Chiesa

Il senso della Giornata Missionaria
nella Veglia al Cambonino

foto: www.diocesidicremona.it

Tradizionale Veglia Missionaria con musica e preghiere sabato sera nella chiesa del Cambonino, per la vigilia della Giornata Missionaria Mondiale che si celebra in tutto il mondo il 20 ottobre. Un’occasione per testimoniare e diffondere il messaggio di impegno di alcuni missionari cremonesi che nell’ultimo anno, e non solo, hanno sperimentato il vero significato della missione a cui è chiamata ogni giorno la “Chiesa in uscita” così spesso richiamata da Papa Francesco.

Tre testimonianze, tre storie di vita vissuta con lo spirito di chi non ha paura di rimboccarsi le maniche per portare il Vangelo e accogliere i bisogni degli ultimi; tre esperienze che hanno lasciato il segno in quei posti del mondo dove non sembra esserci altro che sofferenza. Le storie sono quelle di padre Andrea Facchetti, missionario saveriano che partito da Viadana vive da 12 anni la missione in Mozambico, di Caterina Ardigò, una giovanissima ragazza di Soresina che al termine degli studi ha deciso di mollare tutto e unirsi alla Rete Caschi Bianchi in Senegal come volontaria del servizio civile, e di suor Giulia Fiorani, che la scorsa estete, insieme a quattro ragazze, è partita per un villaggio del Camerun per un’esperienza estiva di servizio. Tre storie, l’Africa come filo conduttore, il desiderio di far del bene come motore che alimenta l’impegno missionario.

Ma la veglia di quest’anno ha assunto un carattere del tutto nuovo. Le parole del Vangelo di Matteo hanno fatto da sfondo, la musica del coro Davide della Communauté Mère du Divin Amour ha dato ritmo e sonorità alla preghiera e la veglia si è trasformata in un vero e proprio banchetto. E allora i tre missionari hanno apparecchiato la tavola, si sono seduti intorno ad essa e come buoni amici che non si vedevano da tempo hanno raccontato della loro esperienza.

«Buonasera, anzi dovrei dire Madokerua» ha detto padre Andrea salutando nella lingua che si parla lungo le rive dello Zambesi, «da 12 anni vivo nel decimo paese più povero del mondo, e sono parroco di una parrocchia che si estende per 200 km. La parabola di Matteo dice “Andate e chiamate” – ha spiegato il missionario saveriano –, se ci pensiamo tutta la vita è un andare e un essere chiamati. Io sono stato chiamato e vado come figlio della Chiesa, ma la veglia non serve per elogiare i missionari, piuttosto ci ricorda che tutti siamo missionari, chiamati a vivere e testimoniare quello in cui crediamo».

Alla luce della sua esperienza, padre Andrea ha condiviso due dei pregi della chiesa del Mozambico, sottolineando che quella è «una chiesa fondata sul lavoro dei laici. Se qua diciamo che quando il prete non c’è tutto si ferma, là tutto va avanti proprio perché il prete non c’è quasi mai!». E ancora: «Noi abbiamo avuto tanti problemi, ma non è mai mancata la speranza. Difficile sentire qualcuno lamentarsi, difficile sentire qualcuno arrabbiato. La speranza diventa prassi di vita, la comunità si unisce per far fronte comune alle difficoltà».

«Voglio invitarvi al mio banchetto!» ha detto Caterina Ardigò all’inizio della sua testimonianza. «In Senegal lavoro in un centro gestito da Caritas Dakar che accoglie i migranti. Li ascoltiamo, capiamo i problemi e cerchiamo di risolverli con gli strumenti che abbiamo a nostra disposizione». Dakar è un crocevia di storie diverse, tragicamente segnate dalla sofferenza, racconti «molto duri da ascoltare» che rimangono impressi nel cuore, anche se poi, alla fine della giornata «arrivo a casa molto contenta. Se non ci fossimo noi non ci sarebbe nessun altro ad aiutare queste persone. Sono fortunata a poter lavorare con persone che amano quello che fanno, e che sanno quanto è importante».

Nella sua testimonianza, suor Giulia ha quindi dato voce alle quattro ragazze che l’hanno accompagnata in Camerun: «Martina ha riconosciuto nelle piccole cose il “tutti” di cui parla il Papa nel suo messaggio, e lo ha trovato in ogni espressione, in ogni carezza che le ha riempito il cuore. Chiara ha ritrovato lo stesso “tutti” in una donna malata di lebbra che in disparte in una chiesa osservava gli altri e la loro allegria. Il “tutti”, l’altra Martina, l’ha ritrovato in Stefan, che prima di andare le ha chiesto di salutargli la sua famiglia.  Queste ragazze – ha aggiunto suor Giulia – sono per me il “tutti” che ho trovato in Camerun e lì ho trovato anche il mio posto: non un posto per chi ha solo da dare, ma anche un posto per chi ancora può accogliere tutti giorni un invito». E proprio ad un invito sta per rispondere suor Giulia, quello della sua professione perpetua la prossima settimana a Rivolta d’Adda.
Al termine della Veglia Missionaria una rappresentante del coro Davide della Communauté Mère du Divin Amour ha omaggiato il Vescovo con due regali. Un grande rosario fatto a mano e un tessuto, sempre cucito dalla comunità della Costa d’Avorio, con ricamato il logo della comunità cremonese.

(testo tratto da www.diocesidicremona.it)

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