Caso Sapienza, l’anestesista si difende. 'Ho fatto la mia parte, intubazione normale'
Si è presentato in aula per raccontare la sua verità, l'anestesista Valerio Schinetti, a processo per omicidio colposo per la morte di Riccardo Sapienza. Tra i testimoni, anche il medico legale Margherita Fornaciari: “Ancora oggi faccio fatica a capire cosa sia successo”.
Si è presentato per la prima volta in aula per raccontare la sua verità, l’anestesista dell’ospedale di Manerbio Valerio Schinetti, 55 anni, finito a processo per omicidio colposo per la morte di Riccardo Sapienza, il 20enne cremonese morto il 23 luglio del 2013 in ospedale a Cremona poco prima di essere sottoposto ad un intervento di pneumotorace spontaneo. Il medico, che all’epoca era in servizio a Cremona in forza di una convenzione tra i due ospedali, e’ accusato di aver effettuato un errore nella manovra di intubazione, causando la lacerazione della trachea. Secondo la difesa, invece, la morte potrebbe essere stata causata da una bolla polmonare dovuta ad una malformazione congenita.
Dopo la drammatica testimonianza dei genitori e della sorella maggiore della vittima, sentiti la scorsa udienza, oggi davanti al giudice Christian Colombo, l’imputato, assistito dall’avvocato Stefano Forzani, si è difeso, riportando la sua versione dei fatti e sostenendo di aver fatto la sua parte. Per Schinetti, “la sequenza delle procedure di intubazione è stata assolutamente normale”.
L’anestesista ha spiegato che Riccardo era in fase di preparazione per essere sottoposto all’operazione e che il paziente, dopo essere stato intubato, era stato ruotato sul fianco destro alla presenza dello stesso anestesista, della nurse e del chirurgo che doveva operare. “Una volta ruotato”, ha raccontato l’imputato, “ho rivalutato il paziente con l’ausculto e poi ho terminato la prima fase. Non ho più controllato il tubo perché non avevo alcun motivo di pensare che si fosse sposizionato”.
Mentre le strumentiste e il chirurgo erano impegnati a preparare il campo operatorio, Schinetti, che è anche accusato di essere uscito dalla sala operatoria dopo aver intubato il paziente, ha avvisato la nurse che sarebbe andato a prendere il diario anestesiologico per scrivere quello che aveva fatto sino a quel momento. Dove era il diario ? “Era appena fuori la sala operatoria, sul lettino dove c’era la cartella. “Saranno stati due passi dalla testa del paziente alla porta”, ha spiegato Schinetti, che impiegherà un minuto e venti secondi per compilare il diario nella Pacu, l’area dove si svegliano i pazienti dopo l’intervento. “7 passi dalla sala operatoria”, ha calcolato l’anestesista, che ha detto di essere andato nella Pacu “perché in sala operatoria non c’era una superficie sulla quale appoggiarmi per scrivere”.
Mentre l’anestesista compilava il diario, la situazione stava precipitando. Era già suonato l’allarme. “Nel rientrare ho sentito gli allarmi”, ha ricordato l’imputato. “Sulla porta ho trovato l’infermiera e lì ho trovato Danelli (il primario di Rianimazione) e siamo entrati insieme. Mi sono messo alla testa del paziente e l’ho ventilato. Ho notato un certo enfisema sottocutaneo al collo”. Riccardo era in arresto cardiaco. Era stato quindi messo supino ed erano cominciate le manovre di rianimazione gestite e coordinate dal primario Danelli. “Io sicuramente ho ventilato il paziente”, ha ribadito l’anestesista. Immediatamente il chirurgo ha drenato il polmone sinistro, e non è uscita aria, e subito dopo quello destro dal quale è invece uscita aria. Si pensava che il problema fosse risolto. E invece no. “Siccome i drenaggi non avevano risolto il problema”, ha continuato Schinetti, “si è pensato ad una raccolta d’aria che comprimeva il cuore, tanto che Danelli ha chiamato il cardiologo. Io ho ventilato fino a quando il cardiologo ha fatto la prima ecografia. Poi un collega mi ha dato il cambio”.
