Tentata estorsione a ex datore
di lavoro, l’imputato si difende
Seconda puntata del procedimento che vede imputato un 40enne albanese, accusato di aver cercato di estorcere una somma di 1.500 euro al suo ex datore di lavoro, un imprenditore cremonese di 34 anni, dietro minacce, botte e tentativi di costringerlo a rimettere le querele precedentemente sporte nei suoi confronti.
Molti i testimoni ascoltati durante l’udienza svoltasi martedì mattina davanti al tribunale collegiale, tra cui lo stesso imputato, che ha raccontato la propria versione dei fatti. A partire dalla sua conoscenza con la vittima, nel settembre 2022, “tramite un ex compagno di scuola che aveva già lavorato per lui”.
La conoscenza tra i due era sfociata quindi in un lavoro, che era andato avanti per due mesi e mezzo. Ma, racconta il dipendente, “lui non mi ha mai pagato neppure uno stipendio, tanto che a dicembre ho interrotto il rapporto di lavoro”.
Secondo il suo racconto, tuttavia, non ci sarebbe mai stato alcun tentativo di estorsione, nè violenze o minacce: “Si certo, gli scrivevo spesso messaggi. Eravamo amici. Gli chiedevo di ridarmi i soldi, ma non l’ho mai minacciato” ha detto, rimandando al mittente ogni accusa. Così come quelle di aver rubato all’imprenditore le attrezzature, chiudendole nel garage della sua ex: “Anche lui ne aveva le chiavi”.
Il 40enne ha ammeso uno degli episodi di violenza contestatigli: “Gli ho dato una testata sul naso. C’è stata una discussione, perché mi erano state riferite cose che avrebbe detto su di me, e preso dalla rabbia l’ho colpito”. Ha invece negato di aver mandato due suoi amici a picchiarlo: “Quella sera, anzi, mentre si stavano azzuffando sono uscito a dividerli” ha spiegato.
L’imputato ha negato anche di aver ripetutamente pedinato il 34enne (“Ci incontravamo in giro per caso”) e di aver costretto il suo ex titolare a portarlo in giro per la provincia in auto, continuando a minacciarlo: “Ci siamo visti per caso e mi ha chiesto lui di salire, perché doveva raccontarmi delle cose su una ragazza di cui ero innamorato”.
Numerosi i testimoni sentiti nel corso dell’udienza. A partire dallo psicologo che ha in cura la vittima, il quale ha raccontato che si tratta di una persona fragile e facilmente raggirabile, che si era fidato delle persone sbagliate.
Le forze dell’ordine – polizia e carabinieri – hanno raccontato in aula la vicenda del garage di via Ghinaglia, che sarebbe risultato chiuso e inaccessibile.”
Tra i testimoni, quelli che avevano visto l’evolversi del rapporto tra i due. “Sapevo che c’erano rapporti problematici” ha raccontato una barista che all’epoca dei fatti lavorava in un locale a Porta Venezia. Nel marzo 2023 li aveva visti entrambi uscire dal bar, per poi veder tornare la vittima con il volto insanguinato. “Mi ha detto che l’altro gli aveva dato una testata” ha spiegato.
“Anche gli amici della vittima hanno confermato i rapporti tesi tra i due. A loro il 40enne raccontava che veniva pedinato, minacciato e percosso. “Il mio amico era molto giù, diceva che la situazione non lo faceva dormire. Spesso si trovava le gomme dell’auto bucate, graffi sulla carrozzeria e via di seguito”.
Al banco dei testimoni è salita l’ex fidanzata dell’imputato, che a suo tempo era anche amica della vittima. A lei è toccato di chiarire, tra le altre cose, la vicenda del presunto “sequestro”: l’imprenditore avrebbe dovuto andarla a prendere per darle un passaggio al lavoro, ma non si era presentato: “L’ho chiamato ma non rispondeva. Poi mi erano arrivati dei messaggi dal suo cellulare che non sembravano scritti da lui. Messaggi che dicevano che dovevo arrangiarmi e che lui sarebbe andato a buttarsi nel Po”.
Al termine dell’udienza il processo è stato rinviato al 10 febbraio per ascoltare i testi della difesa e per la discussione finale.
Laura Bosio