Allevatori e maiali in Piazza Affari Blitz di Coldiretti contro le speculazioni Il Ministero convoca un tavolo suinicolo
Dall’apertura della Borsa di questa mattina, martedì, ci sono i maiali a razzolare davanti a Piazza Affari a Milano, dove sono già quasi un migliaio gli allevatori della Coldiretti arrivati dalla Lombardia, dal Veneto, dall’Emilia Romagna, dal Piemonte, dalla Toscana, dalle Marche e dal Friuli per denunciare le speculazioni internazionali sulle materie prime, dall’oro al petrolio fino ai mangimi, che hanno fatto impennare i costi per l’alimentazione degli animali e messo in ginocchio migliaia di allevamenti e la vera salumeria Made in Italy. Le speculazioni su materie prime ed energia – stima la Coldiretti – sono costate in un anno almeno 300 milioni agli allevatori di maiali italiani con migliaia di aziende che hanno chiuso o stanno per farlo. Gli allevatori vogliono consegnare piccoli maiali con coccarda tricolore agli operatori della borsa perche’ dicono di non essere piu’ in grado di farli crescere anche per la concorrenza sleale dei prodotti stranieri che vengono spacciati come Made in Italy. “La speculazione è servita a tavola”, “Voi controllate le borse noi il cibo”, “Meno finanza e piu’ stalle”, “Globalizzazione senza regole tratta il cibo come i frigoriferi”, “Giu’ le mani dal Made in Italy”, “Piu’ trasparenza in borsa e al mercato” sono alcuni degli slogan urlati dai manifestanti “armati” di cartelli e colorate bandiere gialle.
MADE IN ITALY: COLDIRETTI, 3 PROSCIUTTI SU 4 DA MAIALI STRANIERI
Tre prosciutti su quattro venduti in Italia sono in realtà ottenuti da maiali allevati all’estero, ma i consumatori non lo sanno perché non è obbligatorio indicare in etichetta la provenienza. E’ quanto afferma la Coldiretti che ha portato i maiali davanti a Piazza Affari a Milano per denunciare le speculazioni sul cibo. «L’Italia – sottolinea la Coldiretti – ha importato 62 milioni di cosce di maiale destinate, con la trasformazione e la stagionatura, a diventare prosciutti “Made in Italy” con un inganno nei confronti dei consumatori e danni per i produttori che subiscono una concorrenza sleale. Anche perché – spiega la Coldiretti – mentre negli allevamenti italiani i maiali sono alimentati con prodotti di qualità sulla base di rigorosi disciplinari di produzione “Dop”, all’estero si usano spesso sottoprodotti se non addirittura sostanze illegali come è accaduto nel recente scandalo dei mangimi alla diossina prodotti in Germania e utilizzati negli allevamenti di polli e maiali».
«Sul mercato – continua la Coldiretti – è facile acquistare prosciutti contrassegnati dal tricolore, con nomi accattivanti come prosciutto nostrano o di montagna che in realtà non hanno nulla a che fare con la realtà produttiva nazionale. Una situazione favorita dall’inerzia dell’Unione Europea che dopo i recenti allarmi sanitari ha deciso di estendere con un regolamento l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della carne di maiale, al pari di quanto è stato fatto con quella bovina dopo l’emergenza mucca pazza, ad esclusione però degli alimenti trasformati come salami e prosciutti dove piu’ spesso – sostiene la Coldiretti – si nasconde l’inganno. Gli allevatori della Coldiretti chiedono che vengano emanati i provvedimenti applicativi previsti dalla legge nazionale sull’etichettatura di origine approvata all’unanimità dal Parlamento italiano all’inizio dell’anno che prevede l’obbligo di indicare l’origine per tutti gli alimenti».
CRISI: COLDIRETTI, BENE CONVOCAZIONE TAVOLO PER PIANO SUINICOLO
“È importante la convocazione per il giorno 29 luglio 2011 del tavolo suinicolo da parte del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, per la definizione delle linee attuative del piano di settore della filiera”. Lo ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nell’esprimere apprezzamento per la sollecita risposta del Ministero alle difficoltà evidenziate dagli allevatori della Coldiretti provenienti dalle diverse Regioni con la manifestazione davanti a Piazza Affari a Milano dove sono stati portati i maiali. Occorre affrontare con decisione le distorsioni della filiera che – sottolinea Marini – sono favorite nella mancanza di trasparenza sull’origine della carne di maiale e dei salumi, che danneggia allevatori e consumatori.
LE VOCI DEGLI ALLEVATORI CREMONESI
Armando Tamagni, 30 anni, di Dovera (Cremona), ha un figlio di 19 mesi. “La nostra azienda conta circa 1000 posti ad ingrasso e un centinaio di scrofe. Abbiamo 700 pertiche di terra che ci rendono autosufficienti per l’approvvigionamento di mais: questa è un’importante marcia in più, visti i costi proibitivi legati all’alimentazione degli animali. Rispetto alle spese che si sostengono per crescere i suini, i prezzi che poi ci impongono ai macelli non sono remunerativi. In questi giorni sto modificando il mio allevamento, eliminando tutte le scrofe”.
Roberto Antonioli, 61 anni, di Vescovato (Cremona): “Allevo circa 10.000 suini all’anno, comprendendo tutto il ciclo. Da tre, quattro anni non si riesce più a fare bilancio. Le strutture costano, mentre le rese sono basse. La spesa dell’alimentazione, soprattutto, è aumentato in maniera insostenibile. E poi ci sono tutte le spese che dobbiamo affrontare per gli adempimenti burocratici, per le normative cui ci dobbiamo attenere. Produciamo in base ai disciplinari del prosciutto di Parma, che sono molto rigorosi e prevedono una serie di controlli. Dopo di che il nostro prodotto, perfetto dal punto di vista della qualità e della sicurezza, si trova ad affrontare la concorrenza sleale di carne che arriva dall’estero, stagiona qui e poi spacciata per italiana, a danno sia nostro che dei consumatori”.