La reazione di Israele:
parla l'esperto dell'Ispi Colombo
Matteo Colombo, analista dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) è intervenuto questa mattina nella trasmissione “Di primo mattino” di Cremona1 a proposito dell’escalation della situazione in Medio Oriente, con la guerra totale dichiarata da Israele ad Hamas. Incalzato dalle domande dei giornalisti Michela Cotelli e Simone Bacchetta ha fatto il punto della situazione. “Il punto è capire se il conflitto si possa allargare al sud del Libano – ha spiegato Colombo -, quindi nella zona confinante con Israele, dove c’è una forte presenza di Hezbollah e dove, tra l’altro, ci sono anche delle truppe dell’Onu, con una forte presenza di italiani. Altri allargamenti sono meno probabili, in quanto gran parte dei Paesi arabi non hanno interesse che ci sia un’escalation del conflitto. Però già avere due fronti aperti è un problema. E un terzo fronte è quello della Cisgiordania, dove sono presenti molte truppe italiane e che potrebbero essere coinvolte in questi scontri”.
Che cosa ne pensa della linea dei Paesi europei e del presidente Biden? “Non ci sono stati distinguo né dall’Europa né da parte americana, ovviamente l’attacco ha scioccato tutti ed è difficile immaginare che ci possano essere delle divergenze, ovviamente rimane un problema politico che anche dopo l’operazione israeliana sarà presente e su questo le opinioni divergono, anche in sede europea, su come procedere”.
La guerra tra Israele e Palestina ha moltissimi precedenti, ma c’è stata un’escalation improvvisa. Quali sono le prospettive ora? La situazione della Striscia di Gaza è davvero preoccupante, soprattutto per i civili. “La prospettiva è davvero tragica – risponde Colombo -, perché stiamo parlando di un territorio dove ci sono più di un milione di persone, tra l’altro in pochissimi metri quadri. E’ una zona densamente abitata in cui operazioni di terra che Israele condurrà sono davvero difficili proprio per il contesto urbano: strade strette, territorio molto compatto. A questo si aggiunge la difficoltà che ci sono gli ostaggi e c’è la necessità di evitare danni collaterali rispetto all’operazione proprio per la presenza di cittadini italiani. La prospettiva sarà inevitabilmente tragica perché Israele cercherà questa volta non soltanto di condurre un’operazione, ma anche di mantenere una presenza militare a Gaza per eliminare Hamas il più a lungo possibile. Questo è un problema perché a risentirne saranno anche i civili palestinesi che magari non hanno nessun tipo di legame con questo gruppo”.