Lettere

Articolo Uno: dalle dimissioni
di Zingaretti nasca
un nuovo centrosinistra

da Francesco Ghelfi - Paolo Bodini, Articolo Uno

Egregio direttore,

Articolo Uno, con molto rispetto e con una certa preoccupazione, guarda a quello che sta succedendo dentro al Partito Democratico, la maggiore forza del campo del centrosinistra.
Zingaretti aveva ottenuto un risultato chiaro e netto alle primarie del 2019, con una affluenza molto superiore alle attese e certamente significativa. Aveva detto di voler cambiare tutto nel PD e di portare avanti una proposta politica e organizzativa di radicale innovazione e apertura, con uno sguardo più a sinistra, dopo gli anni del renzismo caratterizzati da un liberismo fuori tempo massimo.

Ieri il Segretario nazionale si è dimesso, utilizzando parole pesanti che produrranno sicuramente delle conseguenze politiche importanti. Le diverse e continue accuse sulla linea seguita durante il governo Conte 2, sulla gestione della sua crisi, sulla mancata nascita del Conte 3 e sulla formazione del governo Draghi, secondo noi di Articolo Uno sono ingiuste e certamente eccessive.

Anche parlare di schiacciamento del PD nel rapporto con il M5S è sbagliato per due motivi: primo, ci si dimentica la forza dei numeri dei parlamentari eletti nel 2018; secondo, si ignora tutto il processo di cambiamento positivo che i 5 Stelle hanno affrontato proprio in quanto legati al PD e a LeU.

Se Zingaretti avesse spinto per le elezioni nel 2019 avrebbe sbagliato, perché avrebbe condannato il centrosinistra a lunghi anni di opposizione. E’ stato quindi giusto far nascere il Conte 2. L’errore semmai è stato di non aver voluto trasformare la collaborazione nata, in modo non scontato, tra PD, 5 Stelle e LeU in una vera e propria alleanza strategica, cosa che avrebbe rafforzato anche il governo.

Quel governo aveva un asse politico certamente più spostato a sinistra e, pur avendo sicuramente lavorato in un contesto di difficoltà assolutamente straordinarie e senza precedenti, ha preso decisioni importanti e in generale stava facendo discretamente bene pur con alcuni limiti ed errori.

Aveva fatto tutto il possibile davanti alla crisi pandemica, aveva ricucito il filo con il sindacato e i corpi intermedi, aveva affrontato l’emergenza sociale introducendo il blocco dei licenziamenti, la cassa integrazione in deroga per tutti, il reddito di emergenza per sostenere le diverse categorie di lavoratori. Un governo insomma che aveva cercato di non lasciare indietro nessuno, di aiutare tutti, compresi quelli, almeno in una prima fase, che dalla pandemia non avevano avuto danni, anzi.

Aveva adottato quattro decreti ristori cercando di velocizzare i rimborsi. Sui ristori ci sono state lamentele e polemiche infinite, ma la scelta di rimborsare in base al fatturato dichiarato è stata giusta ed equa: chi aveva dichiarato di più, riceva di più!

L’establishment italiano (e lo si è viso chiaramente nella stampa nazionale in mano ai grandi capitali) non vedeva l’ora di sbarazzarsi di Conte e di quel governo fin dalla sua nascita, ma soprattutto durante gli ultimi mesi, quando era diventato chiaro che, per poter gestire le risorse del Recovery Fund, ce ne voleva uno più compiacente. Renzi aveva già da tempo due obiettivi: appoggiare l’establishment e stroncare sul nascere la possibilità che l’alleanza di governo M5s, Pd e LeU, divenisse progetto politico. Doveva quindi far saltare questo quadro politico (che surrettiziamente aveva contribuito a creare) per aprire uno scenario nuovo, impedendo così la rinascita di un possibile bipolarismo.

La decisione di tenere compatto l’asse M5S, Pd e LeU in quella importante fase del Paese è stata la scelta giusta. Entrare uniti nel nuovo governo per avere un ruolo decisivo nell’orientarne le scelte e nell’approvarne i provvedimenti era ed è la strategia corretta.

La ricostruzione del campo del centrosinistra dovrà partire da qui, pur con le mille difficoltà che ci possono essere sia dentro al Partito Democratico sia dentro al M5Stelle.

Il Partito Democratico non avrà alternative, a meno che non pensi di ricostruire un grande centro che comprenda anche Forza Italia di Berlusconi per poi allearsi con la Lega di Salvini invece che con il Movimento 5Stelle e la sinistra. Ma sarebbe un tradimento dei suoi valori fondativi.

Il congresso che si dovrà tenere sarà l’occasione giusta per affrontare finalmente in modo chiaro cosa vuole essere il Partito Democratico, dove vuole andare, a chi vuole rivolgersi e con quali punti programmatici. Sarà un dibattito che sicuramente interesserà anche a chi non milita in quel partito.
Il tempo rimasto per decidere è poco. La destra è già organizzata e questo governo non durerà a lungo.

La proposta che noi di Articolo Uno, con la nostra piccola forza – ma significativa e coerente – da tempo avanziamo, è quella di andare oltre quello che c’è oggi e ricostruire il campo progressista e democratico. Ci vuole una novità, un nuovo soggetto della sinistra che voglia assumersi responsabilità di governo, moderato nei modi, ma radicale nei principi che metta al centro il lavoro, nei suoi diritti e tutele, legge sulla rappresentanza che metta fine alla giungla contrattuale, riforma degli ammortizzatori sociali, lotta decisa alle disuguaglianze, riconversione ecologica ed energetica seria a 360 gradi, rafforzamento del Servizio Sanitario Nazionale e della Scuola Pubblica, università e ricerca, la progressività e generalità del fisco su tutte le fonti di reddito, giustizia efficiente senza giustizialismo, welfare inclusivo, promozione del ruolo delle donne, politiche migratorie che guardino alle persone e ai loro diritti inviolabili, jus soli, giusto per citare i grandi capitoli.
Una forza nuova ampia e plurale, oppure una coalizione di forze come fu l’Ulivo negli anni ’90, con una forte idea di futuro, ma ben consapevole di cosa bisogna fare nell’oggi.

Ci sono “là fuori”, tra gli indecisi e coloro che si sono disamorati della politica, tantissimi cittadini arrabbiati, sfiduciati e disorientati: nel mondo dell’associazionismo, dell’ambientalismo, del volontariato, del cattolicesimo democratico. Tutti questi aspettano un segnale chiaro per rendersi disponibili a partecipare ad una vera novità politica. Agli amici del Partito Democratico, in primis, diciamo: cosa stiamo aspettando per metterci tutti insieme a realizzare un nuovo centro sinistra?

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