L'aggressione di piazza Roma
"Mio fratello immerso nel sangue"
“Ci spiavano dietro le montagnole. Saranno stati in sette. Ho sentito come una sensazione di pericolo”. A parlare è un 19enne marocchino, fratello del minorenne che la sera del 26 marzo del 2022 era stato brutalmente aggredito ai giardini di piazza Roma. Sotto accusa per tentato omicidio c’è un ragazzo indiano di 24 anni che avrebbe fatto parte del “commando” dei picchiatori. La vittima, oggi ventenne, è parte civile attraverso l’avvocato Cristina Pugnoli.
“Quella sera ero con amici e con mio fratello seduti su una panchina”, ha spiegato il testimone. “Saranno state le 23,30. Ad un certo punto ci siamo alzati per tornare verso casa quando li ho visti. Siamo scappati, sentivo le urla, non sapevo che stavano pestando mio fratello. Non ho visto il pestaggio, ma quando sono tornato era immerso nel sangue”. All’epoca dei fatti, il 19enne aveva parlato di persone che impugnavano armi, come bastoni, anelli e bracciali, “come se volessero usarli come tirapugni“. In ospedale, il fratello gli aveva parlato di un grosso coltello. “Me l’ha raccontato lui, io non l’ho visto”. Il testimone ha sostenuto di non conoscere l’imputato. “So da mio fratello che aveva litigato con uno di loro”.

Dopo essere svenuto, il minore si era ripreso e si era ritrovato per terra sotto la panchina. Era rimasto solo. “Ho preso la bici, ma sono caduto”, aveva raccontato in aula. “Ho poi raggiunto il negozio di kebab chiedendo di andare in bagno, ma non hanno voluto, così sono uscito e sono caduto”. Il ragazzo era stato soccorso dal personale del 118 e trasportato d’urgenza in ospedale dove era stato ricoverato nel reparto di rianimazione con un grave trauma cranico.
In aula il pm aveva mostrato al ragazzo alcune foto. Nella numero 6 aveva indicato l’imputato. “E’ lui il mio aggressore, “lo riconosco chiaramente”. Secondo quanto emerso in ospedale e anche nel corso delle indagini della polizia, il giovane sarebbe stato colpito anche con un machete. “Il machete non l’ho visto”, aveva però sostenuto la vittima. “Dopo quello che ho subito mi dimentico le cose“. Durante l’esame, la difesa gli aveva contestato ciò che aveva dichiarato il 13 aprile del 2022 in Questura, e cioè che non era riuscito a vedere nulla perchè era stato colto di sorpresa. Sul movente, il minore aveva spiegato di non aver avuto alcuno screzio con quei ragazzi. “Gli screzi con loro li ha avuti mio fratello“.
Oggi in aula ha testimoniato anche uno degli investigatori della Squadra Mobile che aveva seguito le indagini. “C’erano pochi elementi“, ha detto l’inquirente: “la zona dell’aggressione è coperta da una sola telecamera e la luce è scarsa. Una telecamera comunale mostra una ripresa, ma è da molto lontano. Grazie alle telecamere private, la polizia aveva potuto vedere la via di fuga, mentre qualche giorno dopo, il 3 aprile, si era fatto avanti uno dei ragazzi presi di mira, sostenendo che il gruppo di indiani li aveva minacciati in via Dante. La scena era stata ripresa dalle telecamere della zona. Nei video si vede un giovane accerchiato dagli indiani, seguito e minacciato. “Alcuni di quei ragazzi indiani”, ha riferito oggi il poliziotto, “erano presenti anche la sera del pestaggio in piazza Roma. Erano arrivati in via Dante a bordo di una Bmw intestata al padre dell’imputato“.
Si torna in aula il 10 febbraio per sentire altri testimoni, compreso l’eventuale esame dell’imputato, e per la sentenza.
Sara Pizzorni