Cronaca

Sgozzò la madre: assolto per vizio
totale. Pericoloso, va in comunità

Non c'è posto per ospitarlo in una residenza
per l'esecuzione delle misure di sicurezza
Lunghe le liste di attesa per malati psichiatrici

E’ affetto da deliri persecutori, ed è totalmente incapace di intendere e di volere. Così ha deciso la Corte d’Assise di Cremona che in una sola udienza ha celebrato il processo per il delitto commesso al quartiere Cambonino il 23 settembre del 2021, assolvendo dall’accusa di omicidio volontario aggravato il marocchino Younes El Yassire, 36 anni, perchè non imputabile, essendo affetto da un vizio totale di mente. Gli psichiatri incaricati di stilare la perizia lo hanno valutato ancora pericoloso socialmente, ma visto che non c’è posto nelle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (in Lombardia c’è solo Castiglione delle Stiviere), l’imputato sarà collocato in una comunità psichiatrica protetta in Valchiusa, che non è una struttura detentiva, con una serie di prescrizioni.

La vittima

La Corte era composta dal presidente del tribunale Anna di Martino, dal giudice togato Chiara Tagliaferri e da sei giudici popolari, tre donne e tre uomini. L’accusa era rappresentata dal pm Francesco Messina, mentre la difesa dall’avvocato Mario Lovero di Torino. Ad assistere all’udienza c’era anche M’hammed El Yassire, il padre di Younes e marito della vittima. Oggi l’uomo ha visto il figlio per la prima volta dal giorno dell’omicidio. Il loro incontro è finito in un pianto a dirotto.

Il pm Francesco Messina

L’imputato, ex muratore, aveva picchiato al volto, accoltellato e tagliato la gola alla madre Fatna Moukhrif nella loro abitazione di via Panfilo Nuvolone. “Un delitto di una gravità inaudita”, l’ha definito il pm. “La donna è stata selvaggiamente picchiata e poi scannata”. Quella mattina i due erano soli in casa. Probabilmente dopo una lite, Younes si era accanito contro la madre, che era stata trovata  senza vita, stesa a letto con il volto tumefatto dal marito, ambulante al mercato di San Daniele Po, appena rientrato dal lavoro. Due i coltelli sporchi di sangue trovati nell’abitazione. Tanto era stata la violenza che i due coltelli si erano rotti dalla parte della lama.

Dal giugno del 2021, tre mesi prima di commettere il delitto, Younes, già in cura psichiatrica, non aveva più preso i farmaci che gli erano stati prescritti per la depressione che lo aveva colpito nel 2018, quando sua moglie lo aveva lasciato tornando in Marocco con il loro figlioletto, all’epoca di quattro anni. Rimasto solo, il 36enne era tornato a vivere con i genitori. La famiglia aveva anche dovuto convivere con un grave lutto, per la morte, nel 2016, di Amine, fratello di Younes, deceduto dopo essere precipitato da una finestra dello stesso appartamento del quartiere Cambonino. Nell’ultimo periodo tra Younes e la madre Fatna ci sarebbero state diverse liti e da parte del 36enne atteggiamenti aggressivi, tanto che in famiglia erano raro che li lasciassero soli. La donna, infatti, aiutava sempre il marito al banco del mercato, ma non quella mattina, perchè si sentiva stanca.

L’avvocato Lovero

Di “deliri persecutori” hanno parlato questa mattina in aula Giacomo Filippini, di Brescia, e Mario Massimo Mantero, di Milano, i due psichiatri incaricati di stilare una perizia su Younes. Secondo gli esperti, l’imputato è affetto da “disturbo psicotico a decorso cronico” e in una fase di scompenso acuto ha commesso il delitto. “E’ stato curato in carcere, ed ha avuto una lenta e parziale riduzione della sintomatologia. Anche il grado di pericolosità sociale, grazie alle terapie, si è attenuato”.

Dopo aver ucciso la madre, il 36enne era fuggito. Si era cambiato i vestiti, aveva spento il telefono e aveva prelevato del denaro. Segno di un’organizzazione comportamentale, per il pm. Vero, per gli psichiatri, che però hanno spiegato che una volta cessato il momento di delirio, il soggetto può essere lucido.

Per Younes, come misura di sicurezza, il pm Messina aveva chiesto 10 anni in una Rems, l’ex ospedale psichiatrico giudiziario. Ma non c’è posto, nè a Castiglione delle Stiviere, nè in tutte le Rems italiane. Le liste di attesa sono lunghissime. “Ma questo”, ha detto il pm, “non giustifica il collocamento dell’imputato in una struttura aperta come il residence della Valchiusa, in regime di libertà vigilata. C’è il rischio che interrompa le cure e si allontani e non ci sono garanzie di sicurezza: niente sbarre alle finestre o alle porte e gli ospiti possono uscire per curare l’orto”. La Corte, però, ha deciso diversamente.

“Non ho da fare dichiarazioni, perché non mi ricordo nulla”, si è limitato a dire El Yassire, che quindi lascerà il carcere di Pavia per entrare in comunità.

Oggi, ad assistere all’udienza, c’era anche una scolaresca del liceo di Scienze applicate dell’istituto Torriani di Cremona con il professor Paolo Villa.

Sara Pizzorni

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