Cronaca

Inquinamento atmosferico, soglia limite superata già da 32 giorni

Foto Sessa

Sono ormai 32 i giorni di superamento della soglie limite delle polveri sottili in provincia di Cremona. A dirlo è l’ennesimo report di Legambiente Lombardia, che lancia l’allarme su una situazione decisamente pesante, soprattutto considerando che in un anno il limite massimo di giorni di superamento sarebbe 35. Limite che, considerando i livelli elevatissimi di smog di questi giorni (nella giornata di domenica la media era di 81 microgrammi per metro cubo su una soglia di 50), verrà superato a brevissimo. Insomma, il 2020 non inizia nel migliore dei modi, dal punto di vista ambientale: Cremona, tra le province lombarde, è la terza peggiore, dopo Milano (36 giorni) e Pavia (34 giorni).

“La direttiva europea in materia di inquinamento atmosferico (2008/50) stabilisce un limite di concentrazione tossica delle polveri sottili (50 microgrammi di PM10 per metro cubo), consentendone il superamento fino a un massimo di 35 giorni all’anno” sottolinea Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “L’Italia si trova già sottoposta a procedura di infrazione, proprio per lo sforamento sistematico della tolleranza dei 35 giorni di superamento dei limiti. A quanto pare, non sembra volersi smentire nemmeno nell’anno in corso, dopo un 2019 in cui un generale miglioramento dei dati sullo smog aveva fatto ben sperare. Senza tavoli di coordinamento sovra-regionali, le azioni spot messe in campo dalle singole amministrazioni comunali possono contenere temporaneamente l’emergenza, ma non riescono da sole a contrastare una situazione cronica che caratterizza tutto il bacino padano e che necessita di interventi strutturali su più livelli: mobilità, edilizia, agricoltura”.

La causa della situazione cremonese, come per Milano, Pavia e Mantova è da ricercarsi, secondo Legambiente, “nelle emissioni di ammoniaca da parte degli allevamenti intensivi: un gas che, reagendo con i NOx prodotti dai motori diesel, forma particelle sospese costituite da cristalli di nitrato d’ammonio. La situazione degli altri capoluoghi di provincia, infatti, è differenziata: se le province montane e pedemontane se la passano relativamente bene, e l’uso di caminetti e stufe a legna (molto diffuse nei territori di Lecco, Sondrio e Varese) non riesce a scalfire la predominanza di giornate di aria pulita, molto peggio vanno le cose per il drappello delle città capoluogo della zootecnia”.

Insomma, per gli ambientalisti “la metà del PM10 ha origine zootecnica, una fonte ancora eccessivamente sottovalutata, considerato che la Lombardia è la regione con la maggior densità di capi allevati in Italia”.

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