Gestioni trasparenti e meritocrazia per recuperare la questione morale
Dieci anni prima che nascesse Tangentopoli, Enrico Berlinguer rilasciò una famosa intervista nella quale definì i partiti macchine di potere e di clientela e nella quale dichiarò la loro occupazione dello Stato e dei centri di potere. Allora, senza dubbio le responsabilità erano ben distribuite fra partiti di governo e partiti di opposizione, mi chiedo tuttavia cosa sia rimasto di quella denuncia e della sua drammatica attualità.
Oggi quando si parla di questione morale la classe politica si ridicolizza nello smarcarsi in nome di una diversità etica e morale, nel raccontare, con palese parzialità, un paese fatto di buoni e di cattivi, non cogliendo che il vero nodo da sciogliere è la volontà vera dei singoli partiti di cambiare rotta attraverso la definizione di politiche pubbliche in grado di fornire gli anticorpi necessari per garantire democrazia, legalità e trasparenza.
La prima Repubblica si è chiusa con la ritirata dei partiti dal controllo dei grandi patrimoni statuali, crolla infatti il sistema delle partecipazioni statali, si avviano i processi di privatizzazione e si avanzano riforme volte alla valorizzazione degli enti locali.
Il problema è che nel corso degli anni ’90 il potere dei partiti si sposta e si affranca all’interno delle molteplici realtà territoriali, si moltiplicano i consigli di amministrazione, i partiti nominano i loro uomini dentro a queste realtà e il controllo democratico viene rovesciato perché spesso non sono più i consiglieri comunali a incalzare il consigliere di amministrazione di un’azienda controllata (da loro eventualmente indicato per essere nominato) ma è l’esatto opposto, a causa di asimmetrie informative, scarsa trasparenza verso l’esterno e vincoli di natura partitica.
Dentro a questi percorsi vi sono senza dubbio anche esperienze illuminate e virtuose di gestioni efficienti, ma quello che viene a mancare è un sacrosanto sistema aperto, soggetto a controllo, regole certe e trasparenza.
Sorgono pertanto piccoli monopoli e oligopoli locali di società che non accettano la concorrenza, che sostituiscono alla centralità del cittadino consumatore quella del semplice principio di maggioranza. . Si alimenta inoltre la proliferazione di società “ private “ controllate da Enti ed istituzioni pubbliche, la crescita abnorme delle consulenze, fino allo spoils system per ogni posto e funzione dirigenziale, comprese quelle più tecniche, come per esempio avviene con i primari ospedalieri.
Oggi se si vuole concretizzare la “diversità etica” anche la sinistra deve dichiarare guerra a una partitocrazia nemica della stessa legittimazione dei partiti e accettare che la riforma della politica è necessariamente collegata alla riforma della pubblica amministrazione.
Occorre tornare a riprendere una logica della presenza della mano pubblica in una cultura propria delle forze liberali, cattoliche e socialiste riformatrici, ripristinare uno Stato non ingessato dai partiti ma liberato da una buona cultura amministrativa volta a garantire legislazioni leggere, gestioni trasparenti, meritocrazia e sussidiarietà. Solo in questo modo è possibile valorizzare il ruolo e la funzione dei partiti, liberandoli da una logica spesso anche perbenista di occupazione e attrezzarli a una cultura della partecipazione e alla centralità del cittadino come vero e unico sovrano dei beni comuni e dei servizi pubblici.
Andrea Virgilio
(consigliere provinciale)