Economia

Crisi suinicoltura, Coldiretti: «L’eccellenza dei nostri allevamenti non trova il giusto riconoscimento economico»

Il comparto suinicolo è a pezzi: gli allevamenti sono schiacciati da costi crescenti che vanno dai prezzi dell’alimentazione agli oneri burocratici. E’ questa l’ennesima denuncia di Coldiretti Cremona. «La qualità, la sicurezza, la bontà dei prodotti della suinicoltura italiana, in una parola l’eccellenza che nasce nei nostri allevamenti – sostiene il Direttore di Coldiretti Cremona Simone Solfanelli – non trovano il giusto riconoscimento economico. E, dato il perdurare della crisi, sappiamo bene che molte aziende sono veramente a rischio chiusura».

Un problema notevole considerando che in Lombardia gli allevamenti sono passati dai 4.341 del 2007 ai 3.530 del 2010, con una differenza negativa di oltre 800 stalle (quasi il 19 per cento) , e che , con oltre un milione di suini allevati, Cremona rappresenta insieme a Mantova e a Brescia il 73% del patrimonio regionale. «Da questi allevamenti giungono produzioni d’eccellenza, indissolubilmente legate alla nostra terra e alla nostra agricoltura. Imprese agricole e produzioni che è nostro dovere tutelare e promuovere, a difesa di un comparto che è tra i fiori all’occhiello della nostra economia».

Per questo motivo, Coldiretti ha recentemente sottoposto alla Regione Lombardia una serie di misure urgenti “salva aziende”: dalla proroga delle rate dei mutui all’abbattimento almeno parziale dei tassi di interesse sui finanziamenti, oltre a un impegno preciso a fare pressione sul Governo per l’approvazione del decreto applicativo sull’obbligo dell’indicazione di origine, considerato il fatto che nel 2010 in Italia le importazioni di animali vivi e di carni fresche, congelate e lavorare hanno sfondato il tetto dei 511 milioni di euro.

Ecco il “piano di emergenza” a tutela della suinicoltura presentato da Coldiretti alla Regione Lombardia, nell’incontro con l’Assessore regionale all’Agricoltura Giulio De Capitani.

SUINICOLTURA, LE RICHIESTE DI COLDIRETTI
ALLA REGIONE LOMBARDIA

Per accompagnare le aziende suinicole in questo momento di assoluta difficoltà, sono necessari interventi a 2 livelli:
1. interventi nel breve e brevissimo periodo, per ridare fiato e ossigeno alle imprese, permettendo loro di recuperare la liquidità persa in questi anni di crisi;
2. interventi nel medio-lungo periodo, con una politica di programmazione e ristrutturazione del comparto, per ritrovare e recuperare nella filiera il valore aggiunto ad oggi mancante.

INTERVENTI URGENTI:

a) INTERVENTO REGIONALE PER ABBATTIMENTO INTERESSI SU FINANZIAMENTI
La Regione Lombardia deve intervenire per sostenere il fabbisogno finanziario delle imprese suinicole legato alle esigenze di funzionamento aziendale tramite Finlombarda e il supporto dei Consorzi Fidi agricoli con un contributo in abbattimento di almeno due punti percentuali dei tassi di interesse praticati sui finanziamenti erogati dagli istituti di credito.

La Regione inoltre deve assumere il ruolo di “Cabina di Regia” garantendo tempi rapidissimi nell’attuazione dell’intervento.

b) SOSTEGNO AD UN ACCORDO-QUADRO NAZIONALE PER UNA MORATORIA SUI MUTUI DELLE IMPRESE SUINICOLE
E’ fondamentale che Regione Lombardia si faccia parte attiva per concretizzare gli interventi già individuati per arrivare a postergare per almeno 2-3 anni le rate dei finanziamenti in essere per le imprese suinicole, per dare loro liquidità di spesa nel breve periodo.
Nel concreto deve essere un accordo quadro con il sistema bancario, mirato alle imprese suinicole, che permetta di superare la diffusa diffidenza verso il comparto, deve prevedere interventi/prodotti bancari che portino a postergare per almeno 2-3 anni le rate dei finanziamenti in essere, sia per le aziende con posizioni in regola, sia per le aziende in bonis e deve ottimizzare le possibilità offerte da ISMEA e, nello specifico, da SGFA, che ha lo scopo di migliorare la gestione finanziaria dell’impresa agricola e di favorire un più facile accesso al credito.

