Cronaca

Contro usura e criminalità organizzata "bisogna alzare il livello di attenzione"

Alzare il livello di attenzione su questi fenomeni è necessario. Con questa premessa, come hanno spiegato in avvio il direttore della Cna di Cremona Bruno Cavagnoli e il presidente Massimiliano Montani, ha preso il via nella serata di martedì, attorno alle 21, il seminario contro l’usura e le infiltrazioni della criminalità organizzata. Un appuntamento che rientra fra gli eventi della Carovana Antimafie, voluto proprio dalla Cna e messo in piedi nella sala Mercanti di via Baldesio, in città, in collaborazione con l’associazione Libera di don Luigi Ciotti e con il patrocinio della Camera di commercio. Un’occasione per riflettere con l’intervento del professore di Economia aziendale all’università Cattolica Michele Riccardi (che collabora con il centro Transcrime e che nel corso del seminario ha fatto una panoramica degli investimenti malavitosi in Lombardia) e grazie alle parole del vicepresidente nazionale di Libera don Marcello Cozzi e di Cinzia Franchini, presidente nazionale Cna Fita-Trasporti.

I pericoli connessi all’usura e alla criminalità organizzata, alla luce della crisi e dell’emergenza credito che sta travolgendo le aziende, non si possono ignorare. Lo ha fatto capire anche il presidente della Camera di commercio Giandomenico Auricchio, che ha espresso la volontà di organizzare uno sportello specializzato.

LO STUDIO – Cremona è all’89esimo posto nella graduatoria delle province italiane per indice di presenza mafiosa (indice ricavato dal centro di ricerca Transcrime attraverso l’incrocio di dati provenienti da indagini giudiziarie, reati, relazioni, denunce e confische di beni). Rispetto a molte realtà del Nord a noi vicine siamo in una posizione più tranquilla, ma gli occhi devono restare ben aperti. Nella parte alta di questa classifica, ha spiegato Riccardi, troviamo, assieme a località del Sud, province come Milano, Imperia, Torino. E peggio di noi stanno ad esempio Piacenza, Reggio Emilia, Brescia, Lodi, Bergamo (tabelle complete presenti su www.investimentioc.it). In Italia, circa 20mila i beni confiscati alle mafie dal 1983, ha sottolineato il professore dell’Università Cattolica. “Nella provincia cremonese – è andato avanti – sono 11, tra cui, principalmente, immobili e veicoli non di mafiosi ma di esponenti legati a figure che operavano a ridosso del Garda”. Ci sono, oggi, da tenere in considerazione i segnali delle possibili attività delle organizzazioni criminali: Riccardi ha parlato del traffico illecito di rifiuti, dello sfruttamento della prostituzione, di scommesse e gioco d’azzardo, e del caporalato e del lavoro nero (“soprattutto in agricoltura e allevamento e su soggetti di Est Europa, India, Pakistan”). Investigatori esperti, ha aggiunto Riccardi, sanno che ormai fenomeni mafiosi tipici della zona emiliana hanno attraversato il Po e raggiunto la Bassa Lombardia.

Tra i settori più “vulnerabili”, a rischio, secondo lo studio di Transcrime, ci sono quelli “tradizionali”, come cave, costruzioni, sanità, ristorazione, e altri più “emergenti”, come biomasse, fotovoltaico, scommesse e gioco, trasporti e compro-oro (“settori neonati e con lacune normative”). Bisogna poi capire come le organizzazioni si avvicinano alle imprese, ha evidenziato Riccardi: “Al Nord si parla più di interazione, magari con scambio di favori, che di aggressione con estorsioni. Nel Settentrione, inoltre, è sempre più forte la cosiddetta area grigia, difficile da identificare e per la quale è complicato applicare l’accusa di mafia. In questi casi è più facile parlare di mafiosità diffusa. L’habitat di quest’area è la corruzione, alimentata con i capitali mafiosi”.

L’USURA E I CLAN – “L’usura è un problema complesso, che va capito. Sovente le stesse vittime non riconoscono di essere delle vittime. E non si può capire la situazione solo sulla base del numero di denunce presentate”. Questa la posizione del vicepresidente nazionale di Libera, don Cozzi. “Spesso – ha continuato – le vittime sono persone che hanno un rapporto patologico con il denaro”. “L’usura – ha rimarcato – è l’affare del momento per le mafie, utile per riciclare il denaro. Ma non è solo affare di mafia. Grave e diffusa è l’usura familiare, così come quella di vicinato”. Quanto alla criminalità organizzata: “54 sono i clan che negli ultimi 24 mesi si sono gettati nell’usura secondo i fascioli Dda. Sono attivi ovunque, non solo al Sud. C’è ad esempio il caso di un esercizio alimentare di Campobasso in cui sono finiti soldi di una famiglia della Camorra”. “La bisca più grande? E’ quella gestita dallo Stato. In aumento – ha affermato don Cozzi – le storie di usure che vengono dal gioco”. “Contrastare gli strozzini è una battaglia di libertà – ha concluso -. Servono risposte concrete e anche il sistema bancario, con l’accesso al credito, deve cambiare i suoi metodi: non dico che le banche devono fare beneficenza, devono però saper leggere le singole situazioni”.

La presidente nazionale di Cna Fita, Franchini (vittima di minacce nei mesi scorsi) ha successivamente spostato l’accento sugli interessi della criminalità organizzata nel settore trasporti (“il 7-8% delle imprese ha problemi di infiltrazione e secondo dati ufficiosi la portata del problema sarebbe ancora più grave”).

Tra gli interventi che hanno chiuso il seminario c’è quello dell’assessore comunale alle Politiche sociali, Luigi Amore, presente tra il pubblico: “Bisogna intervenire, ma per poterlo fare servono normative adeguate e bisogna potenziare le competenze di chi combatte questi fenomeni”. Accenni pure alle ricadute negative per il mondo del lavoro. Amore ha poi ricordato il caso di Italia 90, società che in passato ha gestito i rifiuti in molti Comuni cremonesi e riconducibile, secondo un’inchiesta, a Cosa nostra: “Questa società era riuscita a vincere appalti”, ha detto con preoccupazione. Menzionato genericamente poco dopo, in modo critico, il caso “di un subappalto ottenuto da un’azienda commissariata”. Dall’assessore alle Politiche sociali, che ha spaziato tra vari argomenti, una domanda provocatoria: “E’ giusto aiutare chi ha vissuto sempre nell’illegalità?”; e non è mancata una riflessione finale connessa al lavoro sommerso: “Nel 2009 multe per 720mila euro circa, nel 2010 per 900mila euro, nel 2011 per 1 milione e 200mila euro. Se questi soldi rimanessero qui, sul territorio, anziché finire lontano, in un calderone più grande, saremmo in grado di fornire importanti incentivi alle imprese e di realizzare numerosi progetti di educazione alla legalità”.

Michele Ferro

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