True Blue, la natura lodata 'con elettrica voce' di Michele Mascarini
di VITTORIO DOTTI
«La ragione umana, in una specie delle sue conoscenze, ha questo singolare destino: è tormentata da tutti i problemi, che non può evitare perché posti dalla natura della ragione stessa, ma che sono per essa insolubili perché oltrepassano ogni potere della ragione umana.» Sin qui Kant, che nella Critica della ragion pura ha ragione a stigmatizzare i ragionevoli limiti della ragione, ma che non vede – non intuisce, lui fine rapsodo della coscienza, cieco però ai fulgori dei cieli stellati e delle gelide lune – quanto sia in potere ai poeti e agl’artisti – quelli veri – detti limiti travalicare e sceverare della Natura i meccanismi oscuri, per poi ricomporli, senza distruggerli, in linee di bellezza armoniosa.
Come nel miltoniano incipit del canto terzo de Il Paradiso, dove il poeta dipinge il respiro sonoro della luce:
Salve del cielo primigenia figlia, / o dell’Eterno coeterno raggio, / Se tal nomarti senza biasmo io posso, / O sacra luce. (…) / O se piuttosto / Ami esser detta un puro eterno rivo, / La tua sorgente chi dirà? Tu pria / Fosti del sol, tu pria de’ cieli, e all’alta / Voce di Dio, come d’un manto, il mondo / Di te stessa avvolgesti allor che, tolto / All’infinito informe Vôto, ei fuora / Dalle negre sorgeva acque profonde. (…)
(questo mirabile inno alla luce è tratto da Il Paradiso perduto di J. Milton, nella versione ritmica di Lazzaro Papi, stampata per i tipi di Sonzogno nell’anno 1881).
Alita in questi versi la stessa fragranza, il medesimo incanto che vibra nella tensione intellettuale di rare opere di viva scienza, come, ad esempio, ne L’origine della vita sulla terra di Aleksandr Ivanovi? Oparin; The Planets, Their Origin and Development di H.C. Urey; il compendio di biochimica ‘visionaria’ siglato da Krishna Bahadur; la filosofia ‘esistenzialistica’ di Gregory Bateson; gli scritti di Erwin Schrödinger, Jacques Monod, Lynn Margulis, Fritjof Capra; come – infine, ma è soltanto un elenco provvisorio – la mirabile sintesi di scienza dei sistemi viventi composta alla fine degli anni ’80 da Manfred Eigen sotto il titolo di Gradini verso la vita.
Opere, tutte, innervate da una passione che supera le angustie della ragione, e tuttavia la stimola e la nutre; lo stesso che accade immergendosi nelle suggestioni – cromatiche, tattili, olfattive, microvibrazionali… – della splendida esibizione dei ‘dipinti materici’ di Michele Mascarini, ospitata nella bottega antiquaria del fratello Paolo, in via Janello Toriani 10, a Cremona, fino al 20 ottobre p.v., e sintetizzata nel suggestivo titolo True blue.
Contemplando, sotto l’usbergo arioso del torrazzo, i getti di cemento sapientemente arborizzati dall’artista cremonese, le sue bolle di plaxiglass trasparenti e le policrome sfere in plastica e policarbonati, oppure le squadrature di ferro anticato dall’abrasione ossidativa nonché i minuti intrecci zoomorfi in stoffa carta ceralacca e resina… contemplando questo, dicevo, il pensiero non può non condurci sul sentiero dove a Walt Whitman balenò «un lampo di vita selvaggia», da lui riprodotta con queste parole: «Oggi, nell’attraversare il Delaware, ho visto un grande stuolo di oche selvatiche che mi passarono proprio sopra il capo, disposte a V, e si stagliavano contro le nubi meridiane color grigio-cenere. Le ho viste in modo magnifico per lo spazio di un minuto (…). Strani pensieri si fusero in me durante il tempo che vidi queste creature solcare il cielo – il regno ampio dei venti, fino al color grigio-fumo che dominava (non c’era il sole) – le acque in basso – il volo rapido di questi animali, apparsi appena un istante e poi scomparsi lontano, per offrirmi come in un lampo la sensazione della Natura in tutta la sua immensità, con la sua eterna e pura freschezza, i suoi angoli di mare, cielo e terra dove non si reca mai nessuno.»
La sensazione della Natura in tutta la sua immensità: è ciò ch’esprimono le opere esposte di Michele Mascarini; opere idealmente campite nel timbro fondamentale d’un «blue elettrico» whitmaniano, che vincono la gravità in virtù di lievi catene metalliche, le quali permettono una sottile ondulazione ritmica nell’aria, che vagamente ricorda le ‘sospensioni sonore’ di Fausto Melotti.
Preganti di spessore materico, le ‘tele’ di Mascarini ci stimolano a un viaggio – non saprei asserire se intergalattico o submarino – lungo le orme perdute dell’origine della vita, che l’artista visualizza per noi, come se ci accompagnasse in un viaggio lisergico, durante il quale, dagli oblò di una navicella spaziale o di un sottomarino, egli ci permettesse di guardare i raggi che intonarono il «canto al tramonto» dell’aedo degli sconfinamenti oceanici (Walt Whitman, appunto):
(…) Voi, terra e vita, finché brilli l’ultimo raggio, io canto. // (…) Vita naturale di me, che fedelmente loda le cose, / Corroborando perenne delle cose il Trionfo. // Tutto glorioso / Glorioso ciò che noi spazio chiamiamo, sfere d’innumeri spiriti, / Glorioso il mistero del moto sugli esseri tutti, / compresi i più minuscoli insetti, (…) / Gloriosa la luce che or brilla, / Glorioso il pallente riflesso della / luna novella nel ciel d’occidente. // Glorioso quanto vedo e ascolto e tocco, / sino all’estremo glorioso (…) // Oh, meraviglia di tutte le cose – sino all’estrema particola! / Spiritualità delle cose! // (…) Fino all’ultimo canto le identità, nuove e antiche, / Canto il fine eterno delle cose, / Dichiaro che la Natura continua, la gloria continua, / Intono le lodi con elettrica voce, / Poiché non scorgo una sola imperfezione nell’universo, / E non scorgo una causa sola o un solo effetto di cui alla fine / lamentare ci si possa dell’Universo.