Cronaca

Venerdì Santo: la benedizione alla città e alla diocesi con la reliquia della Sacra Spina

Si è conclusa in modo del tutto particolare l’azione liturgica della Passione del Signore che il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto nel pomeriggio di venerdì 10 aprile in Cattedrale. Non potendosi svolgere in serata la tradizionale processione cittadina del Venerdì Santo, monsignor Napolioni ha voluto comunque portare in qualche modo per le strade di Cremona quella che la tradizione vuole essere un frammento della corona di spine posta sul capo di Gesù e donata , subito dopo l’elezione al Soglio di Pietro, da Gregorio XIV (Niccolò Sfondrati) alla città della quale era stato vescovo per 30 anni, dal 1560. E proprio con quella Sacra Spina il Vescovo dalla piazza del Comune ha impartito la solenne benedizione alla città e alla diocesi.

Tutto è avvenuto poco prima delle 19 quando il portone della Cattedrale si è spalancato su una piazza deserta, come le vie della città in questi giorni.

Ad aspettare il Vescovo (uscito indossando la mascherina di protezione) solo una rappresentanza dell’Amministrazione comunale formata dall’assessore Barbara Manfredini in fascia tricolore (al posto del sindaco Gianluca Galimberti, in quarantena dopo la riscontrata positività al coronavirus) e – ben distanziati – l’assessore Luca Burgazzi, il comandante della Polizia locale Pierluigi Sforza e l’ufficiale Giorgio Catapane con il Gonfalone del Comune.

Tutto si è svolto nel più completo silenzio, proprio come la celebrazione del Venerdì Santo era iniziata. È così ogni anno, ma quest’anno il silenzio era ancor più forte. In modo «ancor più giusto e ancor più inevitabile», ha detto monsignor Napolioni iniziando l’omelia dopo la lettura del Passio, perché «quest’anno non possiamo avere fretta di fare Pasqua». Prima dell’Alleluia il grido che risuona è: «Cristo è veramente morto! Come tanti nostri fratelli e sorelle – ha detto il Vescovo – nelle circostanze di queste settimane. Sono veramente morti! Come siamo veramente provati, intimoriti e ricondotti alla nostra verità e fragilità».

La riflessione del Vescovo è proseguita rileggendo il brano del profeta Isaia (52,13-53,12) che presenta il servo del Signore come “uomo dei dolori che ben conosce il patire”. «Un pezzo della nostra carta d’identità – ha precisato monsignor Napolioni – che noi vorremmo stracciare, per evitarlo il più possibile. Certo non siamo fatti per il dolore e il dolore in sé non è un bene. Ma non possiamo continuare a girargli al largo come se non ci fosse: è parte integrante del mistero e della bellezza della vita. Per quanto ci si industri in forme di anestesia, anche nel parto la vita nasce nel dolore e poi sboccia in una gioia che lo supera, che lo trasfigura, che gli dà senso, che lo rende ripetibile, come stanno le grandi mamme».

Monsignor Napolioni ha poi voluto soffermarsi su due passaggi della lettura biblica che specificano in maniera provocante il rapporto dell’uomo e di Cristo con il dolore. “Egli si è addossato i nostri dolori” e “Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori”. «Qui si rivela l’abisso del cuore di Dio Padre che non risparmia nulla al suo rapporto con il figlio per espandere questo suo amore su tutte le creature», ha sottolineato.

Infine un invito: «Sostiamo!». «Non dobbiamo – ha detto – avere fretta di pensare che si ci sarà un lieto fine. La realtà cruda dei nostri giorni ci ricorda che non è una parentesi per l’intero corpo di Cristo essere l’uomo dei dolori. E guai se la nostra convivenza sociale non si misura con il dolore, non lo rimette al centro: non una società che insegue i piaceri né tanto meno una società che propone e giustifica i dolori, ma una società che cura talmente i dolori e sa aver cura dei più deboli da riaprire a tutti non la via ai piaceri, ma alla gioia». «Quella gioia – ha concluso con un riferimento tutto personale – che io ho sperimentato in questi giorni dopo la guarigione e che come me sperimentano tutti quelli che, avendo ricevuto le cure adeguate, avendo ricevuto l’amore e l’attenzione dei fratelli e avendo sentito l’amore del Padre, avendo sperimento che Cristo è morto per noi, hanno ritrovato la gioia e la speranza, la fiducia e la vita».

Dopo l’omelia la lunga preghiera universale prima dell’adorazione della Croce, innalzata per tre volte dal Vescovo ma senza poi il gesto devozionale del bacio, così caro alla tradizione popolare.

La preghiera del Padre nostro ha poi introdotto il momento della Comunione, con il Pane eucaristico consacrato il giorno precedente. Sino alla benedizione della città e della diocesi con la Sacra Spina che ha concluso la celebrazione del Venerdì Santo presieduta dal Vescovo in Cattedrale, anche questa a porte chiuse e vissuta da molti in comunione spirituale attraverso i mezzi della comunicazione sociale.

Nel pomeriggio il vescovo, dal piazzale dell’ospedale, aveva pregato per i malati e per gli operatori sanitari. Tutte le tv dell’ospedale erano sintonizzate sul canale 80 di Cremona1 per dar modo ai pazienti di ascoltare le parole di monsignor Napolioni.

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