Cultura

1908, il cuore grande dei cremonesi
per i terremotati dello Stretto

Seconda ed ultima parte della ricerca storica di Fabrizio Superti. Dal vescovo Bonomelli alla nobiltà cremonese, la gara di solidarietà per soccorrere le disastrate popolazioni calabresi

Lo sgomento per le notizie sempre più funeste che la stampa e gli organi istituzionali iniziavano a comunicare con maggiori dettagli spingeva le autorità locali ad attivarsi per promuovere iniziative a favore dei terremotati. Il sindaco Dario Ferrari convocava nel pomeriggio del 30 una riunione del Comitato Pro-Calabria, organismo in essere dal terremoto del 1905, onde programmare una prima risposta rispetto al tragico evento; per coordinare al meglio le iniziative si costituiva un comitato direttivo, guidato dall’avvocato Luigi Ratti, cui spettava il compito di facilitare la raccolta di fondi su tutto il territorio provinciale. L’obiettivo mirava alla costituzione in ogni comune di un comitato che si facesse carico di promuovere iniziative utili a sensibilizzare la cittadinanza verso le popolazioni terremotate.

Nei primi giorni la risposta risultava un poco debole anche perché alcuni privati si erano mossi in maniera autonoma disperdendo in tanti rivoli le elargizioni effettuate. In seguito invece la solidarietà si faceva sempre più massiccia e la stampa riportava i lunghi elenchi di cittadini residenti nei vari paesi che conferivano con slancio i loro contributi; in quell’afflato di partecipazione collettiva si annotavano i piccoli e i cospicui importi che accomunavano tanto i poveri contadini quanto i facoltosi esponenti della borghesia e dell’aristocrazia.

Una comunanza di intenti che, forse ancor più che decenni di retorica unitaria, aveva prodotto una reale conoscenza e condivisione di territori e genti fisicamente assai lontani nell’immaginario collettivo locale.

 

LA POLEMICA SULL’OPERATO DELLA CROCE ROSSA – All’indomani del terremoto si sviluppava una polemica sul ruolo della Croce Rossa rispetto ai soccorsi mobilitati verso le popolazioni colpite; una missiva inviata da un abbonato al giornale “Interessi Cremonesi” rimarcava la limitata operosità messa in campo dalla istituzione di soccorso.

Una istituzione nata e sviluppatasi in funzione di assistenza negli scenari di guerra ma non ben strutturata o disposta ad intervenire in occasione di eventi di altra natura. La Croce Rossa, già all’epoca, disponeva di una organizzazione tanto a livello centrale che periferico capace di movimentare nell’arco di una giornata 15 treni ospedali, 60 ospedali da campo in grado di ospitare 3.000 letti nonché un centinaio di ambulanze per recuperare o trasferire i feriti. Di tale rilevante forza organizzativa pare che solo una modesta componente fosse stata attivata; di fatto la richiesta di mobilitazione era stata inoltrata solo alle sezioni prossime ai luoghi del disastro.

La perplessità verteva pertanto circa il mancato dispiegarsi di tutte le forze a disposizioni per fronteggiare un evento di proporzioni eccezionali; sicuramente il tragico sisma del 1908 poneva in risalto l’inadeguatezza di una macchina dei soccorsi che stentava tanto nella tempestività che nella capacità di coordinare le eventuali forze a disposizione.

La provocazione espressa da un cittadino cremonese trovava pronta risposta ad opera del dottor Cesare Bonacorsi, segretario del Comitato locale della Croce Rossa; a suo dire risultava difficile stimare l’impegno profuso dalle varie sezioni in quanto la distanza e la confusione che regnavano rendevano impossibile una valutazione oggettiva. In riferimento all’operato della sezione cittadina il medico cremonese sottolineava come già a partire dal 31 dicembre l’ex colonnello Torracchi, presidente del sodalizio, avesse garantito la disponibilità immediata di una squadra in grado di impiantare un ospedale da campo con 50 posti letto ma dal Comitato centrale, presieduto dal senatore Taverna, fosse giunto l’ordine di non partire ma di rimanere mobilitati in caso di necessità.

La missiva di Bonacorsi conteneva anche una amara riflessione che chiamava in causa l’intera società cittadina magari avvezza alla critica ma poi latitante in termine di impegno diretto: “Se si vuole che la Croce Rossa – chiosava- risponda non solo al suo umanitario compito di soccorrere i feriti di guerra ma sia anche pronta ad accorrere nelle calamità pubbliche, perché non la si aiuta materialmente e moralmente in tempo di pace? A comporre la Sezione di Cremona siamo 14 soci e 14 socie: ed i vuoti che continuamente si formano non si riempiono mai. Perché non vi accorrono i giovani (e specialmente i miei colleghi) a infondervi quel fervore di vita, che nei giorni del pericolo si esige da noi….non più giovani?

