Lettere

Sinistre ombre
all’orizzonte
per la Pace

da Benito Fiori (circolo Ambientescienze)

Sabato 27 maggio 2017, chiusura dell’incontro del “G7” a Taormina con una dichiarazione finale in cui si leggeva apertamente il suo fallimento politico: «Gli Usa sono nel processo di revisione delle loro politiche sul cambiamento climatico e sull’Accordo di Parigi e non sono nelle condizioni di unirsi su questo. Prendendone atto, i leader di Canada, Italia, Francia, Germania, Gb , Giappone riaffermano il loro forte impegno per una rapida applicazione dell’Accordo di Parigi». Accordo, va ricordato, che all’articolo 2 fissa come obiettivo il contenimento dell’aumento medio della temperatura globale «ben al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali», con l’impegno ambiziosissimo richiesto e ottenuto dai Paesi dell’high ambition coalition (Ue, Usa , Canada, Australia e molti  Paesi in via di sviluppo e meno sviluppati) di “portare avanti sforzi per limitare l’aumento di temperatura a 1,5 gradi”.

Domenica 28 maggio 2017, meno di 24 ore dopo, le agenzie di stampa hanno battuto due notizie  decisamente importanti su Donald Trump: quella del suo twitter in cui si legge un giudizio sul suo tour politico europeo che, se non riguardasse cose estremamente serie, sarebbe solo ridicolo: “Sono appena tornato dall’Europa. Il viaggio è stato un grande successo per l’America. Un lavoro duro, ma grandi risultati”.

L’altra notizia è quella secondo cui, sempre Trump, avrebbe confidato al suo ministro dell’Ambiente, Scott Pruitt (noto per il suo negazionismo circa le responsabilità dell’attività umana sul riscaldamento globale), di volere stracciare l’Accordo di Parigi, già sottoscritto dagli USA poco più di un anno fa. Un comportamento che sembra volere la rottura degli storici legami “di sangue” che legano gli Usa all’Europa e che ne ricorda altri simili nella Storia, quasi sempre disgraziato viatico, Dio non voglia, di guerre.

Ma, sempre domenica 28 maggio, quasi in risposta si è alzata forte e orgogliosa una voce, fosse anche per difendere la VolksWagen, quella della Cancelliera Angela Merkel: «I tempi in cui potevamo fare pienamente affidamento sugli altri sono passati da un bel pezzo, questo l’ho capito negli ultimi giorni. Noi europei dobbiamo prendere il nostro destino nelle nostre mani”». Ovviamente, per chi lo ricorda, il primo pensiero è andato al tetro clima della quarantennale “guerra fredda” che vide da un lato gli USA e dall’altro l’URSS. Quella di oggi vede sempre gli Usa su un fronte e dall’altro il mondo con cui essi hanno più affinità economiche e culturali, ma che, a differenza dall’URSS di allora, non dispone di armi nucleari.

Il quadro dei rapporti politici tra le due sponde dell’Atlantico, almeno per ora, è quindi preoccupante, ma ha favorito, forse, una positiva conseguenza come le parole della Merkel fanno sperare: una possibile e indispensabile resipiscenza nell’UE, prima potenza commerciale del pianeta, che apra la strada alla sua unità politica per aiutare il mondo a vincere le sue nevrosi, iniziando a modificare modelli socio economici ormai insostenibili e che hanno concesso spazio a rozze arroganze, come quella che sta dimostrando il Presidente Trump.

Sempre domenica 28 maggio, la Corea del Nord, potenza atomica governata da Kim Jong-un, un sanguinario giovanastro da fumetto, ha lanciato provocatoriamente un altro missile balistico di tipo Scud. Quasi a volere richiamare l’attenzione sulla sua somiglianza con Trump nell’approccio politico: una tracotante esibizione muscolare, quale unico metro per affrontare le divergenze e le conflittualità degli interessi. Che ci si debba ormai aggrappare alla Cina per sperare in un mondo migliore?

 

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