Italia paese industriale? "Qualche
costo dobbiamo metterlo in conto"
Il confronto tra politici e industriali nella tavola rotonda in Fiera durante l'assemblea annuale di Confindustria Cremona
Si è parlato delle condizioni per un futuro industriale dell’Italia e della sua competitività, nella tavola rotonda moderata da Nicola Porro, che ha fatto seguito all’intervento di Maurizio Ferraroni all’assemblea generale degli Industriali, oggi in Fiera.
Lo scenario europeo, con le sue potenzialità – ma soprattutto con le sue debolezze – ha fatto da sfondo a tutti gli interventi, a cominciare da quello di Paolo Gentiloni, già primo ministro e commissario europeo. Preoccupa l’inerzia dell’Europa a guardare a nuovi mercati, ad esempio all’America Latina e “siamo fermi di fronte a quanto sta succedendo in Cina,” dove per reazione ai dazi Usa si assiste a un reindirizzamento delle merci cinesi. “L’export del Paese asiatico è crollato del 27%verso gli Usa, ma cresce dell’8% nel resto nel mondo”.
E ancora: “L’UE dovrebbe lavorare su un reset nelle proprie relazioni commerciali con la Cina”, perchè rischia di essere invasa dalle merci del paese asiatico. Occorre quindi “un meccanismo che freni l’export della sovraproduzione cinese, per provare a contrattare nuove condizioni”.
Gentiloni si è poi focalizzato sulle alcune grandi priorità per riportare al centro l’industria. “La prima è l’incorporazione dell’intelligenza artificiale, delle nuove tecnologie nel nostro sistema di imprese. Smettiamola con la lagna sul fatto che siamo indietro nell’intelligenza artificiale generativa. Siamo indietro e questo è un problema soprattutto per la nostra autonomia nazionale ed europea, ma nell’attuazione, nell’incorporazione dell’intelligenza artificiale, possiamo essere molto avanti”.
Seconda sfida: “la transizione ambientale. Ci vanno bene le cose che dice Mario Draghi? Combinare decarbonizzazione e politiche industriali? Ma attenzione, Draghi non dice che la transizione ambientale è morta, dice che la transizione ambientale resta fondamentale, perché noi non siamo il primo produttore di olio e di gas che può permettersi di andare a Londra e dire che la crisi climatica è la più grande bufala del secolo. Questo ha detto il Presidente Trump, magari lui se lo può permettere, noi no. Quindi dobbiamo stare con ragionevolezza, con flessibilità, con realismo dentro questo percorso”.
La terza questione fondamentale è quella della “manodopera e quindi dell’immigrazione legale. Vogliamo parlare di questo tema o è un tema che per ragioni ideologiche dobbiamo tenere fuori? Dobbiamo incoraggiare i flussi migratori legali nel nostro Paese”, ha detto Gentiloni, parlando poi del fatto che l’industria italiana dovrebbe “dare più importanza al nostro mercato unico europeo dove già c’è gran parte del nostro sbocco di esportazione”, aumentando però anche le condizioni per cui possa crescere il mercato interno, quindi favorendo la crescita dei salari.
Per Ferruccio de Bortoli, “il nostro Paese ha un vantaggio competitivo perché non c’è quel rancore sociale che io per esempio vedo in Francia nei confronti dell’impresa. C’è un grande rispetto dell’importanza dell’impresa perché l’impresa è anche l’impresa dei lavoratori”. Il Pd, ha aggiunto, “ha sbagliato a non appoggiare la legge sulla partecipazione dei lavoratori al capitale delle imprese, quello era un segnale perché l’impresa appartiene a tutti”.
Alla domanda se il Paese sia destinato a una graduale de-industrializzazione e il suo futuro stia solo nei servizi, “forse stiamo anche coltivando un’illusione pericolosa, che si possa per esempio in alcune zone vivere di turismo“, ha detto l’ex direttore del Corriere della Sera. “Noi siamo ancora un paese industriale, ma se tu vuoi essere un paese industriale non puoi pensare di non avere dei costi, non puoi pensare che nella transizione energetica non devi avere le pale eoliche che ti disturbano la vista. Non puoi pensare che si possa avere un’energia a prezzi più contenuti senza fare nucleare, questo tabù la sinistra se lo deve togliere”, ha aggiunto, anticipando quanto nell’ultima parte della mattinata avrebbe detto il ministro Tommaso Foti.
