Cronaca

Botte alla moglie incinta e pugni
alle figlie. Ex pivot a processo

L'ex giocatore di basket si è difeso: "Sono accuse che i Testimoni di Geova hanno messo nella testa alla mia famiglia"

Dal 1999 al luglio del 2018 avrebbe maltrattato la moglie e le tre figlie minori, ma lui, ex giocatore di basket, 53 anni, oggi imprenditore agricolo nel suo paese d’origine, lo ha negato con forza. “Sono cose che i Testimoni di Geova hanno messo nella loro testa e nella loro bocca”, ha sostenuto l’imputato, che ha spiegato così il motivo delle accuse mosse dalla sua famiglia.

Originario della Costa d’Avorio, in passato gestore di un’azienda di pulizie, a Cremona è stato un giocatore di basket. Aveva il ruolo di pivot. “Mi ha aperto le porte del basket il giudice Mario Colace“, ha detto l’imputato, riferendosi al magistrato cremonese scomparso nel 2017 molto noto anche per il suo impegno nello sport, soprattutto nel basket. “Lui ha fatto tutto per me”.

L’avvocato Buondonno

All’epoca dei fatti l’imputato avrebbe percosso frequentemente la moglie, anche colpendola con la fibbia di una cintura. L’avrebbe poi insultata, umiliata, anche in presenza delle figlie. Le avrebbe sputato in faccia, obbligandola ad avere rapporti sessuali. In una occasione le avrebbe stretto il collo con violenza, colpendola con un pugno al volto mentre era in gravidanza. L’uomo avrebbe preso a schiaffi e pugni anche una delle figlie, anche lei colpita con la cintura e insultata.

“Non sei normale, sei proprio scema, ma fuori fare la p…come tra madre?”, le avrebbe detto. Un pugno al volto l’aveva preso anche l’altra figlia, a cui l’uomo avrebbe sputato in faccia. In un’altra occasione l’avrebbe strattonata per un braccio rompendole il telefono che aveva in mano.

L’avvocato Guerreschi

L’uomo è anche accusato di aver costretto la moglie  e le tre figlie a pernottare fuori dall’abitazione una notte in inverno, costringendole a dormire in auto.

Oggi l’ex atleta, assistito d’ufficio dall’avvocato Raffaella Buondonno, si è difeso, sostenendo di non aver mai alzato un dito contro la sua famiglia. “Da quando in casa nostra sono entrati i Testimoni di Geova, la nostra è diventata una casa di preghiera. Tutti i giorni erano lì, e io non l’ho più accettato. Da lì sono cominciati i problemi”. 

A suo tempo, però, nell’incidente probatorio tenutosi davanti al gip, le figlie avevano ribadito le violenze fisiche e psicologiche subite dal papà.

Dal padre scomparso, in Costa d’Avorio il 53enne ha ereditato la terra e ora lavora come agricoltore. Va e viene a Cremona dal suo paese d’origine per vedere le figlie, con cui ora ha ripreso i rapporti.

La moglie dell’imputato si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Elena Guerreschi.

La sentenza sarà emessa il prossimo 25 marzo.

Sara Pizzorni 

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