Cronaca

'Truffati per le monete antiche', a processo commercialista e orefice

Deve rispondere dell’accusa di truffa aggravata, la commercialista cremonese Pierangela Stifanelli, finita a processo per aver raggirato due fratelli di Busseto che si erano rivolti a lei per una vendita di monete antiche. Secondo la procura, quelle monete valevano 120.000 euro, denaro che però le due vittime non hanno mai visto, se non 9.500 euro consegnati in contanti in una busta in un bar di Cremona. I fatti contestati risalgono al 2009, quando l’imputata aveva lo studio in via Giordano.

“In quell’anno l’attività aveva vari problemi”, ha detto oggi in aula l’ex impiega della commercialista alla quale un giorno la Stifanelli aveva consegnato più di 5.000 euro per pagare le bollette dell’ufficio e di casa, soldi che secondo l’ex impiegata non risultavano dai conti dello studio. Davanti al giudice Christian Colombo, l’ex dipendente ha riportato le parole che all’epoca la Stifanelli le aveva riferito: ‘Questi soldi me li ha mandati il Signore’. ‘Quale signore ?’, le ha chiesto il giudice. “Il Signore, Gesù”, ha risposto la testimone, che ha detto di aver capito subito, dopo averci pensato una notte, che quel denaro apparteneva ai due fratelli figli di orafi. “La signora me ne aveva parlato, mi aveva detto che avevano delle sterline d’oro del valore di 140/170.000 euro e che era andata a casa loro a ritirare le monete”. “Facendo i conti”, ha aggiunto l’ex dipendente, che nello studio, dal 2006 al 2012, si occupava di tutto, dai rapporti con le banche alla fatturazione, “c’erano 24.000 euro che non tornavano. Erano biglietti da 500 euro nuovi, intonsi”.

A processo con la Stifanelli, difesa dall’avvocato Vito Castelli, c’è anche Ivan Bodini, di professione orafo, assistito dagli avvocati Annamaria Petralito e Paola Gerola. I due imputati sono accusati di aver “vantato conoscenze tecniche nella valutazione delle monete e di aver proceduto alla loro rivendita”, raggirando i due fratelli, “facendosi consegnare la collezione, non restituendo loro né le monete, né il relativo prezzo, procurandosi un ingiusto profitto”.

Nel 2009 la Stifanelli era la commercialista di Paolo, proprietario, con la sorella Piera, delle antiche sterline. Alla professionista, i due avevano chiesto aiuto per vendere la loro collezione. A quel punto la commercialista aveva contattato un suo amico, Davide, promotore finanziario, che a sua volta aveva telefonato all’orafo Ivan Bodini, di Piadena.

Il 9 luglio c’era stato un incontro a casa dei due fratelli. “Tenevo le monete in una scatola di scarpe”, ha detto oggi in aula Piera, che ha riferito che Bodini le era stato presentato come un esperto in numismatica. “E’ stato lui a dirci che doveva prendere le monete per una valutazione, e io gliele ho date in buona fede. Poi la Stifanelli ha preso la scatola e l’ha messa nella sua borsa. Alla vendita, questi signori ci hanno detto che si sarebbero tenuti il 5% del guadagno. Durante l’incontro è stata anche firmata una distinta con l’elenco delle monete”. “Dopo 15 giorni”, ha continuato Piera, “ho provato a contattare la Stifanelli, ma non mi rispondeva. Era luglio, periodo di ferie, e quindi non ho insistito, anche se era lei il nostro unico punto di riferimento. Poi l’ha contattata mio fratello e si sono messi d’accordo di vedersi in un bar di Cremona. In quell’occasione la commercialista gli ha dato una busta con 9.500 euro in contanti. Abbiamo dedotto si fosse già trattenuta il 5%. Poi ha cominciato a non risponderci più”.

“Le monete erano custodite in più scatole”, ha invece riferito Paolo, che ha confermato di aver preso quei 9.500 euro in contanti. A suo dire, però, era denaro consegnato “per la prima tranche della vendita delle monete”. Nella sua testimonianza sull’incontro del 9 luglio, Paolo ha riferito che l’accordo era quello di “venderle in più lotti o di trovare un acquirente e venderle tutte in un’unica soluzione”.

Infine la testimonianza di Davide, promotore finanziario di Martignana Po. “Sono stato contattato dalla Stifanelli”, ha raccontato, “siamo amici da tanti anni. Mi ha chiesto se sapevo di qualche esperto di monete, così ho contattato un orefice che conoscevo. Ho poi saputo che le monete erano state vendute a 70.000 euro. 10.000 euro a testa li abbiamo tenuti per noi, mentre la Stifanelli avrebbe dovuto consegnare i restanti 40.000 ai due fratelli”. Soldi tutti in contanti. “Non ha chiesto spiegazioni per aver ricevuto una somma così ingente in contanti?”, gli ha chiesto il giudice. “No”, è stata la risposta del testimone.

L’udienza è stata aggiornata al prossimo primo dicembre per sentire la Stifanelli e altri testi. Prevista anche la sentenza. Nel processo, i due fratelli si sono costituiti parte civile.

Sara Pizzorni

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