Cronaca

Quando Giuseppe Verdi suonò l'organo della chiesa di S. Agata

La sera del 2 febbraio 1959 il parroco di S.Agata, monsignor Guido Astori, fece un balzo sulla seggiola della cucina dove, seduto per la cena, ascoltava il giornale radio: stavano trasmettendo l’intervista di un prete, tale Beniamino Bianchi, che festeggiava i 70 anni di sacerdozio.

Don Bianchi con collaboratori di Pieris

Ciò che lo fece sussultare furono le parole di quest’anziano prete che ricordava all’intervistatore la sua origine cremonese – era nato a Casalsigone -, l’essere stato ordinato sacerdote nella Cattedrale di Cremona il 2 febbraio 1889 dal Vescovo Geremia Bonomelli e l’aver celebrato la sua prima Messa nella chiesa di S.Agata la mattina del 3, con accompagnamento all’organo del maestro Giuseppe Verdi.

Quella notte monsignor Astori faticò nel prendere sonno pensando e ripensando alle cose apprese dalla radio; tra l’altro recentemente un altro momento radiofonico importante c’era stato quando il giornalista e scrittore Corrado Stajano, parrocchiano di S.Agata, aveva dedicato una trasmissione a Casa Tinti: erano tempi nei quali c’era ancora chi credeva che anche la cronaca bianca facesse notizia.

Il mattino, era un martedì della novena di S.Agata, subito dopo aver celebrato la Messa, e ancor prima di colazione, il parroco si recò in archivio per consultare il registro delle firme riferito a quel lontano 1889 e con piacere lesse quella di don Beniamino Bianchi.

La soddisfazione di Monsignore si riversò immediatamente, con un articolo entusiasta, sul numero che stava per andare in stampa del periodico parrocchiale, “la Squilla di S.Agata”, il giornale che aveva rappresentato un forte legame con i parrocchiani nei precedenti 19 anni, compresi quelli drammatici della guerra.

L’entusiasmo del parroco era tutto per la notizia sulla presenza nella sua chiesa del Maestro, ormai al massimo della fama e benemerito per il nuovo ospedale che solo tre mesi prima aveva donato al paese di Villanova D’Arda, e non prestò molta attenzione alla storia di don Beniamino: eppure se avesse potuto conoscerla, sarebbe rimasto colpito per diverse analogie con la propria storia di cappellano degli alpini durante la prima guerra mondiale.

Mons. Astori trovò ben chiara la firma del novello prete il 5 febbraio per la messa solenne delle 11 nel giorno di S.Agata mentre per domenica 3, forse per l’emozione, don Beniamino non aveva firmato: i registri esistono ancora in archivio e li abbiamo potuti consultare.

Su “La Squilla di S.Agata” ci sono alcune notizie che non abbiamo ritrovato in altra documentazione; vi è scritto che don Bianchi “celebrò la sua Prima Messa nella nostra chiesa parrocchiale con l’assistenza anche di un certo Milesi Antonio, bresciano di Rovato (ordinato contemporaneamente suddiacono a Cremona) grazie al quale, per rapporti di viva amicizia con l’immortale maestro e compositore di Busseto, Giuseppe Verdi, ebbe la fortuna di offrire le sue primizie sacerdotali sulle ali di armonie, che il grande artista sprigionò dal suo animo all’organo della nostra chiesa”.

 

Beniamino Bianchi da Casalsigone.

Registro firme 1889

Beniamino, nato nel 1866 a Casalsigone, a 13 anni era entrato nel Seminario di Cremona, nella nuova sede fatta costruire dal Vescovo Geremia Bonomelli.

La scheda personale descrive un regolare percorso di studio e formazione con un’accelerazione finale e un rapido passaggio al Diaconato ed al Presbiteriato all’inizio del 1889; un particolare interessante, indicato sempre nei documenti fino alla tonsura come originario di Casalsigone, è che dal momento dell’ostiariato e del lettorato sarà presentato come cremonese della parrocchia (vicinia) di S.Agata e questo spiegherebbe la sua prima messa nella chiesa dedicata alla santa catanese.

