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TaShawn Thomas, dal Texas a Cremona con il basket nel cuore

Nel giardino di casa a Killeen, Texas, cittadina di 130 mila abitanti (per lo più soldati di stanza nella vicina Fort Hood) a metà strada tra le tre città NBA, Dallas, Houston e San Antonio, Ken Thomas era chiamato “Baby Shaq” dal figlioletto TaShawn e i suoi amici. La mole, ovviamente, gli permetteva di dominare facilmente le partitelle di basket dietro casa. Crescendo, però, arrivò il giorno in cui i ruoli si invertirono. “Arrivò il punto in cui iniziò a prendersi gioco di me. Ogni volta che tiravo, TaShawn mi stoppava e spediva la palla in strada”. Papà Ken è anche colui che gli regalò il primo pallone da basket, all’età di 10 anni. Il motivo? L’adorata e inseparabile Playstation venne “sabotata” da Yasmine, una delle quattro sorelline (Zakoya, Shawnta e Zoe le altre) di TaShawn, che la scambiò per un salvadanaio infilandoci dentro delle monetine. “Così andai fuori e iniziai a palleggiare su e giù per la nostra strada. Tutti i giorni. La gente mi guardava come se fossi un pazzo”. TaShawn ora passava più tempo fuori che in casa. “Quando io e mia moglie guardavamo la TV, in sottofondo sentivamo sempre il rumore della palla da basket che rimbalzava. E’ così che ha sviluppato il suo ball-handling non comune per un lungo” ricorda Ken. Oltre a K-Town, l’altro nickname con cui è conosciuta Killeen è “The City Without Limits”. La città senza limiti. Perché lo sguardo è sempre stato rivolto al futuro, e l’obiettivo quello di inseguire il massimo del proprio potenziale. Proprio come papà Ken ha insegnato a TaShawn. “E’ merito suo se sono sempre rimasto umile. All’inizio non lo capivo, ma lo faceva per tenermi sempre affamato” spiega TaShawn, ricordando come dopo una partita da 40 punti contro Stephenville, al liceo, mentre compagni, tifosi e media locali lo idolatravano, Ken rimase imperturbabile, ricordandogli come segnare così tanto al prossimo step sarebbe stato difficile, se non impossibile. Il mantra “stay hungry” per TaShawn valeva sul campo da basket così come sui banchi di scuola. “E’ intelligente, e sa che il basket non durerà per sempre” ricordò Ken il giorno della sua laurea a Oklahoma University. Così bravo che, quando decise di lasciare Houston a causa dell’addio di coach Mickey, la NCAA non potè rifiutarsi di concedergli subito l’eleggibilità per giocare, anziché dover osservare il classico anno sabbatico. “Lui è in pari con gli studi e non ha mai avuto il minimo problema fuori dal campo, talvolta viene concessa a ragazzi problematici…” disse Lon Kruger, coach di OU, che gli telefonò per dargli la notizia a meno di 24 ore dalla prima partita dei Sooners. “E’ una grande persona e un gran compagno di squadra. Il giocatore che vorresti sempre nella tua squadra” disse di lui Buddy Hield, vincitore del John R. Wooden Award assegnato al miglior giocatore NCAA dell’ultima stagione e prima scelta NBA dei Pelicans. Insieme hanno portato i Sooners alle Sweet Sixteen, il loro punto più alto dal 2009 e prima della Final Four di quest’anno. Ma non c’è vittoria, traguardo o grande prestazione personale che lo accontenti. TaShawn sa che potrà sempre fare di meglio. Senza limiti, proprio come la sua città.

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