Caso uova di Pasqua, Chiara Ferragni rinuncia a ricorso. Donerà un milione di euro
(Adnkronos) – L’Antitrust ha chiuso il procedimento per le uova di Pasqua ‘griffate’ Chiara Ferragni. L’influencer ha utilizzato i suoi canali social per condividere il comunicato delle sue società, relativo alla conclusione del procedimento avviato dall’Antitrust sul caso delle ‘Uova di Pasqua e Dolci Preziosi’. E sul contributo economico di 1,2 milioni di euro a favore dell’impresa sociale ‘I Bambini delle Fate’ ha voluto chiarire che si tratta “di una donazione e non dunque di una sanzione”.
Nel suo messaggio, Ferragni ha spiegato i tre principali impegni presi dalle società coinvolte. “Sono felice di condividere con voi un comunicato importante a cui tengo molto. È relativo al caso Uova di Pasqua e Dolci Preziosi che l’autorità Antitrust ha chiuso accogliendo gli impegni sui quali Tbs Crew Srl e Fenice hanno lavorato negli ultimi mesi”.
Il primo impegno, racconta l’influencer, “consiste in un contributo economico volontario, che è una donazione e non dunque una sanzione, per un minimo di complessivi 1.200.000 euro in favore dell’impresa sociale ‘I Bambini delle Fate'”. Le società, aggiunge l’influencer, “si assumono poi l’impegno, cui tengo in modo particolare, della separazione totale delle operazioni commerciali delle società dalle attività benefiche, che comunque non smetteremo di fare”. Infine, “Tbs Crew e Fenice formalizzeranno regolamentazioni interne per il corretto svolgimento delle attività di comunicazione e di marketing”, conclude l’influncer invitando a leggere il comunicato completo.
“L’istruttoria era stata aperta lo scorso gennaio sulla diffusione delle comunicazioni commerciali con cui sono state pubblicizzate le uova ‘griffate Ferragni’ in occasione delle festività pasquali 2021 e 2022” comunica l’Autorità garante della concorrenza e del mercato. L’indagine puntava a chiarire se le informazioni potessero indurre i consumatori a ritenere che, acquistando le uova “griffate Ferragni”, avrebbero contribuito a sostenere economicamente l’impresa sociale ‘I Bambini delle Fate’.
“Tutte le società parti del procedimento hanno presentato impegni che sono stati valutati positivamente e resi vincolanti nei loro confronti dall’Antitrust. L’impegno più rilevante prevede che siano devoluti a ‘I Bambini delle Fate’, nell’arco di tre esercizi finanziari, almeno 1,3 milioni ovvero il 5% dei rispettivi utili distribuibili, con un minimo complessivo di 1,2 milioni per il triennio, da parte delle società Fenice e Tbs e 100.000 euro da parte di Cerealitalia”.
L’Autorità, informano, “verificherà la piena e corretta attuazione degli impegni da parte delle società, e in caso di inottemperanza, oltre a riaprire il procedimento, potrà applicare una sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000.000 euro nonché, qualora l’inottemperanza sia reiterata, disporre la sospensione dell’attività di impresa per un periodo non superiore a trenta giorni”.
“Come segno concreto di impulso e incentivo ad attività benefiche, le società parti del Procedimento hanno assunto impegni economici, consistenti in versamenti in favore dell’impresa sociale ‘I Bambini delle Fate’, pari, per tre anni, al 5% dei rispettivi utili distribuibili, con un minimo complessivo di 1.200.000 euro per il triennio” comunicano in una nota le società Tbs Crew Srl e Fenice Srl . “La presentazione e formulazione degli impegni è stata vista come occasione sia per un’evoluzione interna alle aziende sia per individuare un ‘modello di comportamento’ che possa fungere da benchmark per l’intero settore dell’influencer marketing” aggiungono. “Con specifico riferimento all’attività di comunicazione relativa a iniziative benefiche, le società hanno deciso di separare nettamente le attività commerciali da quelle benefiche, impegnandosi ad astenersi dallo svolgimento di operazioni in cui attività commerciali siano connesse ad attività benefiche e, con specifico riferimento a quest’ultime, a darne illustrazione in apposita sezione dei rispettivi siti web di prossima creazione”. “Le società, infine, si sono impegnate all’adozione di un’autoregolamentazione interna relativa alle attività di comunicazione e marketing, anche ispirata alle più recenti best practice in materia, munita di presidi che ne garantiscano l’enforcement e accompagnata dall’organizzazione di training periodici a beneficio dei dipendenti”, conclude la nota.
Anche il Codacons esprime soddisfazione per la chiusura del caso relativo alle uova di Pasqua che vedeva coinvolta Chiara Ferragni e che aveva portato l’Antitrust ad aprire un’istruttoria a seguito di esposto, presentato dall’associazione. Come si ricorderà erano state proprio le denunce del Codacons a portare prima alla sanzione milionaria sul pandoro-gate e, poi, all’istruttoria sulle uova di Pasqua griffate Ferragni.
“Si conclude con successo l’operazione trasparenza, avviata dal Codacons già nel 2020 per tutelare i cittadini dalle operazioni di beneficenza opache o ingannevoli – spiega il presidente Carlo Rienzi –. Riteniamo corretta la decisione dell’Antitrust di sostituire le sanzioni con donazioni in favore dei soggetti più bisognosi, ma la cosa più importante è che finalmente si blocca l’assurdo connubio tra beneficenza e vendite di prodotti, considerato che le società di Chiara Ferragni si sono inoltre impegnate a separare in modo netto e permanente le attività con finalità commerciali da quelle con finalità benefiche”, conclude Rienzi.
“Pessima notizia! Basta patteggiamenti davanti all’Antitrust!” dice Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Era importante, se c’erano i presupposti, ci fosse una condanna perché questa avrebbe potuto costituire un precedente per futuri casi analoghi. Inoltre avrebbe dato la possibilità ai singoli soggetti danneggiati di agire a tutela dei loro diritti, mentre così facendo passa il messaggio che basta pagare per risolvere tutto”. “Sono troppe le chiusure con impegni di procedimenti che interessano milioni di consumatori, ma questa procedura è troppo comoda per tutti: da un lato l’Antitrust non deve approfondire le indagini, dall’altro l’indagato se la cava con poco, evitando così una condanna” prosegue Dona.
“Non ha poi alcun senso l’impegno di separare attività commerciali e finalità benefiche. Si rischia, se fosse preso d’esempio, di togliere in futuro risorse alla beneficenza. Infatti le due cose si possono tranquillamente abbinare, basta dare informazioni corrette, esaustive e veritiere, indicando sui prodotti le finalità dei proventi, il destinatario della beneficenza, l’importo o la quota destinati a quel fine” conclude Dona.