Così il 10 gennaio di quel 1889 il chierico Beniamino Bianchi indirizzò supplica al Vescovo per essere “promosso all’ordine Maggiore del Diaconato” e il 20 gennaio fu consacrato “extra tempora” Suddiacono Ordinario; il 22 gennaio Papa Leone XIII emise un Breve Papale che valutava come Bianchi Beniamino potesse essere ammesso all’ordine presbiteriale in deroga ai vincoli di età stabiliti dal diritto canonico.

Restiamo stupiti per la velocità dei passaggi, anche postali, nella trasmissione dei documenti con Roma (un amico sacerdote, con malizia, ci ricorda che allora usavano i cavalli); così il vescovo Geremia Bonomelli ordinò nella Cattedrale di Cremona, ancora “extra tempora”, il suddiacono Beniamino Bianchi come presbitero, assieme a Mariani G.Battista di Soresina, ambedue con dispensa papale, il 2 febbraio 1889.

 

Don Beniamino prete.

Come già detto, l’inizio come presbitero nella chiesa di S.Agata è segnato dalla prima messa di domenica 3 febbraio e dalla messa solenne del 5, festa patronale, alle ore 11.

Ricordando che allora non erano ammesse ancora le messe vespertine, che veniva prescritto il digiuno dalla mezzanotte e, ancora di più, che i sacerdoti non potevano concelebrare, è interessante segnalare la sequenza delle messe nella chiesa di S.Agata nel giorno della festa: dalle 4 e mezza del mattino a mezzogiorno, il 5 febbraio 1889 vi furono celebrate ben 22 messe, sicuramente anche da sacerdoti esterni che chiedevano di poterlo fare in onore della Santa nella chiesa cittadina considerata da sempre la seconda come importanza dopo la Cattedrale.

Le mansioni in diocesi di Cremona di don Beniamino, che nei primi tre anni sostenne gli esami previsti dal vecchio Codice di Diritto Canonico per la verifica sulla preparazione ai vari gradi di Confessore, lo portarono ad essere subito Curato di S.Bassano Cremonese; poi Vicario Parrocchiale in S.Siro e Sepolcro di Cremona e di seguito Amministratore Parrocchiale a Pieve S.Maurizio, Pro-Parroco a S.Martino in Beliseto ed Economo Spirituale della stessa parrocchia, per concludere la sua esperienza cremonese come Vicario Coadiutore Parrocchiale a Paderno Cremonese.

L’8 dicembre 1902 si trasferirà a Pieris come Vicario, dopo aver ottenuta l’ammissione nell’Arcidiocesi di Gorizia, passaggio richiesto per ragioni famigliari (la madre era originaria di Sagrado in pieno territorio isontino) come indicato nei documenti goriziani; nel Kalendarium Sanctae Cremonensis Ecclesiae, il trasferimento di don Beniamino Bianchi sarà sbrigativamente liquidato con questa formula: “si è ritirato in Gorizia presso i suoi parenti”.

 

Don Beniamino e la prima guerra mondiale.

Le precise notizie fornite dall’Archivio dell’Arcidiocesi d Gorizia e quelle preziose e ben presentate dal giornalista, politico e attento storico isontino, Camillo Medeot, permettono di conoscere alcuni aspetti della vita di questo sacerdote cremonese.

Già dal suo arrivo a Pieris “si prodigò con sereno fervore nel suo ministero” e “nel clima conformistico allora imperante tra il clero del Friuli Orientale, seppe conservare intatto il suo schietto sentimento d’italianità”: così scriverà il Medeot in “Storie di preti isontini internati nel 1915” – Ed. Centro studi Rizzatti – 1969.

Del primo periodo abbiamo una bella fotografia che lo ritrae fra i collaboratori della “Società Agricolo-Operaia Cattolica” che aveva costituito nel territorio della sua parrocchia di Pieris; ma sappiamo anche del suo impegno diretto nella creazione di una “Società di mutua assicurazione del bestiame bovino” e soprattutto nel “Consorzio rurale di acquisto e smercio”, tutte iniziative che promossero l’ascesa di cattolici nell’amministrazione pubblica del territorio.

