1944, la strage di Porta Milano
Toccante commemorazione
Una commemorazione particolarmente sentita, quella per l’anniversario del bombardamento di Porta Milano del 10 luglio 1944, celebrata questa mattina in via San Francesco d’Assisi, di fronte al monumento che ricorda i ferrovieri caduti. Fu una strage di civili, una triste anticipazione di quanto sta purtroppo avvenendo ancora oggi nelle tante guerre sparse per il mondo, dall’Ucraina a Gaza, passando da conflitti dimenticati come quelli del Sudan.
Dopo il ricordo di don Paolo Arienti, sono intervenuti il sindaco Andrea Virgilio, il consigliere previnciale Eugenio Vailati, il presidente del Dopolavoro Ferroviario, Graziano Badolato, il presidente dell’Anpi Giancarlo Corada. Toccante la lettura della poesia in dialetto scritta nel 1985 da un ferroviere, Mario Ghidotti e letta da Alvaro Mario Ferlenghi che rievoca e fa rivivere quei drammatici momenti di una assolata mattinata estiva, quando dall’alto piovvero più di 50 bombe, di medio e di grosso calibro.
L’obiettivo erano la stazione e lo scalo ferroviario, in realtà colpiti in misura minore di quanto non lo furono le zone circostanti, il cimitero e la zona tra la Cremonella e la via S. Francesco d’Assisi: alla fine furono 119 le vittime, tra cui più di 20 ferrovieri, 82 i feriti.
Nel suo intervento Corada ha parlato di un “dolore che dovrebbe coinvolgere veramente tutti. Questo è il ricordo di un avvenimento tremendo: non solo è stata bombardata la stazione, ma sono morte 119 persone, è stato distrutto mezzo quartiere e stravolto il cimitero”.
“Questo grande dramma –ha proseguito – dovrebbe farci riflettere non solo sul bisogno di pace, che sembra ovvio a causa delle continue guerre oggi in corso, in Palestina, a Gaza, in Ucraina, in tanti altri posti del mondo. Dovrebbe però farci pensare alle teorie che stanno dietro questa realtà: si vuole creare terrore bombardando e uccidendo la popolazione”.
“Purtroppo siamo stati noi italiani a teorizzarlo per primi, dalla Libia all’Etiopia. Questa teoria della morte impersonale che viene dal cielo, è stata praticata dai tedeschi, dagli inglesi, dagli americani e oggi è ancora studiata nelle accademie militari di gran parte del mondo e utilizzata dai potenti della terra; una teoria che va messa in discussione”.
“Quando ricordiamo i nostri morti – aggiunge – dobbiamo fare anche una riflessione su quello che sta succedendo oggi e su come bisognerebbe mettere in pratica l’articolo 11 della Costituzione: tutte le guerre vanno ripudiate e tutti i problemi tra gli stati vanno risolti componendoli con un’azione diplomatica e politica, rimettendo in azione l’ONU che oggi è in condizioni di grande difficoltà”.
Durante il suo intervento, il Presidente Corada si è soffermato sul termine “anime belle”, appellativo con cui spesso vengono definiti in maniera irridente, i pacifisti (molti quelli presenti alla commemorazione, tra cui l’ex ferroviere Ezio Corradi). Un riferimento assolutamente polemico, “rivolto a tutti coloro che usano questa espressione assolutamente infelice che molti riferiscono a tutti coloro che vogliono la pace e anche a coloro che scrissero la Costituzione, pensando, i polemici, che queste persone fossero semplicemente dei sognatori. Quando in realtà erano persone serie e competenti che chiedevano una società più giusta e che per questo hanno scritto che l’Italia ripudia la guerra”.
Del testo costtiuzionale ha parlato anche il sindaco ANdrea Virgilio: “Il ripudio della guerra fonda le sue radici nella Resistenza, nel coraggio di donne e uomini che si opposero al fascismo. La loro eredità è viva in ogni comunità che oggi si impegna per la pace, per i diritti, per la dignità di ogni persona. E in questo spirito ci parlano ancora le parole di Don Primo Mazzolari, il figlio di questa terra, testimone lucido della guerra e profeta di pace.
“La pace è qualcosa che si costruisce. Ed è proprio oggi, in un tempo in cui la guerra sembra tornare a occupare il centro delle nostre paure, che queste parole risuonano con forza. E non possiamo fare memoria del 10 luglio 1944 senza rivolgere lo sguardo al nostro presente. Lo dobbiamo fare in Ucraina. Da oltre tre anni un popolo resiste sotto le bombe.
A Gaza le immagini che ci arrivano sono quelle di bambini feriti, di famiglie devastate, di ospedali colpiti. Lo dobbiamo fare in Iran, dove la repressione, le tensioni e le violenze continuano a colpire anche la popolazione civile. In Sudan, in Yemen, in tutte e tante aree dimenticate dal mondo.
La guerra ha smesso di essere notizia. È diventata una condizione quotidiana. E come sempre, chi paga il prezzo più alto non sono i potenti, ma sono le persone comuni. Il nostro ricordo oggi non può essere solo un gesto del passato. Deve diventare impegno civile, un richiamo alle responsabilità, alle verità, alla costruzione di una cultura della pace che inizi proprio dai nostri territori, dalle nostre scuole, dai nostri luoghi di incontro. Il bombardamento del 10 luglio 1944 ci disegna che la pace non è mai qualcosa di scontato”.
La pace è anche il messaggio finale consegnato ai presenti dal presidente del DLF Graziano Badolato, prima che il gruppo si spostasse presso la sala d’aspetto della seconda classe della stazione dove si è tenuto il ricordo del ferroviere Guindani e si è inaugurata una mostra.