Studio epidemiologico su lavoratori Tamoil non dice tutto
Dopo anni e anni di attesa, come una tela di Penelope, più volte iniziato e mai completato, l’Asl di Cremona ha presentato nel corso del convegno “Respirando Cremona” il tanto agognato studio epidemiologico. Come si temeva, la montagna ha partorito il classico topolino. Non un vero e serio studio sulla popolazione di Cremona, a partire dai frequentatori delle società rivierasche e dai residenti nei quartieri limitrofi all’impianto, bensì uno studio epidemiologico sui soli lavoratori della raffineria.
Da tempo – e le indagini condotte in altre città italiane sedi di grandi impianti di raffinazione lo dimostrano – sono conosciuti i limiti oggettivi degli studi effettuati sulla base dei soli certificati di morte, spesso di difficile reperimento e di difficile interpretazione, soprattutto dopo decenni dall’evento mortale. Infatti lo studio epidemiologico, condotto lodevolmente dalla Clinica del Lavoro-Università di Milano, evidenzia una serie di problematiche che cerco di riassumere brevemente:
– dei 173 lavoratori deceduti dal 1961 al 2010 non sono stati reperiti (o la causa di morte è ignota) circa 50 certificati di morte;
– i certificati di morte sono scarsamente affidabili in quanto spesso la diagnosi di morte è indicata frettolosamente e genericamente come “arresto cardiaco”;
– non sono stati compresi nel campione i lavoratori “esterni” alla raffineria, che sono stati molti e ai quali spesso venivano affidate operazioni rischiose e nocive senza che gli stessi fossero dotati di attrezzature di protezione e di sicurezza adeguate;
– il parametro di riferimento (l’intera popolazione di Cremona) non è omogeneo, in quanto i lavoratori sono, in genere, soggetti giovani e sani, mentre l’intera popolazione è composta in larga parte da soggetti anziani e spesso malati;
– le indagini epidemiologiche condotte a largo spettro, su lavoratori e residenti, in altre città italiane (vedasi ad esempio lo studio di Falconara Marittima) hanno evidenziato una recrudescenza dei tumori non tanto fra i lavoratori, quanto fra la popolazione residente nei quartieri limitrofi alla raffineria, soprattutto fra i soggetti “stanziali” (casalinghe). La spiegazione è da ricercarsi, da una parte, dalle misure di protezione e di sicurezza adottate dai lavoratori e, dall’altra, dalla ricaduta dei fumi della raffineria che, in base alla direzione dei venti, avviene lontano dall’impianto.
Per tutti questi motivi lo studio epidemiologico commissionato dall’Asl di Cremona non poteva che evidenziare che “la coorte dei lavoratori Tamoil non è stata interessata da una mortalità complessiva più elevata rispetto all’atteso”.
A tutto ciò va ovviamente aggiunto che, oltre alle emissioni nell’aria, la raffineria di Cremona si è resa responsabile di una quantità enorme di sversamenti di inquinanti nei terreni e in falda. Ma di questo se ne sta occupando, lodevolmente, il tribunale di Cremona. Ricordo infatti che lunedi 19 novembre avrà inizio davanti al giudice Salvini il processo con rito abbreviato a carico di cinque responsabili Tamoil per gravi reati ambientali ma non solo.
Sergio Ravelli
Segretario dell’associazione radicale Piero Welby
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