Cronaca

Allarme "occupabilità": fra 10 anni
il 3,4% di lavoratori in meno

Le previsioni demografiche per la provincia di Cremona evidenziano una diminuzione di oltre 7000 persone nella fascia di età 15 - 64 anni.
Situazione molto distante dal -18% del sud Sardegna e anche dalla media nazionale (-7,8%), ma che desta comunque preoccupazioni.

Con un calo di popolazione in età lavorativa del 3,4% previsto da qui al 2035, la provincia di Cremona è – tra le 107 province italiane – nel gruppo di quelle che risentiranno in maniera meno pesante della mancanza di mano d’opera e di professionisti per le diverse esigenze del mondo del lavoro.

La graduatoria è stata stilata dall’associazione Artigiani e Piccola Industria di Mestre, che elaborando le previsioni demografiche dell’Istat sulla fascia di popolazione 15-64 anni, ha dipinto uno scenario abbastanza cupo delle probabili ripercussioni dell’inverno demografico sul mercato del lavoro.

Le province con il primato negativo da questo punto di vista sono quelle delle isole e del sud, con territori come il nuorese e il sud Sardegna che perderanno quasi il 18% di popolazione abile al lavoro; quelle che possono guardare con maggiore ottimismo alle potenzialità della forza lavoro sono invece Parma (-0,6%), Prato (-1%); e poi Bologna e Milano con un calo di poco più dell’1%. Delle 104 province in graduatoria, con una media del -7,8% di popolazione attiva nei prossimi 10 anni, Cremona occupa la 93esima posizione. La previsione è che dei 222.228 residenti tra i 15 e i 64 anni, nel 2035 se ne perderanno 7.569.

A livello nazionale, le proiezioni demografiche indicano che la popolazione in età lavorativa diminuirà di quasi 3 milioni di unità, con un numero sempre più ridotto di giovani e un “consistente gruppo di baby boomers prossimo all’uscita dal mercato del lavoro per raggiunti limiti d’età, il nostro Paese rischia lo spopolamento della coorte anagrafica potenzialmente occupabile”. affermano gli analista dell’associazione veneziana.

“Se si considera il declino demografico insieme all’instabilità geopolitica, alla transizione energetica e a quella digitale, nei prossimi anni le imprese sono destinate a subire dei contraccolpi molto preoccupanti.

La difficoltà, ad esempio, nel reperire giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali è un problema sentito già oggi, figuriamoci tra un decennio. È importante sottolineare che chi spera in un’inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso, poiché non esistono misure efficaci in grado di modificare questa tendenza in tempi ragionevolmente brevi.

“Inoltre, nemmeno il ricorso alla manodopera straniera potrà risolvere completamente la situazione.
Di conseguenza, dobbiamo prepararci a un progressivo rallentamento del Pil. Va inoltre considerato che una società con una popolazione sempre più anziana e meno giovane dovrà affrontare un aumento rilevante della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, con implicazioni molto negative anche sui nostri conti pubblici”.

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