E’ certo che il suo marcato sentimento d’italianità dovette inserirsi nel territorio isontino con una Chiesa governata dal 1906 al 1931 dall’arcivescovo Francesco Borgia Sedej, sloveno di formazione Asburgica, considerato principe della Contea di Gorizia e Gradisca, importante per essere l’unica apertura verso il mare, e con la maggioranza dei sacerdoti del territorio più o meno dichiaratamente favorevoli all’Austria.

Così don Beniamino venne a trovarsi in mezzo alle comprensibili difficoltà e ai pericoli di un territorio posto nel mezzo del conflitto armato.

Le autorità austriache erano informate di questo suo sentimento favorevole agli irredentisti italiani: all’approssimarsi delle ostilità, si affrettarono a trasferirlo a Wagna in uno dei loro “Barackenlager”.

D’altra parte le autorità militari italiane sentirono che la maggioranza del clero isontino era schierata in difesa della propria identità culturale, assediata e negata dal nuovo potere, per cui internarono in Italia molto del clero accusato di una predicazione antitaliana e persino di “spionaggio” realizzato, secondo le accuse, col suono delle campane in un codice che indicava i movimenti delle truppe.

 

Don Beniamino Bianchi confinato in Austria.

Don Bianchi

Il confino austriaco di don Beniamino fu abbastanza blando e, per intervento dell’importante monsignor Faidutti, ottenne ben presto un incarico pastorale all’interno dell’accampamento di Wagna.

Un certo don Falzari, anche lui ospite per qualche tempo di quel famoso “Barackenlager”, afferma che don Bianchi fu nominato rettore di una chiesa lasciata dai galiziani e divenne assistente dei profughi (26.000) e addetto all’ospedale dei tubercolotici.

Da altre testimonianze emerge che don Beniamino aveva la capacità di arrangiarsi molto bene anche con traffici più o meno leciti: riuscì sempre a rifornire gli amici di tabacco e sigari ottenuti a Graz in cambio di altri prodotti.

Nell’ambiente rimase famoso il fatto che fosse riuscito ad ottenere, da un sergente italiano prigioniero che lavorava in una fabbrica d’armi, una ventina di chili di zolfo per i Cappuccini di Schwanberg che ne avevano bisogno come anticrittogamico per le loro viti: un atto a rischio fucilazione immediata.

Per questa sua capacità “commerciale” gli internati lo avevano soprannominato “l’ebreo di Cremona” e lo ricordavano come grande fumatore di toscani e ciclista veramente in gamba.

Col ritorno alla normalità don Beniamino fu nominato Curato ad Isola Morosini, dove rimase dal 1 marzo 1921 al 31 dicembre 1937 quando andò in pensione.

Nonostante la quiescienza, continuò ad essere impegnato dalla diocesi di Gorizia come vicario a S.Martino del Carso per oltre un anno, poi parroco a Doberdò del Lago e infine vicario in Nogaredo al Torre nel pieno della seconda guerra mondiale.

Dopo quest’ultimo incarico si ritirò a vita privata a Cervignano e qui, in occasione del suo 70° di sacerdozio, fu intervistato da un inviato della Rai al quale narrò interessanti episodi della sua lunga vita, caratterizzata da una straordinaria robustezza fisica e da un tenore di vita estremamente frugale.

Ricordò soprattutto, e con intensa partecipazione, le sue origini cremonesi e la straordinaria prima messa nella chiesa di S.Agata, con Giuseppe Verdi come organista.

Raccontò anche, come ha scritto Camillo Medeot, che aveva avuto la fortuna in giovane età di conoscere personalmente Garibaldi, Manzoni, Pio X e Don Bosco al quale da ragazzetto aveva servito messa.

Il 21 gennaio del 1960, vicino al traguardo dei 94 anni, decedeva presso i Fatebenefratelli di Gorizia don Beniamino Bianchi lasciando tanti ricordi della sua vita e tante curiosità da esplorare.

Giorgio Bonali

Registro Messe 5 febbraio 1889

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