Al Vecchio Passeggio santella imbrattata: dietro quel muro c'è un pezzo di storia locale

Non è migliorata la situazione della santella dipinta su un muro del parco del Vecchio Passeggio, sfregiata con segni blasfemi come un lettore ci aveva segnalato lo scorso ottobre. Il fumetto che esce dalla bocca del Bambino è ancora leggibile, come pure la sagoma dello spinello ed altri segni che irridono l’immagine sacra. Che non sarà un capolavoro artistico, ma che rappresenta una memoria della Cremona che fu. Cos’era, infatti, il parco del vecchio Passeggio, prima di diventare parco pubblico e cittadella del volontariato? Una delle testimonianze del suo passato è proprio quella santella, che nei primi anni Settanta del secolo scorso il Comune volle valorizzare nell’ambito della restituzione pubblica del luogo. Per questo fu affidato l’incarico ai tecnici Galetti e Franzini per una sua valorizzazione, con la costruzione di un tettuccio in tegole e legno come riparo dalle intemperie. Venne poi restaurata da Ermanno Calchi nel 1973 perchè già ammalorata.
La santella in questione non è certamente la più antica della città. Ma ha una storia interessante, che è stata ricostruita dallo studioso di storia locale Maurizio Mollica.
Siamo all’interno dell’ex viridarium di San Francesco, il giardino dell’imponente impianto monastico sviluppatosi tra 1300 e 1500 di fronte al Borgo San Guglielmo, fuori le mura. Tra parentesi – ma qui si entra nella leggenda – pare che Francesco, di ritorno dalla Francia, sostò presso San Guglielmo risanando miracolosamente un pozzo guasto, il Pozzo di San Guglielmo, appunto, distrutto poi da Cabrino Fondulo nei primi del ‘400, rinvenuto dal vescovo Litta nel Settecento e poi nuovamente finito nell’oblio.
In epoca di dominazione austriaca, il complesso di san Francesco divenne Ospedale Maggiore della città, confinante con le mura nord della città. Nel 1870 la zona prese il nome di Pubblico Passeggio: questa era infatti la funzione del camminamento sopraelevato sulle mura che circondavano la città. Così descriveva la zona un prelato cremonese dell’epoca: “…era antico convento dei frati minori posto alla estremità settentrionale dello ospitale della città ed immediatamente sotto il passeggio pubblico di questa. Siffatto quartiere dello ospitale che è sempre chiuso a chiave e guardato da un apposito portinajo, può risguardarsi come segregato e distinto dal resto degli altri edifici e abitati. In esso hanno stanza e ricovero i pazzerelli di ambo i sessi della città…”.
Dunque, quello che era un ospedale era anche luogo di ricovero per malati di mente, e bisogna arrivare nel Novecento per un nuovo cambio di funzione, quale ricovero per gli ammalati di tubercolosi. E’ in tale ambito che verosimilmente venne dipinta la santella, tra gli anni ’40 e ’60, da un malato anonimo che volle lasciare un luogo di preghiera per i tanti sfortunati di quel ricovero.
E arriviamo così ai primi anni Settanta e alla storia che già conosciamo. Il Comune valorizzò quella piccola testimonanza di fede, oggi seminascosta dentro il muro perimetrale. Di essa di occupò più tardi anche Elena Contucci – studiosa e amante dell’arte locale, dirigente di Adafa e Fai, professoressa presso la Beata Vergine, membro della commissione toponomastica – nell’ambito del suo studio complessivo su queste forme di devozione popolare sparse per la città. Un rispetto del passato che oggi, con quegli sfregi, sembra essersi perso. g.biagi

