Cronaca

Suor Anna nega le accuse: "Solo
messaggi di natura umanitaria"

Non vedeva l’ora di difendersi davanti al giudice, suor Anna Donelli, 57 anni, originaria di Cremona, la religiosa che una settimana fa è finita agli arresti domiciliari perchè coinvolta nell’inchiesta della procura di Brescia che con 30 ordinanze e il sequestro di quasi 2 milioni di euro ha fatto luce su presunte infiltrazioni mafiose nel tessuto economico bresciano. Suor Anna, che risiede a Milano e che appartiene alla congregazione delle suore della carità, è stata interrogata oggi in tribunale a Brescia. Piumino nero con il cappuccio calato sul velo, è arrivata questa mattina prima delle 10 accompagnata dal suo legale, e davanti al giudice, con presenti anche due pubblici ministeri, ha parlato per più di due ore.

 

Lei, figura nota nell’ambiente carcerario per il suo lavoro all’interno del carcere di San Vittore di Milano, è accusata di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso. Avrebbe approfittato del suo ruolo di assistenza ai detenuti per veicolare fuori e dentro il carcere messaggi tra i membri della cosca calabrese dei Tripodi. Contro di lei ci sono alcune intercettazioni, come quella di uno degli arrestati che in una conversazione aveva affermato: “la suora “è dei nostri”.

Difesa dall’avvocato Robert Ranieli, la religiosa ha sostenuto la sua totale estraneità ai fatti. “Alla mia cliente sono state contestate le intercettazioni, le uniche alla base dell’imputazione, però lei ha radicalmente negato tutto, sia per il suo ruolo, quello di suora, che per quello che lei rappresenta, tanto che a Milano è chiamata ‘l’angelo degli ultimi’, e ha dato una spiegazione. Quelle intercettazioni sono state dette da altri, ma lei non c’è. Sono sono millanterie“. “Gli unici messaggi che lei veicolava”, ha detto il legale, “erano esclusivamente di natura umanitaria”.

Sul fatto che la suora fosse stata nell’officina di Flero considerata la base della cosca dei Tripodi, l’avvocato ha risposto che “suor Anna conosceva uno dei due perchè lo aveva aiutato come volontaria quando era stato detenuto per vario tempo a San Vittore”. “Se tutte le persone fossero come lei”, ha concluso il legale, “il mondo andrebbe molto bene”.

Per l’accusa, invece, suor Anna avrebbe usato il proprio incarico spirituale per agire come intermediaria tra il clan ‘ndranghetista calabrese Tripodi e i detenuti, trasmettendo “ordini, direttive, aiuti morali e materiali ai soggetti sodali o contigui al sodalizio reclusi in carcere”, ricevendo dai detenuti “informazioni utili per meglio pianificare strategie criminali di reazione alle attività investigative delle forze dell’ordine e dell’autorità giudiziaria” e proponendosi per favorire “lo scambio informativo tra i detenuti e i loro prossimi congiunti nel caso di divieti di colloqui”, e infine “risolvendo dissidi e conflitti tra i detenuti all’interno del carcere”.

Al termine dell’interrogatorio, l’avvocato Ranieli ha chiesto la revoca della misura dei domiciliari per suor Anna. Il giudice si è riservato di decidere.

Sara Pizzorni

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