Tentata violenza di gruppo,
il pm chiede condanna a 3 anni
L'imputato, sentito in aula, si è difeso: "Non ero io, è stato un altro ragazzo. Io ho cercato di fermarlo".
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Tre anni di reclusione per tentata violenza sessuale di gruppo: questa la richiesta del pubblico ministero nei confronti di un 19enne tunisino finito a processo per l’episodio verificatosi nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 2024, quando una ragazza di 20 anni era stata molestata vicino al parcheggio del supermercato Coop di via del Sale, mentre era insieme ad un’amica.
Responsabile, secondo le accuse, il 19enne – arrestato a novembre – e almeno altri 5 giovanissimi, non identificati ma presunti membri della baby gang che nello scorso autunno ha terrorizzato la città.
Il giovane, appena dopo i fatti e durante le precedenti udienze, era stato riconosciuto da entrambe le ragazze. Ma nel corso dell’udienza svoltasi lunedì mattina, lo stesso imputato, sentito dal giudice, e uno dei testimoni della difesa, suo amico, hanno raccontato una versione differente.
Secondo i due il responsabile della tentata violenza sarebbe un altro ragazzo, di entrambi hanno fatto il nome, insieme ad una seconda persona. “Loro due hanno inseguito le ragazze, noi abbiamo cercato di fermarli” hanno detto al giudice. “Avevano consumato della cocaina, e stavamo bevendo. Le hanno inseguite nel parcheggio e hanno cercato di bloccare l’auto perché non partisse”.
Diversa era stata la versione della vittima e dell’amica, che oltre ad indicare l’imputato quale principale autore del tentativo di violenza – secondo l’accusa avrebbe toccato la ragazza e cercato di baciarla – avevano raccontato che tutto il gruppo si era accanito contro l’auto, picchiando contro i finestrini e salendo sul cofano per non farle partire.
“Chiedo che controllino con telecamere per vedere cosa è successo quella sera” ha detto l’imputato, che a suo carico ha un’altra dozzina di denunce per una serie di reati, che vanno dalla rapina alle lesioni. “Non voglio essere condannato per una cosa che non ho fatto”.
Al vaglio l’abbigliamento dell’aggressore: secondo l’imputato e il suo testimone, il vero responsabile avrebbe avuto cappellino e giacca nera, mentre le ragazze avevano indicato i vestiti che indossava lui, col cappellino marrone di Gucci, suo segno distintivo.
Dal canto suo, l’avvocato della difesa, ha chiesto l’assoluzione, sulla base “della non certezza assoluta che questo episodio sia imputabile al mio assistito”. e in seconda istanza ha chiesto che l’accusa venga derubricata a “violenza privata”. A decidere saranno i giudici in seduta collegiale, il prossimo 9 giugno.
Laura Bosio