Cronaca

Un faro "da stadio" per disturbare
i vicini. A processo per stalking

Ci filmano, ci osservano, ci insultano, ci minacciano e ci molestano, non siamo liberi di fare nulla”. Così avevano raccontato in aula, Luciano, Lea e Marta (nomi di fantasia), marito, moglie e figlia di 61, 56 e 32 anni, una famiglia di cremonesi che attraverso l’avvocato Davide Lacchini si è costituita parte civile contro Michele e Silvia (nomi di fantasia), 79 e 75 anni, una coppia di vicini che è a processo con l’accusa di stalking. Gli imputati sono assistiti dall’avvocato Stefano Ferrari.

“Per paura non esco più di casa, non vado più neanche a prendere il pane o a buttare la spazzatura, vivo come una reclusa”, aveva raccontato Lea, convinta che l’intento degli imputati sia quello di mandarli via dalla loro abitazione “per rilevare loro l’immobile e riunirlo ai propri fabbricati”.

Le presunte vittime avevano parlato di un “costante susseguirsi di provocazioni, dispetti, soprusi, litigi, e ingiurie“.

L’avvocato Lacchini

Nella primavera del 2020, Michele e Silvia, al corrente del problema di Lea e Marta, che in estate dormono con le finestre aperte non potendo utilizzare il condizionatore per problemi di salute, avevano posizionato sul tetto del box di loro proprietà un faro da 500 w che illuminava a giorno l’intera area, obbligandole a chiudere le tapparelle per avere buio in camera e poter dormire.

“Un faro da stadio”, lo ha definito oggi un collega di lavoro di Luciano, che una sera era stato invitato a cena. “Verso il giardino c’era una luce accecante che proveniva da un faro abbastanza grosso, come quelli da stadio”. “Li ho visti molto in apprensione e molto agitati per via dei vicini, e con quel faro ho chiesto come facessero a dormire“, ha riferito il testimone, che ha ricordato anche di aver visto una telecamera posta sul loro ingresso, “come fosse una caserma dei carabinieri”.

Nel luglio del 2020 gli imputati avevano hanno fatto installare una telecamera sul loro portone carraio, orientandola, però, verso l’abitazione dei loro vicini. “Solo grazie all’intervento dei carabinieri”, avevano raccontato Luciano, Lea e Marta, “siamo riusciti a far spostare la telecamera per impedire le riprese della porta di ingresso della nostra abitazione. Tutte le volte che ci vedono in giardino si affacciano dalle loro finestre e ci osservano con provocatoria insistenza, mimando spesso di riprenderci con il telefonino. Quindi noi non andiamo più in giardino, mentre loro curano costantemente i nostri spostamenti, pur di intercettarci e cercare lo scontro verbale”.

L’avvocato Ferrari

Il 25 aprile del 2022, come raccontato in aula da Lea, da anni notoriamente affetta da una patologia oncologica, il vicino le avrebbe detto: “Era meglio se il tumore, al posto di venirti alle tette, ti veniva al cervello”.

Una frase che ha ricordato anche Mauro, l’ex compagno di Marta, che per tre anni ha convissuto in quella casa insieme alla fidanzata e ai “suoceri”. Il testimone ha detto che un giorno era sul tetto per mettere la canna fumaria, quando in giardino erano arrivati i vicini ed era scoppiata una lite. “Cosa state facendo?”, avrebbero tuonato gli imputati, “mi state demolendo la casa”. “Erano iniziati gli insulti”, ha detto il testimone. Non sono arrivati alle mani ma ci sono state minacce e parolacce“.

“Quando passavamo”, ha poi ricordato Mauro, “loro sputavano a terra in segno di disprezzo“. Secondo il testimone, gli attacchi erano incentrati in modo particolare su Lea, “che ha avuto dei problemi e ha dovuto andare da uno psichiatra”.

Nella prossima udienza, fissata al prossimo 27 febbraio, verrà sentito il medico che ha in cura la 56enne e gli imputati si difenderanno.

Sara Pizzorni

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