Diga sull'Adda, conto alla rovescia tra i timori per quel muro d'acqua
Conto alla rovescia per la diga sulle due sponde dell’Adda a Castelnuovo, fra Lodi e Cremona. Entro sabato 8 giugno – spiegano la Coldiretti di Milano Lodi e Monza e la Coldiretti di Cremona – la società Vis dovrà presentare alla Provincia di Lodi le controdeduzioni alle osservazioni presentate in particolare dai tecnici della Coldiretti, dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Cremona e dalla stessa Provincia di Cremona. La centrale prevede uno sbarramento alto 3 metri, un invaso lungo 14 chilometri con un “muro d’acqua” di 3 milioni di metri cubi, un costo di 19 milioni di euro per una produzione stimata di 20 mila Megawatt/ora all’anno.
Tre le domande ancora senza risposta sul progetto: In caso di piena o di eventi eccezionali come quelli che si sono verificati negli ultimi mesi, che riflessi ci sono sulla tenuta delle sponde, sulla sicurezza delle popolazioni, sulle falde, sull’agibilità dei terreni? Quale è l’impatto ambientale di un invaso che interesserà una vasta area del Parco Adda Sud? In caso di siccità a chi va l’acqua: al territorio per l’irrigazione o al privato per produrre energia?
L’autorizzazione per la concessione a uso privato delle acque pubbliche dell’Adda deve essere firmata dalla Provincia di Lodi guidata oggi da un commissario, l’ex vice presidente Cristiano De Vecchi, che sta aspettando le risposte della Vis. Intanto ieri la Provincia di Cremona, con l’assessore all’ambiente Gianluca Pinotti, ha riunito nella sua sede i rappresentanti delle associazioni agricole, dei comuni interessati (Crotta, Pizzighettone, Castelnuovo e Maleo) e del Parco Adda Sud per fare il punto della situazione con gli onorevoli Luciano Pizzetti del Pd e Franco Bordo di Sel.
“Non è una questione di schieramenti – spiega Carlo Franciosi, Presidente della Coldiretti di Milano Lodi e Monza Brianza – ma di buon senso e di tutela dei territori e delle popolazioni”. Ieri mattina, durante la riunione con la Provincia di Cremona, il comune di Crotta d’Adda ha segnalato che a causa delle piene di questi giorni è crollata una sezione delle difese spondali che proteggono le case e che la Regione ha detto di ripristinarle subito per ragioni di sicurezza: “Ma se è successo tutto questo con qualche giorno di piena – hanno detto i rappresentanti del Comune – figuriamoci cosa accadrebbe con un bacino di 3 milioni di metri cubi per 365 giorni all’anno”.
Secondo Pizzetti è necessario, attraverso gli assessorati all’Agricoltura e all’Ambiente della Regione Lombardia, intervenire sul Ministero delle Infrastrutture, fra l’altro guidato dal lombardo Maurizio Lupi, per una ulteriore valutazione dell’opera e del suo impatto sull’area cremonese e lodigiana. “Non stiamo parlando di una briglia più o meno naturale alta qualche decina di centimetri – conclude Franciosi – ma di uno sbarramento di 3 metri che intercetta il corso del fiume in un’epoca in cui i cambiamenti climatici stanno stravolgendo tutte le previsioni sulla quantità e sull’intensità delle precipitazioni nelle nostre zone, come hanno dimostrato gli eventi degli ultimi mesi”.
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