Abusi, le bimbe accusano i genitori
Pm: "Assoluzione, non attendibili"

Una storia del terrore, se fosse vera. Una storia nella quale una mamma e un papà sono finiti in tribunale accusati di violenza sessuale aggravata e corruzione di minori. Vittime, due delle loro tre figlie piccole, tolte ai genitori e ospitate in una comunità. Tra il 2016 e il 2017 la bimba di nove anni sarebbe stata colpita dal padre, spesso ubriaco, con schiaffi e con cinghiate sulle parti intime, mentre l’altra, di nemmeno 14 anni, sarebbe stata toccata in plurime occasioni. Ad entrambe, l’uomo avrebbe anche mostrato foto e video dal contenuto pornografico. Dal canto suo la mamma, indifferente a ciò che accadeva, non sarebbe mai intervenuta in difesa delle figlie, omettendo qualsiasi forma di intervento tempestivo per impedire i presunti abusi.

Ma di vero, per il pm Andrea Figoni, ci sarebbe ben poco, tanto che oggi nelle sue conclusioni ha chiesto per i genitori l’assoluzione “perchè il fatto non sussiste”. “Troppo generico” il capo di imputazione, così come i racconti delle presunte vittime, evidentemente ritenute non attendibili. In un’occasione, una delle bambine avrebbe detto che sua sorella si inventava le cose. D’altra parte la vicenda è arrivata a processo dopo ben due richieste di archiviazione.
Per le parti civili, rappresentate dagli avvocati Maria Laura Quaini e Fabio Galli, la prova delle violenze invece c’è: “la conferma arriva dalle dichiarazioni delle stesse vittime, da quelle delle operatrici della comunità e dallo stesso tribunale per i minorenni che nel 2018 aveva disposto l’allontanamento dalla casa familiare. “E’ proprio nella comunità, in un ambiente tranquillo”, hanno sostenuto i due legali, che le bambine, con grosse difficoltà di relazione, hanno vinto la vergogna e hanno raccontato cosa stava succedendo”. Alla luce della richiesta di assoluzione del pm, i due avvocati hanno chiesto ai giudici quantomeno di valutare il reato di maltrattamenti in famiglia.

Da quanto raccontato da una delle piccole, nell’ottobre del 2018, durante una gita sul fiume, dopo aver bevuto alcolici e fumato, il padre, insieme ad alcuni amici, le aveva fatto “cose brutte”. Un’espressione, questa, come spiegato in aula dai testimoni, una quindicina tra assistenti sociali, psicologi ed educatori, che ricorreva spesso nelle parole delle bambine.
“Cose brutte”, sempre il padre con un amico, le avrebbe fatte anche nella casa di famiglia nel dicembre del 2018, quando l’imputato avrebbe portato una delle figlie in camera da letto per sottoporla ad abusi sessuali. Durante un Capodanno, invece, nel corso di una festa nell’abitazione degli imputati, con gli invitati intenti ad assumere bevande alcoliche, una delle minori, che quella sera aveva la febbre ed era sdraiata sul divano, avrebbe subito nuovi abusi.

Una delle ragazzine aveva anche scritto un diario in cui aveva raccontato ciò che accadeva in famiglia. Sosteneva di essere molto arrabbiata con i suoi genitori, soprattutto con il padre, che le faceva delle “cose brutte”.
I due imputati sono assistiti dagli avvocati Massimo Tabaglio e Federico Sartori, che hanno “sposato” in toto le argomentazioni del pm sulla mancanza di elementi di prova. “Solo supposizioni infondate ed inesistenti“, hanno sostenuto i legali della difesa.

Nel frattempo le due ragazzine sono diventate entrambe maggiorenni. Una è andata a vivere con un’amica e lavora, mentre l’altra vive ancora in comunità. La sentenza nei confronti dei loro genitori sarà pronunciata il prossimo 29 settembre.
Sara Pizzorni