E’ questo il momento in cui l’anestesista capisce che ormai non c’è più nulla da fare. “E’ una situazione che sicuramente mi ha turbato, ero ovviamente scosso, ma ero appena dietro la testa del paziente perché ero interessato a vedere come andavano le cose”. Riccardo sarà rianimato inutilmente per tre lunghe e concitate ore. Poi sarà trasferito in Rianimazione dove verrà data la drammatica notizia alla sua famiglia. Papà Salvatore e mamma Annalisa che oggi, al termine dell’esame dell’imputato, lo hanno applaudito in aula. Un applauso provocatorio nei confronti dell’anestesista che i familiari di Riccardo non avevano mai visto in volto.
Ha poi testimoniato la responsabile del servizio di medicina legale dell’ospedale di Cremona Margherita Fornaciari, che per conto dell’ospedale è anche “risk manager”, con il compito, cioè, di gestire i rischi per le strutture sanitarie, controllando le attività e monitorando gli incidenti per migliorare la sicurezza e la qualità delle prestazioni. In sede di autopsia, la Fornaciari si era limitata a scattare fotografie per conto dell’ospedale che aveva aperto un’indagine interna parallela a quella della procura, in quel momento ancora contro ignoti. “Ancora oggi faccio fatica a capire cosa sia successo”, ha detto il medico legale, che è stata chiamata a testimoniare dalla difesa Schinetti. Con la memoria, la teste è poi tornata a quella mattina del 23 luglio, quando era stata chiamata dal primario di Rianimazione Giorgio Danelli. In quel momento la Fornaciari era anche vice direttore medico del presidio. “Mi hanno raccontato ciò che era successo”, ha spiegato il medico legale. “In ospedale c’erano i genitori del paziente. Erano agitati. L’arrivo dell’avvocato Gabriele Fornasari li ha calmati, e nel frattempo Danelli mi ha detto che le cose non andavano bene. Ho telefonato al direttore sanitario e per motivi organizzativi si è deciso di spostare il paziente in terapia intensiva, pur continuando con le manovre rianimatorie. Poi è stato dichiarato il decesso, così ho chiesto una consulenza psichiatrica. In Psichiatria mi hanno consigliato di chiamare la psicologa. Alla famiglia ho detto che per noi si trattava di una morte da evento avverso e che avremmo provveduto noi alla denuncia all’autorità giudiziaria”. Nel pomeriggio la Fornaciari aveva convocato una riunione alla quale avevano partecipato lo stesso Schinetti, il primario Danelli, il direttore sanitario, il chirurgo Fumagalli e i tre cardiologi Verde, Garini e Pedroni. Scopo della riunione, quella di scrivere la relazione da mandare in procura e di ricostruire gli eventi da mettere in cartella. “Non si era capito bene cosa fosse successo”, ha detto la testimone, aggiungendo che erano state fatte diverse ipotesi. Trattandosi poi di un “evento sentinella”, e cioè un evento grave, era stata trasmessa una relazione al ministero, una disposizione obbligatoria dal 2010 per tutti gli ospedali. Dalla testimonianza della Fornaciari è anche emerso che non c’era la firma sul modulo precompilato del consenso all’anestesia. C’era però un sì nella check list. “Un’incongruenza”, ha dichiarato il medico legale.
Infine la testimonianza di Gabriele Rozzi, il radiologo che aveva letto la radiografia effettuata in sala operatoria al torace di Riccardo dal tecnico nei momenti concitati in cui si stava disperatamente tentando di salvare la vita al paziente. “Ho visto che c’era un accumulo di aria anomalo e un probabile enfisema mediastinico”, ha spiegato il radiologo, che quindi la mattina del 23 luglio aveva rilevato nella parte media del torace del ragazzo presenza di aria. In medicina ciò si verifica ad esempio per una perforazione della trachea. “Chi si vede arrivare un referto così”, ha detto Rozzi, “drizza le antenne”.
La prossima udienza è stata fissata al prossimo 20 giugno.
Sara Pizzorni