Cronaca

"Mi maltrattava perché non restavo
incinta": 30enne a processo

Inizia il processo a Cremona per un 30enne accusato di maltrattamenti e violenza sessuale nei confronti della ex moglie.

Si è aperto davanti al tribunale collegiale di Cremona il processo a carico di un 30enne egiziano accusato di maltrattamenti nei confronti della ex moglie. In aula è stata ascoltata la presunta vittima, una ragazza che all’epoca dei fatti denunciati era poco più che ventenne.

La donna ha raccontato di essersi sposata nel 2021, dopo un fidanzamento combinato dalle famiglie. Dopo le nozze la coppia era andata a vivere in una cascina, presso l’azienda agricola in cui il marito lavorava. Lei, senza lavoro e senza parenti in zona, trascorreva gran parte delle giornate sola.

Secondo il racconto fornito in aula, i primi problemi sarebbero iniziati in seguito al matrimonio, e sarebbero stati legati soprattutto alla difficoltà ad avere un figlio: l’uomo e la sua famiglia, ha riferito la giovane, avrebbero esercitato pressioni continue perché restasse incinta.

“Volevano che restassi incinta” ha spiegato ai giudici. “E ogni volta che mi veniva il ciclo, lui si arrabbiava e litigavamo”. Litigate che, secondo la sua testimonianza, sarebbero degenerate in episodi di violenza fisica e psicologica: spinte, colpi alla testa e alle spalle, oggetti lanciati, addirittura una porta sfondata una volta in cui lei si era rifugiata in bagno.

Nel capo di imputazione, appare anche l’accusa di violenza sessuale. “Lui voleva continuamente avere rapporti, anche quando io non ne avevo voglia o non stavo bene, perché diceva che così c’erano più possibilità che io restassi incinta” ha raccontato la giovane alla richiesta di chiarimenti da parte del pubblico ministero.

Tra gli episodi contestati, anche quello verificatosi, sempre secondo i racconti della presunta vittima, durante il viaggio di nozze, quando il marito l’avrebbe immobilizzata e le avrebbe premuto un cuscino sul volto. “Avevo detto che non volevo uscire e che sarei rimasta a casa perché ero stanca, ma quando è tornato ancora non dormivo, così si è arrabbiato e mi ha premuto un cuscino sul viso” ha spiegato.

C’era poi la questione dei farmaci: “Io avrei dovuto prendere dei farmaci per l’asma, ma lui mi impediva di prenderli perché avrebbero potuto essere d’ostacolo a una gravidanza” ha raccontato. Addirittura quando, nel 2022, aveva avuto un aborto spontaneo, e i medici le avevano consigliato di attendere almeno un anno prima di cercare un’altra gravidanza, il marito non avrebbe accettato la raccomandazione, e le avrebbe vietato di assumere i contraccettivi prescrittegli dal dottore.

La situazione sarebbe precipitata nell’ottobre 2023. “Io volevo andarmene e ho chiesto a mio marito di darmi l’oro della dote che avevo portato. Ma lui si è arrabbiato, mi ha bloccato le mani, poi mi ha buttato fuori casa così come ero vestita, in pigiama”. Così l’avrebbe trovata lo zio, arrivato a prenderla su sollecitazione del padre di lei: impaurita e in lacrime.

Nel corso dell’udienza si sarebbero dovute ascoltare anche le testimonianze dei familiari della ragazza, ma non essendoci più la disponibilità dell’interprete, che doveva andare via presto, e per quello il processo è stato rinviato.

Diversa la versione della difesa, che punta, come ha spiegato l’avvocato Stefania Colombi, a dimostrare l’inattendibilità della donna e dei suoi parenti. Secondo l’avvocato dell’imputato, non vi sarebbero stati episodi di violenza, e l’uomo avrebbe fatto tutto il possibile per favorire l’integrazione della moglie in Italia, accompagnandola anche a un corso di lingua.

L’udienza è stata aggiornata al 24 febbraio, quando proseguirà l’istruttoria dibattimentale: dovranno essere sentiti i parenti di lei, e l’imputato avrà poi la possibilità di raccontare la propria versione dei fatti.

Laura Bosio

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