Cronaca

Giustizia riparativa, in un anno già
45 ragazzi in "messa alla prova"

Anche a Cremona prende sempre più piede l’istituzione della giustizia riparativa, che grazie al progetto “Tra Zenit e Nadir”, promosso dalle cooperative Nazareth e Cosper, ha già visto l’avvio dei percorsi di messa alla prova per 45 ragazzi, in un solo anno.

“A Cremona c’è già un mediatore penale, figura dedicata alla mediazione tra vittima e reo, all’interno dell’equipe educativa che si occupa dei percorsi di messa alla prova di minori autori di reato” fanno sapere i promotori. Ora però c’è un passaggio in più: le cooperative si stanno attrezzando – cogliendo proprio la spinta del progetto nazionale coordinato dall’Istituto Don Calabria in partnership con Cnca (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) – per introdurre una modalità educativa diversa, più orientata ad elementi caratterizzanti la Giustizia Riparativa, nei percorsi in atto di messa alla prova.

A partire dalle azioni già in corso sul territorio che prevedono un approccio non standardizzato, ma su misura dei ragazzi coinvolti, e che – dove c’è spazio – coinvolge anche le loro famiglie”.

Anche perché il numero dei minori che viene seguito è in aumento. Non per forza sintomo della crescita dei reati giovanili, ma sicuramente esito del ricorso maggiore a questa tipologia di strumento. “I casi che arrivano – commenta Luca, educatore della Cooperativa Cosper e mediatore penale – sono sempre più complessi. Noi, sulla base delle disposizioni dei Tribunali e in raccordo con i servizi territoriali, accompagniamo i ragazzi durante il periodo di messa alla prova che può estendersi anche un anno dopo il termine della stessa. Il reato, spesso, è solo una parte, talvolta piccola, delle difficoltà di questi giovani. Per questo mettiamo in campo progettualità che vadano oltre la questione giuridica e che, dove possibile, coinvolgano anche le famiglie”.

Nella buona parte dei casi, il reato o i reati sono concentrati in un periodo circoscritto della vita dei ragazzi, espressione di un disagio molto più ampio. “Come equipe educativa – commenta Luca – ci accorgiamo della grande necessità dei ragazzi di avere qualcuno che li ascolti e che stia in relazione con loro, adulti significativi che non giudichino, ma che siano disponibili al confronto. Per questo le fasi dei colloqui individuali, l’accompagnamento presso i servizi e in tribunale, i gruppi di parola, l’aiuto scolastico e i momenti informali restano un punto fondamentale dei percorsi. Così facendo lavoriamo sul progetto di crescita, cercando di mettere dei piccoli mattoncini che possono diventare solide basi per il futuro, e creiamo spazi affinché i ragazzi possano riflettere anche sui reati commessi”.

È stato così per Dylan, 21 anni di Cremona. Bocciato più di una volta negli istituti tecnici, ha concluso il percorso professionale in Pasticceria e Panificazione. Da sempre appassionato di sport, pratica da anni Mma, sport di arti marziali miste. Ha ottenuto diversi titoli, tra cui un titolo mondiale e uno italiano, e l’abilitazione come istruttore.

“Di questo sport mi piace tutto – ci dice – Mi sento me stesso. Occhi neri e costole incrinate fanno parte del gioco. Il mio obiettivo è andare via dall’Italia e praticare l’Mma a tempo pieno”. Nel frattempo, Dylan lavora in una pasticceria in città: “metto via i soldi per il mio progetto”, spiega. Nella sua storia, breve ma intensa, anche un percorso di messa alla prova.

“Quando ero ancora minorenne un ragazzo ha insultato pesantemente me e la mia famiglia in un gruppo whatsapp – racconta – Non ho mai risposto. Poi, un giorno l’ho incontrato e ci siamo picchiati. Mi ha denunciato. Io l’ho denunciato a mia volta”. Da lì, la questione è passata per vie legali e Dylan ha chiesto al Giudice la messa alla prova.

“Sono un fighter, non un criminale – dice – Ho chiesto la messa alla prova perché me l’ha suggerito il mio avvocato, ma è stata un’esperienza importante”. Per sei mesi, a contatto ogni giorno con l’educatore, Dylan ha fatto esperienze di volontariato, anche allenando ragazzi che volevano avvicinarsi al suo sport, ha frequentato una ciclofficina sociale e ha vissuto esperienze di socializzazione significative.

“In questo periodo – spiega l’educatore Giorgio Coppiardi – Dylan ha anche affrontato situazioni personali e familiari pesanti e ha sempre dimostrato serietà, costanza e un approccio umano e pacato alle cose. Dylan sa vedere le potenzialità nelle persone, anche in quelle che hanno storie complesse”. Alla fine, il Giudice ha valutato positivamente il suo percorso, da cui è uscito con la fedina penale pulita e con la voglia di essere testimone e guida per altri ragazzi. “Tre settimane fa – conclude, sorridendo – un ragazzo in messa alla prova ha iniziato ad allenarsi ad Mma. Ci sono altri ragazzi con storie difficili che vengono in palestra. Anche partendo da ciò che ho vissuto io, sto loro dietro, valorizzo i loro talenti in modo che non si facciano distrarre da cose sbagliate e continuino a perseguire i loro obiettivi di vita. Faccio io l’educatore!”.

“Il ragazzo con cui mi sono picchiato? – dice alla fine – Se lo vedo, lo saluto. Lui si gira dall’altra parte, ma per me è una storia chiusa, non porto rancore. Da quella ‘ragazzata’ e dalla messa alla prova, ho fatto un percorso che mi ha consentito di essere oggi quello che sono”.

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