Cronaca

Quel filo rosso che unisce Dosimo
alle cantine Ferrari di Trento

Le cantine Bruno Ferrari di Persico Dosimo

Una cantina tra le più rinomate del Belpaese, pluripremiata a livello nazionale e internazionale.
È la “Giulio Ferrari” di Trento, nome che nel settore vitivinicolo ed enologico italiano è diventato negli anni sinonimo e garanzia di qualità.
Un nome che ha rischiato di cambiare, trasformarsi alcuni decenni fa per fatti (divenuti storici) che coinvolgono direttamente il territorio cremonese, con le allora notissime cantine “Vini Ferrari” di Dosimo.
A svelarlo, durante un’intervista recentemente concessa al Corriere della Sera, è stata Camilla Lunelli, direttrice Comunicazione e relazione del gruppo trentino.

Per capire questo filo rosso bisogna per fare un salto indietro nel tempo, al febbraio 1967.
Siamo appunto a Dosimo, a due passi da Cremona: qui, dal 1927 opera un’azienda particolarmente attiva nel settore su tutto il territorio nazionale, fondata dal cremonese doc Bruno Ferrari e che, dal dopoguerra vende vini in tutte le parti dello Stivale.
Un’azienda che, anno dopo anno, nell’Italia del grande boom economico è in continua espansione: diverse sedi sperse da nord a sud, un migliaio di dipendenti – dei quali quasi la metà solo sul territorio cremonese – e una quotazione in Borsa.

All’epoca non vi era italiano, dotato di televisore, che non conoscesse il “vino genuino di grande qualità” targato Cremona anche grazie ad alcuni spot andati in onda negli anni ’60 su Carosello, dove tra ironia e genialità imprenditoriale, venivano elogiate le belle “colline del Dosimo” (slogan che, probabilmente, i non più giovanissimi ricordano ancora molto bene).
Poi arriva il febbraio 1967: un’inchiesta (che col senno del poi si è rilevata forse un poco torbida) travolge le Cantine Bruno Ferrari, incolpate di vendere vino contraffatto.
Uno smacco che portò alle fine dell’azienda cremonese, ma che colpì in maniera diretta anche, come detto, la “Giulio Ferrari” di Trento.

Così Camilla Lunelli sul Corriere della Sera, in un’intervista ad Alessandra Dal Monte.
“Uno dei più difficili risale al 1967. Ci fu un grande scandalo di contraffazione del vino da parte di un’azienda di Dosimo, in provincia di Cremona, che si chiamava Ferrari. All’epoca i marchi non erano tutelati come oggi. Questi vini ‘Ferrari’ – che non avevano nulla a che vedere con noi – finirono al centro di un caso giudiziario con grande eco mediatica. In famiglia ci si chiese se cambiare la ragione sociale da Ferrari a Lunelli, tanto era il discredito che ricadeva sul nome ‘Ferrari'”.
“Alla fine si scelse di mantenere il marchio – conclude -, che era già forte e sinonimo di qualità, e addirittura di aumentare la dimensione della scritta “Ferrari” in etichetta per distinguere con chiarezza Ferrari Trento dalla Ferrari di Dosimo. La storia ha dato ragione a questa scelta“.
Andrea Colla

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