Cronaca

Insulti e calci alla madre dopo
liti per il cibo. 23enne a processo

Non vedeva il figlio da quasi un anno. L’ha rivisto oggi in tribunale nel processo dove lui è accusato di averla maltrattata. Il 28 settembre del 2022, dopo l’ennesima lite, era stata lei, la mamma, una cremonese di 55 anni, a denunciare Simone, 23 anni, suo unico figlio.

“Se il cibo non era di suo gradimento, prima mi insultava e poi mi picchiava”, ha raccontato in aula la donna, che viveva con i soldi della pensione del marito, scomparso nel 2018. “Mi dava pugni sulla testa, mi prendeva a calci e mi prendeva per il collo. E questo avveniva anche alla presenza della sua fidanzata”. La donna non ha mai voluto sporgere denuncia contro il figlio, ma poi, dopo l’ennesimo scontro, aveva cambiato idea.

L’avvocato Giarrusso

Secondo quanto raccontato dalla vittima, il figlio le aveva chiesto di fermarsi a comprargli delle crocchette mentre andava al mercato a fare la spesa. In mano le aveva dato 50 euro, soldi che lui aveva guadagnato facendo lavoretti saltuari di giardinaggio. Ma la donna era tornata a casa senza le crocchette. “Me n’ero dimenticata”, ha detto lei in aula. Violenta la reazione del figlio, che in un eccesso d’ira l’aveva colpita con schiaffi e calci, sbattendola contro un vetro.

“L’ho denunciato”, ha riferito la donna, che ha parlato di liti quasi quotidiane. “Io di carattere sono una debole. Avevo paura. Non ho mai reagito, gli chiedevo solo di smettere e urlavo. I vicini mi sentivano, una volta mi sono rifugiata da loro”. Dopo la denuncia, la donna era andata a convivere con il nuovo compagno. “Adesso faccio una vita serena e tranquilla”, ha detto. “Mio figlio non l’ho più visto”.

Anche Simone, che nei confronti della mamma ha la misura del divieto di avvicinamento dal primo ottobre 2022, ora è più sereno. Ha un lavoro stabile come operaio e convive con la fidanzata. Ma la sua vita non è stata facile. Nel 2009 la scuola che frequentava aveva segnalato ai servizi sociali gravi problematiche. “Il padre”, ha spiegato l’avvocato difensore Guido Giarrusso, “era dipendente dall’alcol, e la moglie, succube del marito, non era in grado di prendersi cura del figlio”. Nel menage familiare erano entrati i servizi sociali che avevano avviato con genitori e figlio un percorso, non andato a buon fine per la poca collaborazione del nucleo familiare. Così Simone, nel 2014, era finito in comunità, uscendone nel 2020, una volta diventato maggiorenne. Ed era tornato a vivere con la madre. I due sono stati sempre seguiti dai servizi sociali, ma la donna si sarebbe dimostrata ancora una volta non in grado di prendersi cura del figlio.

“Simone”, ha spiegato oggi in aula l’assistente sociale, “faceva fatica ad accettare i limiti della madre. Non sopportava la sua ansia, non si sentiva capito”.

“Non c’era la volontà, da parte del figlio, di vessare la madre”, sostiene l’avvocato della difesa, che ritiene che probabilmente Simone possa aver emulato i comportamenti del padre.

Si torna in aula il prossimo primo dicembre con altri testimoni dell’accusa.

Sara Pizzorni

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