Alberico Sala protagonista
nei Mercoledì Provinciali
Si è tenuto nella sala consiliare il quarto incontro del ciclo di conferenze, ‘I mercoledì provinciali’ organizzato dall’amministrazione provinciale e dall’Adafa, un incontro dedicato alla figura e all’opera poetica di Alberico Sala (1923-1991), poeta lombardo di Vailate, quindi, un rappresentante del territorio cremasco, la cui opera si coniuga con il genius loci di quel territorio. Ha tratteggiato la figura, l’opera e il pensiero del poeta, Vincenzo Montuori, già docente e poeta lui stesso.
Dopo il saluto del presidente della Provincia, Mirko Signoroni, che si è detto molto soddisfatto delle iniziative, ha presentato il pomeriggio Francoise Fiquet, vicepresidente dell’Adafa. Poi è toccato a Montuori: “Sala è legato sicuramente al suo luogo di nascita ma la sua attività di giornalista per grandi testate come Corriere della Sera, Corriere d’informazione e Il giorno, quella di critico cinematografico e di critico d’arte lo mise in contatto con la realtà delle grandi città, come Roma e Milano”, ha detto Montuori. Oltre che autore di diversi romanzi, da La prigione verde (1958) a La piena dell’Adda (1981), Sala ha pubblicato diversi volumi di poesie a partire da Epigrafi e canti nel 1957 fino a Tredici poesie nel 1978 e a quello che può essere considerato il suo libro più significativo, Il pantano di Waterloo, del 1982.
“Nella sua poesia, la memoria delle radici, dei personaggi (a cominciare dalla madre) e dei costumi delle campagne lombarde dell’infanzia si accompagna alla consapevolezza del declinare di quel mondo delle tradizioni e alla denuncia, netta ma composta, delle storture della società contemporanea lontana dai cicli eterni della natura e dell’agricoltura – ha continuato Montuori – l’interesse di Sala si appunta, con il trittico dei poemetti contenuti ne Il Pantano di Waterloo e cioè Solamente l’uomo e i due Le alluvioni, sui temi della pianura e delle acque, ed è capace di realizzare una sorta di breve canto epico-tragico sulla devastazioni causate dalla piena del Po del 1951, di cui il poeta fu testimone come giovane corrispondente”.
“Quindi, egli è il rappresentante di una linea poetica che potremmo definire “lombarda rustica”, che si affianca a quella “lombarda cittadina” di tanti poeti di quegli anni, da Sereni a Erba, da Giudici a Tiziano Rossi, da Raboni a Majorino. Ciò permette di ascrivere la sua opera ad un orizzonte tipico della poesia mediopadana, che ha dato notevoli frutti nella lirica del secondo Novecento. La lingua poetica di Sala è una lingua abbastanza comprensibile, lontana da certi versi ardui dei grandi campioni dell’ermetismo (iMontale, i Luzi), una lingua che si iscrive nel solco della lezione del realismo lombardo, che parte da Parini e da Manzoni e arriva a un Franco Loi, sempre attenta al confronto comunicativo con il lettore. Un poeta, Sala, dimenticato, da riscoprire e rivalorizzare”, ha concluso il relatore.