Cronaca

Calci e minacce per aver difeso un
minore dal bullo. "Ho ancora paura"

Aveva fatto il “bullo” con un ragazzino di dieci anni e per questo era stato “ripreso” da un giovane di 16 anni che gli aveva detto di andare a giocare con i ragazzi più grandi, quelli della sua età. Una frase che aveva scatenato minacce e un’aggressione. L’episodio risale al 25 agosto di cinque anni fa al Cambonino, dove un gruppo di ragazzi, maggiorenni e minorenni, stava giocando a calcio nel parco del quartiere dove c’è un campo in cemento. All’epoca dei fatti, l’imputato, Giorgio (nome di fantasia), finito a processo per lesioni e minacce, era uno dei ragazzi più grandi. Quel pomeriggio se la sarebbe presa con Marco (nome di fantasia), all’epoca 16enne, che dopo l’aggressione aveva rimediato una frattura al braccio con una prognosi di trenta giorni.

Di Giorgio, presente in aula accanto al suo legale, Marco, oggi 21enne, ha ancora paura. Lo ha ammesso davanti al giudice e al pm onorario Silvia Manfredi. “Un giorno passavo per strada e lui quando mi ha visto ha sputato per terra“, ha raccontato il ragazzo in aula. Quel pomeriggio di agosto, secondo quanto riferito dalla vittima, che a processo non si è costituita parte civile, Giorgio era “nervoso”. “Voleva giocare a calcio con noi, ma quando ho segnato un punto mi ha preso in giro per come ero magro, e mi ha anche minacciato“. “Poi se l’è presa con un ragazzino di 10 anni che stava giocando con noi”, ha riferito Marco. “Continuava a prenderlo in giro per come giocava. Il bambino aveva un’espressione triste, e io ero dispiaciuto per lui, così ho detto a Giorgio di andare a giocare con i ragazzi della sua età, cioè quelli più grandi”.

Dopo qualche minuto l’imputato ha preso la rincorsa e al volo, e con i piedi ha colpito sul fianco Marco che era girato di spalle. “Dopo mi ha anche minacciato“, ha ricordato il ragazzo: “Sei fortunato che non hai provato il mio pugno“, gli avrebbe detto Giorgio. Dopo il colpo, Marco, che faceva fatica a camminare, era tornato a casa.  Aveva il braccio rotto, ma non era andato subito in ospedale. “La notte”, ha riferito, “non riuscivo a dormire dal dolore, e quindi sono andato in ospedale dove mi hanno riscontrato la rottura dello scafoide e mi hanno messo il gesso che ho tenuto per un mese. Quando ho ricevuto il colpo da dietro, nel cadere mi sono ferito anche alle gambe e sui fianchi“.

Dopo la vittima sono stati sentiti altri testimoni, tra cui alcuni ragazzi che avevano assistito all’aggressione. “Io ero sul muretto di fronte al campo”, ha raccontato un altro giovane. “In quella partita Giorgio e Marco erano rivali. Ho visto Giorgio sferrare un calcio a Marco“. Il testimone ha riferito che l’imputato, che tutti conoscevano nel quartiere, “prende in giro tutti. Una volta ha avuto questo atteggiamento aggressivo anche con me“.

In aula è stata chiamata a testimoniare anche la vice comandante della polizia locale di Cremona Sonia Bernardi, che tre giorni dopo l’episodio aveva raccolto la querela del ragazzo, che al Comando si era presentato con la madre. “L’imputato”, ha detto la vice comandante, “è stato riconosciuto dai testimoni sentiti all’epoca. All’inizio, il minorenne vittima dell’aggressione era traumatizzato, turbato, piangeva, non voleva sporgere denuncia perchè aveva paura di ritorsioni, ma la madre gli ha fatto capire l’importanza di sporgere la querela“.

La difesa dell’imputato, rappresentata dall’avvocato Massimo Tabaglio, punta a dimostrare che si sarebbe trattato di un incidente. Ai testimoni, il legale ha insistito, chiedendo come fosse tenuto il campo da calcio e se la pavimentazione riportasse delle buche. “Di buche ce n’erano”, ha ammesso qualcuno dei testimoni.

L’udienza è stata rinviata al prossimo 17 aprile per sentire gli ultimi testimoni di accusa e difesa, compreso l’esame dell’imputato. E’ prevista anche la sentenza.

Sara Pizzorni

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