Cronaca

Quando il gioco diventa malattia
Beber: "Non vedono più le priorità"

La ludopatia è un fenomeno che preoccupa e che cresce. E che coinvolge anche i più giovani. Lo sa bene l’avvocato Consuelo Beber, che come amministratore di sostegno segue numerosi casi di persone che si sono rovinate con il gioco. “Per la maggior parte si tratta di uomini”, ha raccontato il legale, “con un’età che varia. Il più giovane ha 22 anni, ma ha iniziato che ne aveva 14. Il più ‘anziano’ ne ha 55. Sono giocatori di macchinette, di gratta e vinci e di scommesse. C’è chi si gioca la pensione di invalidità, chi il Tfr, chi la pensione di famiglia, e chi, come i più giovani, si gioca la paghetta”.

L’avvocato Consuelo Beber

I motivi sono diversi: “c’è la persona che ha delle limitazioni personali, per cui trova uno sbocco nel gioco, innanzitutto per rivalutare se stesso e per riempire la giornata, e poi per avere anche un sostentamento. Giocando, per la grande legge dei numeri, prima o poi si vince. E giocando tanto, non vedi la spendita, ma vedi l’incasso”.

Tra i tanti esempi ricordati dal legale, anche quello di una persona che aveva fatto una vincita importante, di 100.000 euro“. “Tutti hanno difficoltà e un disagio di base, indipendentemente dal tipo di famiglia”, ha detto l’avvocato Beber. “Difficoltà che possono derivare da vari problemi: da quello fisico, a quello psichiatrico, o addirittura associati”.

“C’è chi, ad esempio, ha subito un gravissimo infortunio sul lavoro con una menomazione fisica e mentale. Una persona che dietro le spalle ha una famiglia da mantenere. Impossibilitato a lavorare, ha cominciato a riempirsi la giornata giocando. Ha vinto, e quindi si è buttato ancora di più nel gioco fino a smettere di pagare luce, acqua, gas, affitto e quant’altro per avere i soldi per giocare. E così facendo ha indebitato completamente la famiglia”. “I ludopatici”, ha detto l’avvocato Beber, “non riescono più a vedere le priorità. Vogliono solo giocare”.

Quando poi finiscono i soldi, si può finire nelle mani di chiunque: “prima chiedi agli amici”, ha raccontato il legale, “poi il giro si allarga: capita che nelle sale scommesse vengano prestati dei soldi. Non sto parlando di usura, non c’è un reato, ma sono comunque soldi da restituire. Il problema è che poi le somme in prestito aumentano di 2/300 euro alla volta, ma anche di 1000/1500″.

Durante la sua lunga esperienza come amministratore di sostegno, l’avvocato Beber ha detto di aver visto prestiti di somme importanti, come 4000, 5000 euro. E qui subentra la base della ludopatia. “Il ludopatico è un bugiardo cronico che racconta l’impossibile pur di avere le somme necessarie. ‘Un mio parente sta molto male, la mia famiglia è in difficoltà’. E assume anche un atteggiamento ricattatorio nei confronti dei familiari: ‘Se non mi dai i soldi mi ammazzo'”.

Spesso è proprio chi è malato di gioco, tramite i servizi sociali e il Serd, a richiedere l’amministrazione di sostegno. Il ruolo di quest’ultimo “è quello di dare un blocco alla spendita normale del denaro, quindi stabilendo dei budget settimanali per le spese. “Il problema più grande”, ha detto Beber, “è far fronte ai debiti, per cui bisogna fare inizialmente un inventario dove si vanno a guardare debiti e crediti (i debiti sono sicuramente maggiori), e da lì si cominciano a pagare i debiti, diminuendo la somma disponibile per il ludopatico”.

Per l’avvocato Beber, si può guarire da questa malattia, anche se non è facile: “Più che di guarigione di parla di collaborazione di creazione di progetti. Nel momento in cui il ludopatico è collaborativo con l’amministratore di sostegno e con il tribunale, si possono fare dei progetti di vita veri e propri: investimenti, piuttosto che acquisti importanti. Nel caso in cui invece non si riesca ad ottenere questo tipo di collaborazione, il ludopatico resta comunque nel suo tunnel di ludopatia con una limitazione economica, e quindi si fa prevalentemente fronte solo alle spese relative alla quotidianità”.

Sara Pizzorni

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