Economia

Guerra, clima, indicazioni Pac:
sul mais la tempesta perfetta

La situazione della maiscoltura in Italia quest’anno si presenta quanto mai problematica in seguito ad una serie di concause del tutto particolari e per certi versi inaspettate

La situazione della maiscoltura in Italia quest’anno si presenta quanto mai problematica in seguito ad una serie di concause del tutto particolari e per certi versi inaspettate. Ad esempio, la guerra in Europa che corre il rischio di condizionare, se non compromettere, la produzione di cereali in alcune delle aree più produttive del continente, ma anche le conseguenze di un meteo che sta lasciando all’asciutto le nostre campagne da diversi mesi.

Il fabbisogno annuo del nostro paese in mais è di circa dodici milioni di tonnellate, di cui negli ultimi anni ne stiamo producendo circa la metà. In questa campagna, in particolare, se ne prevede un’importazione di oltre sei milioni di tonnellate, per un corrispettivo in valore superiore al miliardo e mezzo di euro: un importo stratosferico che grava pesantemente sulla bilancia dei pagamenti del nostro paese. E questo anche causa delle elevate quotazioni fatte registrare dalla granella di mais sulle principali piazze internazionali.

Quotazioni come da tempo non se ne vedevano e che hanno dato una boccata di ossigeno al comparto maidicolo, ma anche della cerealicoltura più in generale. Per il futuro occorrerà valutare se tali quotazioni terranno, come si tende a pensare oggi, pur in presenza di una forte volatilità.

Tuttavia, ad aumentare non sono stati solo i prezzi ma anche quelli dei principali fattori di produzione, primi tra tutti quelli energetici e quelli legati ai fertilizzanti inorganici. Fattori entrambi condizionati, sia direttamente che indirettamente dal conflitto russo – ucraino.

Pertanto, se da un lato sono state raggiunte facilmente quotazioni superiori ai 30 euro/quintale con punte anche a 35 e 37, dall’altro si è dovuto considerare un aumento dei costi di produzione che dai 17-18 euro/quintale si sono innalzati a circa 23-24 euro/quintale. Insomma, si tratta di un delicato equilibrio tra prezzi e costi che tiene in bilico la redditività aziendale e che, di conseguenza, incide pesantemente sulle scelte di semina, che ad oggi non sembrano avere avuto dei significativi incrementi.

Per la quadratura dei conti aziendali e delle superficie investite vi è un altro aspetto da considerare e per nulla secondario: le indicazioni che derivano dalla Pac e che assumono un ruolo determinante. Così come lo sono state in passato quando le superficie coltivate a mais avevano raggiunto e superato il milione di ettari rendendo il nostro paese di fatto quasi autosufficiente.

E da questo punto di vista, al netto della situazione contingente che ha consentito di mettere a coltura le superfici destinate ad investimenti ecologici (efa), le prospettive non si presentano particolarmente rosee. Dal primo gennaio 2023 i pagamenti della Pac subiranno una profonda trasformazione. Per il mais si passerà dagli attuali 360 euro/ha ai 180 euro/ha per arrivare ai 170 euro/ha a fine periodo, cioè nel 2026.

Per cercare di contrastare questa prospettiva piuttosto negativa, le organizzazioni di rappresentanza dei maiscoltori stanno lavorando formulando delle proposte alternative che vanno nella direzione di richiedere la reintroduzione di un aiuto accoppiato, possibilità piuttosto remota, ma anche nella mitigazione di alcune misure di carattere ecologico previste dal Piano strategico nazionale (Psn). In particolare, l’eco-schema 4 che è rivolto ai seminativi produttivi e che prevede la coltivazione di colture leguminose e foraggere in avvicendamento alle colture da rinnovo tra cui potrebbe rientrare il mais.

Non solo. Questo eco-schema prevede su tali superficie il divieto assoluto dell’uso di diserbi chimici e altri prodotti fitosanitari che lo rende di fatto impraticabile alla maiscoltura. Per questo una delle richieste fatta dai maiscoltori è invece quella di una mitigazione di tali divieti affinché anche il mais ne possa beneficiare garantendo comunque una corretta gestione agronomica, con la rotazione, di tali superficie.

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