Minori stranieri non accompagnati:
"Ormai un fenomeno strutturale"
Il flusso di minori stranieri non accompagnati continua a crescere e mette a dura prova le strutture di accoglienza. La procuratrice di Brescia denuncia un sistema inefficace e chiede un rinnovato impegno istituzionale.
Continua a crescere in modo esponenziale il flusso dei minori stranieri non accompagnati, i cui numeri anche sul nostro territorio sono ormai di diverse centinaia. Questo comporta non pochi problemi dal punto di vista dell’organizzazione sociale, e impone un impegno istituzionale notevole.
“Negli anni i numeri continuano a crescere” spiega Giuliana Tondina, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Brescia. “Nei nostri territori la strutturazione dell’accoglienza è già abbastanza sviluppata, ma abbiamo anche un flusso particolarmente intenso, in quanto sono territori ricchi di opportunità di lavoro”.
Ed è proprio questo uno dei principali obiettivi di questi giovani, che “nella maggior parte dei casi vengono qui proprio alla ricerca di un’occupazione, per poter guadagnare e mandare soldi alle famiglie, ma anche costruirsi una vita” continua Tondina.
D’altro canto, si tratta di giovani in una situazione di fragilità: “Sono ragazzi che spesso hanno attraversato esperienze molto dolorose e traumatiche” sottolinea la procuratrice, che lancia un monito: “La nostra accoglienza non è all’altezza di ciò che dovrebbe essere e di ciò che le norme di legge ci imporrebbero di fare” sottolinea.
I punti di fragilità del sistema sono molteplici: a partire dagli spazi. “Dovremmo assicurare delle strutture di accoglienza numericamente adeguate al numero dei ragazzi che arrivano” spiega Tondino. “Tendiamo a considerarla come un’emergenza sociale ma in realtà non è un’emergenza, è un flusso costante che da decenni è in arrivo in Italia. Per questo dovremmo smettere di considerarlo come un’emergenza e affrontarlo come un dato stabile rispetto al quale bisogna organizzarsi”.
Ma le necessità a cui rispondere sono anche altre: “Ostruzione, avviamento al lavoro, corsi di italiano, ma soprattutto momenti di integrazione e socializzazione nel contesto, in maniera da non farli vivere come corpi estranei che si impongono alla collettività ma come nuovi elementi della nostra collettività” conclude la magistrata.
Laura Bosio