Quel vuoto che genera creatività
La lezione di Lama Michel Rinpoche

Sala Maffei della Camera di Commercio non è bastata a contenere il fiume di persone arrivate a Cremona venerdì pomeriggio per incontrare Lama Michel Rinpoche, maestro buddhista e guida spirituale in diversi centri buddhisti mondiali. L’occasione è stata la presentazione del suo libro “Dove vai così di fretta” (Ed. Bompiani Overlook), dove si ragiona sulle domande fondamentali che troppo spesso dimentichiamo di porci: “Cosa voglio veramente dalla vita? Dove voglio arrivare?”.
Una conversazione con la platea avviata da Matteo Paloschi, organizzatore dell’incontro e iniziata con un momento di preghiera in sanscrito, a cui hanno fatto seguito le parole insieme dolci e profonde, ironiche e riflessive del maestro. Nato in Brasile e da tanti anni stabilitosi in Italia, Lama Michel ha intrapreso l’eduzione monastica tradizionale in India e in Tibet dall’età di 12 anni, dopo essere stato riconosciuto come la reincarnazione di un maestro tibetano.

La sua capacità di rendere accessibile e chiara la filosofia e la pratica buddhiste nella società contemporanea lo ha reso un ponte prezioso tra saggezza tradizionale ed esigenze del mondo attuale, un portatore di “spiritualità laica” nella vita quotidiana di tutti.
“Creatività e intuizione sono le qualità più importanti”, ha detto citando Steve Jobs. Ma la creatività non arriva riempiendosi di cose da fare, bensì si attiva quando apparentemente non si fa nulla. Nella nostra vita abbiamo sempre l’impressione di non aver tempo. Arriviamo a casa di sera dopo il lavoro e ci intratteniamo con il cellulare non sapendo neanche perché. E’ successo anche a me, finché un giorno mi sono chiesto: che cosa sto facendo?”
Il fatto è che “riempiamo il nostro tempo con cose che sono assolutamente inutili”, facciamo consumare al cervello energie preziose distraendoci con i reel dei cagnolini sul cellulare. “Non utilizzavo i social media, ma siti di notizie sì, quelli li utilizzavo molto per tenermi informato, ne avevo 4 o 5 che seguivo. Ma poi mi sono accorto che li aprivo non per approfondire i contenuti, ma per pura e semplice dipendenza”.

Partendo da situazioni quotidiane come queste si dipanano le riflessioni del libro. “C’è qualche risposta, ma ci sono soprattutto domande”, spiega, “dobbiamo diminuire la quantità di informazioni e cercare di farci più domande. Io cosa voglio? dove proietto la mia felicità? Perché soffro? Cerchiamo di non prendere le cose per scontate, farsi domande apre a tante possibilità”.
Interessante poi il meccanismo della “ricompensa”, spiegato con esempi semplici e immediati, ossia quel desiderio di ritrovare il piacere subito dopo che l’effetto della dopamina è passato: “E qua arriva il guaio dei nostri tempi: cosa succede se riesco a ottenere le ricompense senza dover fare uno sforzo? La ricompensa immediata non è la soluzione, perchè “dopo facciamo fatica ad impegnarci e ad affrontare le difficoltà”. Non dobbiamo quindi affrettarci a rigenerare quel piacere, che produrrebbe una rincorsa infinita ma fine a se stessa, ma utilizzare quei momenti di “vuoto” per uscire dalla nostra comfort zone.
Riflessioni che accompagnano tutto il libro, un invito a fermarsi e a riflettere su ciò che conta veramente e su quanto c’è di superfluo. Perchè è in quei momenti apparentemente vuoti che può scattare il meglio che c’è in noi.