Cronaca

Boom di polmoniti a Cremona
Il primario Betti: "Vaccinarsi"

La dottoressa Monia Betti e il corridoio di Pneumologia dell'ospedale di Cremona durante la pandemia

In questi giorni, con un mese di ritardo rispetto allo scorso anno, è stato superato il picco dell’influenza che ha messo a letto 17 milioni di italiani. Ma accanto a questo, sono lievitati i casi di polmoniti, che stanno mettendo sotto pressione medici di famiglia e ospedali.

“Già dalla primavera scorsa si è registrato un aumento dell’incidenza delle infezioni, sia bronchiti sia polmoniti” spiega la dottoressa Monia Betti, direttore della Pneumologia dell’ospedale di Cremona. “Questo inverno, inoltre, si è verificato un ritardo nel picco dell’influenza, che sommato a tanti altri virus ha ovviamente incrementato anche il numero delle polmoniti.

C’è da dire che rispetto al periodo pre Covid, noi siamo diventati più attenti alle infezioni bronchiali, e anche da parte della medicina di base c’è una ricerca più precisa della diagnosi, per cui anche nei giovani non ospedalizzati si fa la radiografia o l’ecografia del torace, di fronte a certi sintomi”.

La stranezza maggiore, tuttavia, è la categoria di soggetti in cui si presentano tali polmoniti: “Ho osservato un’evidenza maggiore di polmoniti nei giovani immunocompetenti, cioè in chi non ha dei fattori predisponenti nè patologie pregresse” spiega la dottoressa Betti.

Anche la tipologia di infezione sembra essere più “cattiva” del solito, e più difficile da estirpare: “Abbiamo visto polmoniti anche anche molto estese e prolungate nel tempo. A volte non rispondono ad una terapia antibiotica classica, ossia quella che si somministra per una settimana o dieci giorni, e in alcuni casi si è reso necessario cambiare anche più volte l’antibiotico” continua il primario.

Tra le motivazioni di questa situazione, secondo il medico, potrebbero esservi alcuni fattori, come appunto il ritardato picco influenzale che, sommato agli altri virus in circolazione, può aver provocato una sovrapposizione di infezioni particolarmente forti. “E purtroppo l’adesione al piano vaccinale antinfluenzale è ancora lontana da quella che noi medici auspichiamo” evidenzia la dottoressa.

E’ quindi fondamentale agire sulla prevenzione: “La vaccinazione antinfluenzale è importante, non solo per le fasce di categoria a rischio, ma per tutti, perché è l’unica arma che abbiamo a disposizione per proteggere noi stessi e gli altri. Accanto a questo, dovremmo tenere a mente quello che abbiamo imparato durante il Covid, ossia a proteggerci con mascherine quando serve e a curare l’igiene delle mani. Inoltre è bene per tutti tenere a mente che se la tosse dura oltre 3 o 4 giorni è fondamentale consultare il medico curante per tempo, perché una terapia iniziata in tempi brevi e in modo precoce aiuta a risolvere la situazione più rapidamente. Se invece la patologia infettiva si prolunga, poi diventa molto difficile trattarla correttamente”.
Laura Bosio

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...