c) SOSTENERE L’ORIGINE IN ETICHETTA
La Regione Lombardia deve farsi parte attiva perché venga formulato ed attivato quanto prima per la filiera suinicola il decreto applicativo della legge sull’obbligo dell’origine in etichetta.

d) REGOLAMENTAZIONE DEGLI IMPIANTI AGROENERGETICI
La Regione Lombardia deve intervenire per regolamentare la produzione di energie da fonti rinnovabili ed evitare speculazioni e azioni discorsive sul territorio (biogas con l’utilizzo di trinciato di mais e fotovoltaico a terra), che falsano il mercato degli affitti dei terreni, nonché l’approvvigionamento locale di materie prime. E’ bene promuovere gli impianti che producono energia “pulita” partendo da sottoprodotti e scarti (vedasi reflui zootecnici), ma non è accettabile incentivare impianti che utilizzano materie prime nobili e sono sovra-dimensionati rispetto all’azienda. Questi ultimi devono quanto meno essere necessariamente assoggettati ad un regime fiscale adeguato, non certo agricolo.

INTERVENTI A MEDIO-LUNGO TERMINE:

a) SOSTENERE PRESSO IL MINISTERO LA RIPRESA DI UN PIANO DI SETTORE COME STRUMENTO STRATEGICO DOTATO DI UNA ADEGUATA COPERTURA FINANZIARIA.

b) RIDURRE LA BUROCRAZIA
E’ necessario che la Regione semplifichi ulteriormente e ottimizzi i controlli e gli aspetti burocratici che appesantiscono e rallentano la gestione aziendale

c) IMPLEMENTARE IL PSR
Attivare nuove linee di credito/interventi nei PSR per agevolare gli ammodernamenti degli impianti, soprattutto alla luce delle norme per il benessere degli animali. Anche in questo caso è importante che sia prevista una “burocrazia snella”.

d) PUNTARE A UN CONTRATTO-TIPO CON PREZZO INDICIZZATO
Promuovere e coordinare la struttura di un contratto-tipo di fornitura degli animali, che garantisca i diritti e doveri di allevatori e macellatori, analogamente a ciò che accade per altre produzioni agricole (es. contratto 103 per il mais).
Tale contratto dovrebbe basarsi anche su un nuovo modello per la formazione del prezzo, costruito su basi economico-statistiche tenendo conto di diversi indici facilmente rilevabili come i prezzi degli animali e delle carni (in Italia e nei principali mercati di approvvigionamento esteri), dei costi di produzione (il CREFIS dovrebbe già avere una base di lavoro), dei costi dell’energia dei trasporti, ecc…
Si tratta di modelli già messi in atto con successo per altre produzioni-filiere in Italia (es. Inalpi) e all’estero (es. Spagna, Olanda e Danimarca).

E’ importante prevederne la regia di Regione Lombardia che potrebbe incentivare l’utilizzo del contratto-tipo quale pre-requisito per accedere ai finanziamenti pubblici (sia per le imprese agricole che per le imprese di macellazione).

e) CONTROLLARE I CONSORZI DI TUTELA
Azionare i controlli verso i vari Consorzi di Tutela per quanto le Regioni hanno in loro potere di effettuare, non per affossarli ma perché compiano quell’azione che gli è propria: tutelare veramente u n prodotto fatto secondo ferrei disciplinari.

Oggi assistiamo sempre più cosce DOP e suini italiani che con il loro nome trascinano la vendita di quelle chiamate nostrane, caserecce, nazionali e che di nostrano, casereccio nulla hanno; costano meno allo stagionatore ed anche al consumatore finale, il quale è comunque ingannato (o peggio frodato).

Ad esempio non è più accettabile che parlando di Prosciutto di Parma possano far parte del consorzio di tutela “tutte le aziende a prescindere dal quantitativo di prosciutti di Parma prodotti dalla stessa”. Così cita il nuovo statuto consortile del Parma, approvato dal Mipaf con decreto del 01.12.2004. Questo ha fatto sì che 54.000.000 di cosce estere possano essere stagionate con le 9.000.000 veramente italiane.

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