Centropadane Eng srl, FDI: "Stop
polemiche, pensare a ruolo società"
Fratelli d’Italia interviene sulla polemica di questa estate, apertasi con la crisi della srl Centropadane Engineering partecipata dalle Province di Brescia e Cremona. FDI è partito di minoranza ma tacciato di collaborare sottobanco con il centrosinistra del presidente Mariani dal resto del centrodestra, Forza Italia e Lega. Non a caso sono due i gruppi di minoranza che si sono costituiti in Consiglio: quello di Fratelli d’Italia con il capogruppo Attilio Zabert e i consiglieri Roberto Rava e Federico Oneta; e quello del Cendestra con capogruppo Valeria Patelli e i consiglieri Gianni Rossoni e Filippo Raglio.
“Il senso di responsabilità dovrebbe prevalere per lasciare spazio a un’analisi razionale della situazione”, afferma Fratelli d’Italia. “CENTRO PADANE ENGINEERING ha chiuso il bilancio 2024 con una perdita di oltre 1 milione di euro dovuta in parte ad un deficit di commesse rispetto al budget (539 mila euro), in parte all’insussistenza di “rimanenze di prodotti in corso di lavorazione” mai appaltati e valorizzate nel bilancio 2023 (435 mila euro) e in parte all’incremento del costo del personale (per 176 mila euro).
“L’attuale Consiglio di amministrazione (partecipato in maggioranza da esponenti di FdI e da un consigliere espresso dal PD) che è entrato in carica nel maggio 2024, dopo l’approvazione del
bilancio 2023 e molto dopo l’approvazione del budget 2024, non ha potuto che redigere il bilancio d’esercizio rilevando il risultato gestionale negativo.
“A metà ottobre 2024 è stato assunto al minimo contrattuale un nuovo direttore con un compenso inferiore a circa il 25% rispetto al precedente (dimissionario).
Ricordiamo anche che è stato il precedente CdA (composto esclusivamente da rappresentanti del PD e da uno di Forza Italia) ad assumere 4 dipendenti nei primi mesi del 2024 (oltre alle 3
assunzioni fatte nel 2023), appesantendo la struttura di costi eccessivi rispetto al budget che si stava realizzando, decretando quindi l’inevitabile perdita d’esercizio.
La saggezza popolare direbbe: “chi è causa del suo male pianga sé stesso”.
“La responsabilità politica suggerisce di non soffermarsi sulla polemica ma di concentrarsi sulle soluzioni, cioè sul recupero della società ridelineando prima di tutto la sua missione sul
territorio provinciale, salvaguardando le sue competenze e qualità compatibilmente con la necessaria riduzione dei costi ed il recupero dell’efficienza gestionale in relazione alle
commesse che le Province di Cremona e Brescia possono ragionevolmente garantire nel breve termine”.
I consiglieri di FDI passano quindi ad esaminare i possibili sbocchi cella crisi: “I ricavi di CPE nascono dai bilanci delle Province di Cremona e Brescia in quanto è una società “in house” che deve realizzare almeno l’80% del fatturato con i suoi soci.
Questo è un limite ma anche una potenzialità, nel senso che sono gli enti soci a poter dare la stabilità economica (entro le proprie disponibilità, ovviamente) e la previsione dei ricavi (gli enti
soci approvano il budget della società).
Il Consiglio di amministrazione in carica ha presentato un piano di risanamento su richiesta degli enti soci diretto a recuperare il pareggio di bilancio a breve termine e garantire la
continuità aziendale.
“Questo piano, che prevede il recupero dell’efficienza mediante la razionalizzazione delle attività produttive, poggia ovviamente sul mantenimento da parte degli enti soci degli impegni
economici e finanziari assunti con i budget da loro approvati”.
“In merito all’ultimo consiglio provinciale in cui è stato presentato il piano di risanamento occorre dire che è stato giudicato opportuno ratificare l’operato del Presidente perché
altrimenti la società si sarebbe sciolta e avrebbe dovuto essere posta in liquidazione (col rischio concreto di fallimento). A questo punto si sarebbero definitivamente spente le speranze
per tutti i lavoratori e avremmo dilapidato un’azienda che riteniamo abbia invece potenzialità operative e strategiche rilevanti per la Provincia di Cremona.
“La nostra astensione nella votazione del piano (differentemente da quanto hanno fatto gli altri partiti del centrodestra, Forza Italia e Lega, che hanno votato contrario nonostante la
prospettiva di messa in liquidazione della società) è stata motivata dall’emendamento presentato sull’originaria proposta di delibera che ha tolto la parola “approvazione” del piano
di risanamento, limitandosi alla sua presa d’atto.
“Premesso che una volta approvato un piano di risanamento si può sempre in seguito intervenire per migliorarlo, in particolare per salvaguardare i lavoratori dipendenti, occorre anche
considerare che secondo quanto previsto dalle norme di legge che regolano le società a partecipazione pubblica, gli aumenti di capitale che ripianino le perdite sono consentiti solo se
accompagnati da un piano di ristrutturazione aziendale dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico.
Ora poiché sono gli stessi enti soci che possono garantire i ricavi alla partecipata, avendone approvato il budget ed essendo le stesse previsioni riportate nel piano, la formula della mera
“presa d’atto” del piano al posto della sua “approvazione” ci è sembrata contradditoria e non adeguata alla previsione normativa. Questo il motivo dell’astensione.
“La partita nel lungo termine si giocherà innanzitutto su quale ruolo si vorrà dare alla partecipata e sulla volontà politica di sostenere il progetto. Su questo occorre veramente interrogarsi e fare
chiarezza”.