Cronaca

Acqua, è mobilitazione contro la società mista voluta dalla Provincia

E il referendum? E la mobilitazione, le raccolte firme, le petizioni? Tutto vano, almeno a giudicare dal percorso a tappe forzate avviato a Cremona per la riforma del servizio idrico. Si va infatti a ritmo serrato verso l’approvazione del modello di gestione del servizio tramite società mista (con il 40% in capo al privato), così come proposto dall’amministrazione provinciale e accolto dall’Atto, l’autorità provinciale per l’acqua.

Da giorni si susseguono prese di posizione dei partiti del centrosinistra e di singoli cittadini, come dimostrano anche i tanti commenti sul tema pubblicati su queste pagine.

Sull’argomento sono intervenuti oggi il consigliere provinciale Giuseppe Torchio, il coordinatore provinciale di Sinistra Ecologia Libertà, Gabriele Piazzoni e le Acli, segreteria provinciale. Pubblichiamo di seguito i contributi.

 

GIUSEPPE TORCHIOCome nella scorsa primavera, di fronte all’invito a non andare a votare al referendum, di nuovo rimango perplesso di fronte alla concezione della democrazia (a sovranità limitata) del presidente Salini. Egli grida al “vulnus” della democrazia di fronte a un Governo costituzionalmente ineccepibile e con ampio sostegno parlamentare (forse strumentalmente, per accattivarsi le simpatie leghiste?), e nello stesso momento si ostina a ignorare la volontà della maggioranza assoluta dei cittadini, cremonesi e di tutta Italia, che hanno detto a chiare lettere che non vogliono l’ingresso dei privati nella gestione di un bene comune, primario ed essenziale, come l’acqua.

Appartengo forse ad una politica un po’ “agée”, ma mi ostino a ritenere che la volontà popolare espressa coi referendum pochi mesi fa e su quesiti chiari, trasparenti proprio come l’acqua, debba essere la stella polare di ogni politico, legislatore o amministratore che egli sia. Invece, sono stati spesi fior di quattrini per consulenze disinvoltamente assegnate a un manipolo di soliti noti avvocati milanesi, di quello Studio Sciumé – che vanta la rappresentanza legale in Italia della multinazionale francese Suez per i settori dell’acqua, del gas e dei rifiuti – e il cui conflitto di interessi pesa dunque come un macigno su tutta la questione. Grazie a questi consigli, la Giunta ha scoperto in quale modo poter cancellare la volontà popolare. Questa scelta ostinata tradisce l’impegno e ribalta l’operato di intere generazioni di amministratori locali di ogni schieramento politico. Ma oggi succede ancora di peggio: l’Assemblea dei sindaci che martedì dovrà deliberare su questo delicato argomento si terrà a porte chiuse: cosa diranno ai loro elettori, se tradiranno il mandato popolare ricevuto? Qualsiasi escamotage è buono affinché i cittadini vengano tenuti all’oscuro, e la loro volontà calpestata nelle più segrete stanze. Domani, dopo aver cancellato sforzi virtuosi di intere generazioni di amministratori che hanno realizzato uno dei migliori sistemi di distribuzione pubblica dell’acqua, i cittadini si accorgeranno di quanto è successo quando si troveranno in bolletta consistenti rincari, com’è avvenuto ovunque i privati siano entrati nella gestione del servizio.

A questa opacità da cospiratori, preferisco l’epoca trasparente dei Consigli comunali e provinciali aperti alla cittadinanza e al contributo di quelle forze sociali – come i Comitati referendari – che si sono battute con straordinaria passione civile per conseguire un risultato di democrazia diretta.

Devo prenderne atto, e riprendere la battaglia da un altro canto: verificando cioè gli estremi per l’indizione di un referendum popolare provinciale che annulli le sciagurate decisioni in materia di privatizzazione del servizio idrico.

