Cronaca

Primo Natale del dopoguerra senza nessun cinema aperto in centro Rimane spenta anche la sala del Filo

E’ il primo Natale dal dopoguerra senza nessun cinema aperto in centro città. Dopo le chiusure dei locali storici (Tognazzi, Corso, Italia, Politeama, Padus), rimane spenta anche la macchina del cinema del Filodrammatici. Carlo Nolli, il gestore della sala, non ha infatti provveduto alla firma del rinnovo della convenzione con il Circolo Filodrammatici. Il presidente del Circolo Giorgio Mantovani attende da tempo dal Comune di Cremona 41mila euro per l’affitto di 100 serate nel piccolo storico teatro cittadino. A tutt’oggi l’impegno da parte del Comune non è stato ancora sottoscritto e quindi Mantovani non ha potuto sottoporre la nuova convenzione per il cinema a Nolli. Quindi, a meno di miracoli, a Natale la sala resterà desolatamente vuota.
In città la bandiera del cinema resta nelle mani di Giorgio Brugnoli e del suo Chaplin nell’area Lucchini oppure alla multisala del CremonaPo. Il Cinema Tognazzi di via Verdi, infatti, ormai non riaprirà mai più. Ancora incerto il futuro dell’immobile ma, tramontata l’idea del parcheggio (troppo caro realizzare box nella struttura), a restare in piedi è la sola ipotesi commerciale. Così, dopo gli addii al Supercinema di via Palestro, al Corso di via Antico Rodano, al Politeama di via Battisti, al Padus di via Del Vasto, al Cinema Italia di via Anguissola e proprio al Tognazzi di via Verdi, cittadini e appassionati di cinema (tanti insegnanti, pensionati e librai) hanno dato il via giorni fa ad una raccolta di firme per tenere in vita almeno due sale cittadine: il Chaplin e lo stesso Filo. L’iniziativa dal titolo ‘Apriti Cinema’ (vai alla pagina Facebook) che verrà portata all’attenzione del sindaco ha già raccolto più di mille e cinquecento adesioni da parte di altrettante persone che – anche economicamente – vogliono partecipare affinché il Cinema d’autore non scompaia dalla città. Basterà questo a riaccendere il grande schermo nel cuore di Cremona?

Il Filo fu uno dei primi teatri allestiti in città: voluto nel 1670 dalla famiglia dei marchesi Ariberti, era destinato ad un utilizzo privato con passaggio sopraelevato, ancor oggi visibile a sud est, che lo collegava al palazzo residenziale. Trasformato in oratorio religioso dai padri Filippini, rimase aperto al culto fino al 1798. Successivamente l’architetto Faustino Rodi lo riportò alla sua originale funzione di teatro con fruizione pubblica nella forma architettonica ancora oggi visibile, ultimata nel 1807.

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