Tamoil, non solo archiviazione
I fronti giudiziari ancora aperti
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Se l’archiviazione disposta dal giudice il 21 agosto, in merito all’inquinamento provocato dalla Tamoil nelle aree esterne, dovrebbe aver messo la parola fine alla vicenda penale, sono almeno tre gli altri fronti giudiziari che restano aperti nei rapporti tra la società petrolifera e la città di Cremona.
Innanzi tutto la causa civile mossa dalla canottieri Bissolati per il risarcimento del danno subìto: all’indomani della scoperta di surnatante e gas soil nel sottosuolo, la società si dovette far carico di costi ingenti quali l’utilizzo dell’acquedotto per riempire le piscine, solo per fare un esempio. Quest’estate sembrava fosse prossima la decisione del giudice circa l’entità della transazione; così non è stato e c’è tempo ancora fino a novembre. Tamoil in prima battuta aveva fatto ricorso in Cassazione invocando la mancanza di giurisdizione del tribunale di Cremona, ma il ricorso era stato respinto.
C’è poi la questione amministrativa: il Tar Brescia lo scorso aprile ha accolto il ricorso della Bissolati per l’annullamento del decreto del comune di Cremona che recepiva gli interventi di messa in sicurezza operativa per le aree esterne, così come erano stati definiti nella conferenza di servizi del 10 maggio 2023.
In quella occasione la Bissolati aveva contestato i dati ambientali alla base del ripristino e aveva evidenzato la necessità di ripartire da zero, alla luce delle analisi effettuate dal geologo di fiducia Giovanni Porto, dalle quali – secondo la ricorrente – emergeva il perdurare delle fuoriuscite di idrocarburi dal sito industriale. In particolare, la Bissolati, sosteneva la necessità di redigere una nuova analisi di rischio che ampliasse l’area di indagine anche a ridosso della barriera idraulica, ritenuta insufficiente a bloccare l’inquinamento.
Di fatto oggi si è ancora a quel punto perché il Comune si è opposto alla decisione del Tar presentando ricorso al Consiglio di Stato.
Infine, Tamoil è chiamata a rispondere in sede civile davanti al Tribunale di Brescia, al Ministero dell’Ambiente, che l’ha citata in giudizio all’inizio del 2025 per il risarcimento del danno ambientale. La richiesta è di 5 milioni di euro in via principale e in subordine, l’esecuzione di misure di riparazione per la stessa cifra. Altri 4 milioni e 80 mila euro sono stati chiesti come risarcimento del danno non patrimoniale all’immagine del ministero stesso. Il Comune di Cremona si è unito ‘ad adiuvandum’ all’azione giudiziaria, condividendo le argomentazioni del Ministero; la causa è seguita dall’avvocato Alessio Romanelli.
“L’intervento del Comune – si leggeva nelle motivazioni della delibera della Giunta Virgilio – avviene per supportare le argomentazioni del Ministero dell’Ambiente, condividendone gli obiettivi e sostenendo quindi l’azione per il risarcimento del danno ambientale. L’interesse del Comune appare giustificato sotto il profilo della salvaguardia del territorio e degli interessi della collettività e risulta inoltre opportuno in quanto consente di partecipare attivamente alla causa, nonché offrire un contributo mirato e specifico per il danno ambientale che si è verificato e per definire le modalità del risarcimento”.
Intanto comunque il Comune ha già incamerato i 2,4 milioni di euro come somma risarcitoria per la condanna in sede penale di Tamoil nel processo madre conclusosi ormai diversi anni fa. Dopo una fitta serie di consultazioni in Ufficio di Presidenza, il Consiglio Comunale ha deciso che andranno alla riqualificazione paesaggistica e ambientale in piazza Roma (1 milione circa); alla riqualificazione arborea ambientale in piazza Castello (400mila euro); alla riqualificazione arborea dei filari nei viali cittadini; e alla realizzazione del primo lotto della Park way, in fregio alla tangenziale.
Giuliana Biagi