 

 L’IMPEGNO DEL VESCOVO BONOMELLI – La notizia del terremoto suscitava anche nel clero cremonese un sentimento di commozione e di vicinanza verso quelle popolazioni così afflitte dalla sventura; il vescovo Bonomelli emanava una circolare indirizzata a tutti i prelati della diocesi affinché si facessero celeri promotori di raccolte di denaro quanto di indumenti e materiale da inviare poi in Curia dove si sarebbe stoccato in attesa di esser destinato, in modo sicuro, sui luoghi così crudelmente colpiti.

L’alto prelato era ben conscio di quanto potesse risultare prezioso un suo pronunciamento per sollecitare le coscienze a mostrare concreta solidarietà verso migliaia di disperati privati di ogni sostanza. La spedizione del materiale raccolto e di quello in divenire veniva affidata a mons. Emilio Lombardi, uno dei sacerdoti più vicini al vescovo di Cremona.

La scelta operata non risultava di certo casuale; Bonomelli notoriamente manteneva un fitto e cordiale carteggio con la Regina Margherita iniziato dopo l’incontro che i due ebbero a Stresa in anni passati.

La familiarità fra i due autorevoli personaggi consentiva di tessere una rete di contatti per facilitare l’approdo degli aiuti presso la diocesi di Mileto retta da Mons. Giuseppe Morabito, anch’esso in relazione epistolare con la Regina. Monsignor Lombardi partiva pertanto da Cremona per avviarsi verso la capitale; il consistente sostegno di aiuti era stato implementato anche da una munifica donazione di indumenti offerta dal maglificio Roglietti di Biella. Indumenti che risultavano assai preziosi per chi aveva perduto ogni avere e si trovava in difficoltà ad affrontare la stagione invernale.

Il tramite fra il presule cremonese e la sovrana si esplicava tramite l’opera della marchesa Paola Pès di Villamarina, dama d’onore per ben 46 anni della Regina, che si dichiarava disponibile a seguire la spedizione cremonese in terra calabra.

Nel territorio di competenza della diocesi di Mileto tanti villaggi e cittadine avevano subito pesanti danneggiamenti; gli stessi edifici sacri non erano scampati alla distruzione tanto che lo stesso mons. Lombardi aveva portato con sé un altare mobile per poter portare il conforto religioso laddove le strutture sacre non fossero più risultate agibili.

Il vescovo Bonomelli estendeva il supporto ai sinistrati del terremoto ponendo a disposizione l’edificio dello Zocco, abitualmente impiegato per gli esercizi spirituali, in grado di ospitare 50 sfollati per almeno quattro mesi.

LA SPEDIZIONE MEDICA  CREMONESE – Fra le iniziative più significative messe in campo a Cremona in quelle tragiche giornate va sicuramente segnalata la spedizione organizzata da una pattuglia di sanitari che si rese disponibile a recarsi nelle provincie calabresi per portare assistenza medica.

Un viaggio complesso e una prospettiva d’azione in territori segnati da una situazione estremamente difficile e non priva di rischi. La compagine si muoveva dalla stazione di Cremona il mattino del 4 gennaio (lunedì) salutata dal sindaco Ferrari e dall’avvocato Ferragni, presidente del locale ospedale; il gruppo era composto da tre medici, (Ronconi Euclide-Piva Angelo-Torracchi Carlo) un farmacista (Giuseppe Leggeri) e quattro infermieri (Almi Ernesto-Capellini Ernesto-Orsi Giuseppe-Pallavicini Umberto).

La cooperativa farmaceutica aveva loro fornito alcune casse di medicinali e di presidi sanitari utili a fronteggiare le emergenze di prima necessità; la squadra telegrafava da Napoli nel pomeriggio del 5 gennaio comunicando l’incontro con il gruppo capeggiato da mons. Lombardi e gli aiuti ricevuti dalla Regina Madre. La spedizione congiunta si sarebbe mossa pertanto verso la Calabria transitando dalla località di Gioia Tauro, l’unico percorso praticabile per pervenire alle zone previste.

Nei giorni susseguenti il loro intervento, guidato dal generale Martini, si dispiegava fra le località di Scilla, Villa S. Giovanni nonché altre piccole località poste nei dintorni. La loro azione prevedeva non solo l’intervento sanitario ma anche il conferimento di viveri a popolazioni stremate da giorni di prolungati stenti.
Il vescovo di Mileto, grato per l’ausilio fornito dalla spedizione cremonese, inviava anche una lettera di ringraziamento all’indirizzo del cremonese Francesco Guarneri che, accompagnato dal nipote Francesco Soldi, si era recato nella sua diocesi donando 100 letti a favore degli orfani di Seminara e S.Anna.

