e la rissa avvenuta alla presenza delle forze dell’ordine dimostra il contrario e cioè che vi era una animosità reciproca”.
Persona, violenta, il 37enne, con alle spalle precedenti penali relativi a reati contro il patrimonio, in materia di sostanze stupefacenti e contro la persona, e condanne per resistenza a pubblico ufficiale e lesione personale. Per il giudice, “tale ulteriore manifestazione di aggressività è indicativa di una personalità incapace di contenere le proprie pulsioni criminali, così da potersi ritenere che la condotta criminale per la quale oggi è giudicato sia espressiva di ulteriore e mai sopita pericolosità”.

Per quanto riguarda l’espulsione di Lahrache, il giudice scrive: “Sussiste il concreto e pregnante pericolo di recidiva alla luce non solo del dato oggettivo relativo al pervicace coinvolgimento in una lite violenta dalle conseguenze potenzialmente estreme, ma altresì dalla personalità negativa” dell’imputato.
“Inquietante“, si legge infine, “appare il contesto omertoso che fa da sfondo alla vicenda, dove è emerso il timore da parte dei testimoni di essere coinvolti in possibili ritorsioni rispetto a quanto dagli stessi riferito agli inquirenti”.
Sara Pizzorni