Parlando poi della debolezza mostrata dal Governo italiano nei confronti delle scelte di Stellantis: “Sono passate non dico inosservate ma secondo me avrebbero meritato una discussione più ampia. Se la ritirata dall’Italia di un grande gruppo industriale fosse avvenuto in un altro Paese probabilmente avrebbero pagato una sorta di exit tax“. E sulle banche: “Perché poi l’intero sistema bancario, che gode di condizioni straordinariamente favorevoli, finanzia così poco le piccole e le micro imprese?”
De Bortoli ha poi accennato alla questione Ilva: “C’è chi ha l’illusione che si possa fare a meno della proprietà dell’acciaio di base. Ne stiamo discutendo come se fosse una questione pugliese, ma con tutto il rispetto per gli amici pugliesi, il nostro Paese deve avere delle industrie. Queste possono avere dei costi ambientali? Beh, li si sopporta, e questo è un problema anche di comunicazione, di responsabilizzazione dell’opinione pubblica e forse qui ci sono state delle manchevolezze, anche da parte nostra”.
E proprio sui costi dell’energia, che in Italia costa alle industrie il 40% in più rispetto alla media, si è concentrato l’intervento del presidente degli Industriali lombardi Giuseppe Pasini. Le ragioni, si sa, stanno della (un tempo) dipendenza dal gas russo. “La Francia abbandonò il gas e andò sul nucleare, una scelta strategica di un grande Paese, che noi abbiamo eliminato come se fosse una cosa di bassa cucina. Lì hanno sbagliato tutti, la politica e un po’ anche gli imprenditori.” Il mix energetico della Spagna è un esempio vincente.
La discussione si è poi imperniata sul caso Ilva, ben noto a Pasini essendo stato presidente di Federacciai all’epoca del passaggio dallo Stato alla famiglia Riva. “La questione è stata trattata in una maniera disorientante. Al di là di alcune colpe che può aver avuto la proprietà, questa aveva investito nella parte ambientale, ma aveva acquistato l’azienda dallo Stato in una condizione veramente pessima. Quando c’era lo Stato andava bene che si inquinasse, quando è entrato un privato non andava più bene. Poi entrata a piè pari la magistratura e il Governo non ha più potuto fare nulla. Un’azienda deve trovare un contesto che l’accetta, ma ora quel contesto non c’è. Per la decarbonizzazione si parla di una spesa da 6 a 7 miliardi di euro”.
La tavola rotonda si è conclusa con la riflessione di Gentiloni sul ruolo dell’Europa: “La sfida dell’incertezza resterà un problema enorme nei prossimi anni. Il cancelliere tedesco ha detto che non siamo in guerra, ma non siamo nemmeno in pace. Da qui la Germania sta traendo una serie di conseguenze.
E’ fondamentale che in questo momento ci sia un minimo di coesione e di chiarezza a livello nazionale sul modo in cui stiamo in Europa. Noi carichiamo l’UE di enormi responsabilità e compiti, ma per come sta il bilancio europeo in questo momento, difficilmente ci potrà aiutare, sulle politiche industriali come sulla difesa comune. E allora ci vorrebbe il coraggio di riproporre il tema del finanziamento comune europeo”, quello già visto e adottato ai tempi della pandemia e che, tradotto, significa nuovi Eurobond e “un salto nell’integrazione europea. Questa dovrebbe essere un’ ossessione per chi ci governa, da concordare con altri Paesi e da mettere sul tavolo nei confronti soprattutto dei paesi più riluttanti. L’incertezza si affronta avendo le spalle larghe e l’unico soggetto che le può avere è l’Europa. Bisogna che si svegli, come è stato detto, ma che venga anche dotata dei mezzi per poter svolgere quel ruolo che tutti ci auguriamo possa svolgere“.
GB