 

L’ATTIVITA’ DELLE DONNE CREMONESI – Una nota di merito va segnalata in riferimento alle iniziative poste in essere da diverse associazioni femminili sia con azioni proprie che in collaborazione con i diversi comitati sorti per l’occasione; tale fermento costituiva una conferma della crescita che il ruolo della donna stava lentamente acquisendo in una società ancora marcatamente declinata al maschile. Piccoli segnali di uno spazio che con fatica il mondo femminile tentava di ritagliarsi da una condizione che le vedeva ancora relegate ad agire all’ombra dell’uomo di famiglia.
Tra le varie voci che si levarono a favore dei terremotati si segnalava quella dell’Associazione per la donna che aveva la propria sede al numero otto di via Biblioteca; Luisa Marenghi, referente locale di questo organismo di portata nazionale, che si prefiggeva di elevare la condizione della donna, si attivava per promuovere una raccolta di fondi tra le associate e la cittadinanza cremonese.

All’inizio di gennaio, presso la sede della Società Operaia femminile si riunivano diverse realtà operanti sul territorio per coordinare gli interventi da porre in esecuzione; fra le adesioni si registravano quella di Margherita Boschi Venturini per L’unione femminile di carità, la Bovi Bardi per la Società operaia, la contessa Fanny Cavalcabò per Industrie femminili italiane, la nobile Enrichetta Grasselli Anselmi per l’Unione delle chiese povere e la nobile Enrica Groppali Grasselli a capo dell’Associazione per l’assistenza degli operai emigrati.

Le varie presidenti dei sodalizi convenute deliberavano di organizzare una conferenza presso il teatro Ponchielli, con ingresso a pagamento, nonché una grandiosa lotteria di beneficenza; le stesse affiliate intendevano predisporre un album per raccogliere le firme affinché alla Regina Elena venisse conferita la medaglia d’oro al valor civile.
Un’altra iniziativa veniva attivata presso una sala del Palazzo vescovile dove un gruppo di donne, coordinate dalla moglie del prefetto Chiericati, si attivava per confezionare abiti da consegnare ai profughi provenienti dalle zone terremotate.
In aggiunta si levava la voce della professoressa Carmela Baricelli che invitava le donne a portarsi sui luoghi del disastro per dispiegare la loro azione a fianco dei militari e a sollievo dei tanti orfani rimasti soli ed in balia degli eventi.

IL GENERALE FORTUNATO MARAZZI- Il foglio cremonese “Il Progresso” rimarcava l’opera sollecita e benemerita operata dal generale e deputato cremasco Fortunato Marazzi; l’alto ufficiale si era distinto per essersi mosso con estrema sollecitudine “…da Catanzaro a Palmi appena appresa la notizia dell’immensa sciagura; ha prestato nei primi due giorni a Palmi (una località martoriata dal sisma) l’opera sua di soldato e cittadino, destando la generale approvazione, incoraggiando i soldati, sollevando i superstiti e incitandoli all’opera di soccorso. Il generale Marazzi nel terzo giorno volò a Reggio, là dove la distruzione, il terrore ed il pianto si facevano più sentire.”

Sullo stesso giornale, stampato in Corso Campi presso Pietro Fezzi, si rimarcava con stupore quanto avvenuto presso la scuola Plasio dove i giovani studenti avevano inneggiato al terremoto dopo aver appreso della chiusura delle scuole italiane in segno di lutto per quanto accaduto nei giorni precedenti.

Anche il giornale cremasco “L’Eco del Popolo-Gazzetta di Crema” si associava al sentimento di vicinanza verso le popolazioni colpite pubblicando, tra l’altro, il manifesto predisposto dal Comitato Cremasco sorto per coordinare le varie iniziative benefiche; il sottocomitato locale della Croce Rossa, grazie al prodigarsi della sezione femminile, invitava i cittadini a devolvere indumenti e materiale da inviare poi nelle località martoriate In un servizio apparso verso la metà di gennaio si riportava circa la benefica iniziativa intrapresa nella comunità di Soncino dove il locale comitato, capeggiato dal presidente della filiale della Banca Popolare il cav. Luigi Meroni, aveva determinato di ospitare per tre mesi 24 profughi provenienti dai luoghi terremotati da ospitare in una parte del nuovo fabbricato della Casa di riposo.

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