 

SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’Esprimiamo il nostro sdegno per la grave mancanza di rispetto della volontà dei cittadini Italiani da parte dell’Ato di Cremona che ha proposto alla Conferenza dei Sindaci dei Comuni della provincia di adottare un modello di gestione delle acque che vede l’ingresso di un partener privato al 40%. Le modalità col quale stanno conducendo questa partita Gian Pietro Denti (presidente dell’Ato), Raffaele Leni (presidente della Conferenza dei Sindaci), con la regia di Massimiliano Salini (Presidente della Provincia) è a dir poco scandalosa e molto torbida; i sindaci sono stati convocati con pochissimi giorni di preavviso per prendere atto del nuovo piano di gestione delle acque il 15 di novembre e gli è stata data una sola settimana per valutarlo e prendere una decisione che impegnerà per i prossimi 20 anni la gestione delle acque del nostro territorio consegnandole in mani private, questa tempistica, in assenza di chiare indicazioni di legge sa molto di colpo di mano.

Capiamo la necessità di Salini e dei suoi amici di Comunione e Liberazione di espandere il proprio controllo economico in Lombardia oltre il campo sanitario, nel quale stanno avendo qualche problema, ma potrebbero almeno evitare di mettere le mani su uno dei pochi settori sul quale i cittadini si sono così chiaramente espressi contro le speculazioni da parte dei privati nel referendum di giugno. Entrando nel merito del piano presentato è doveroso sottolineare che la limitazione dell’aumento delle tariffe al “solo” quasi raddoppio non è in alcun modo garantito, dato che la legge prevede la revisione triennale del Piano medesimo, revisione durante la quale tutto può essere ridiscusso, investimenti e tariffe in primis. Sinistra Ecologia Libertà si opporrà in ogni modo a questo scempio.

 

ACLI – Con una tempistica del tutto inattesa, l’Ufficio d’Ambito della provincia di Cremona, guidato dal presidente Salini, insiste nel tentativo di imporre la privatizzazione del Servizio Idrico Integrato, cioè della gestione delle acque. Non sono bastati gli esiti dei referendum e una legge regionale lombarda da modificare di conseguenza e sottoposta a giudizio di incostituzionalità.

Quindi, mentre il neo-presidente del consiglio Mario Monti dichiara che con la sua azione di governo intende contribuire a “riconciliare i cittadini alle istituzioni e alla politica”, il 22 novembre 2011 i sindaci della provincia di Cremona saranno chiamati a tradire la decisione che la maggioranza assoluta dei loro amministrati ha espresso col voto referendario del 12 e 13 giugno.

E’ evidente che il combinato dei due sì per l’acqua bene comune lascia aperta la sola possibilità di una gestione interamente pubblica, che fornisca il servizio migliore a tutti al minor costo.

In che modo il socio privato otterrà i suoi profitti, dato che non potrà prelevarli dalle nostre bollette (2° quesito referendario)? Tagliando sul costo dei lavoratori del servizio idrico, come già ipotizzato rispondendo all’assemblea dei sindaci del 15 novembre?

Con ingiustificabile fretta, martedì prossimo i sindaci saranno chiamati a votare su un Piano d’Ambito completamente nuovo: tariffa, investimenti, forma gestionale; ma in pochi giorni non saranno certo in grado di valutare nel merito le centinaia di pagine che sono state sottoposte loro, né tanto meno di confrontarsi coi consigli comunali su decisioni tanto importanti.

Quindi non c’è da stupirsi se la prossima assemblea dei sindaci, quella decisiva, si svolgerà a porte chiuse: cittadini e istituzioni non si riconcilieranno certo se la politica procede con queste modalità.

Le ACLI provinciali ritengono essenziale il coinvolgimento e il confronto più ampio e aperto possibile su tematiche così importanti e, all’interno del Comitato Acqua Pubblica cui rinnovano l’adesione, continueranno a contrastare la privatizzazione del bene comune acqua, perché i risultati referendari siano pienamente attuati. Questa è una questione di democrazia.

 

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