Vittore Soldo: la vittoria
del sì sia la spinta per
avviare le altre riforme
L’analisi dell’esito del voto al referendum costituzionale credo debba partire dall’affluenza. La maggioranza degli italiani si è regolarmente recata alle urne, anche nella nostra Provincia, e questo è un buon dato. Tuttavia credo che un’ulteriore, più forte, partecipazione sia stata un po’ limitata da due questioni concomitanti: il Covid e l’insufficiente dibattito pubblico sul quesito referendario, dipeso (per buona parte) anche dal posizionamento piuttosto “timido” dei partiti politici nazionali.
Il Partito Democratico, a livello nazionale, ha sostenuto le ragioni del Sì a questo referendum, non senza distinguo importanti (di cui si deve comunque tenere conto). Io stesso, come dichiarato tempo fa all’Assemblea provinciale PD di Cremona, ho sostenuto il Sì: una scelta consapevole che arriva dalla mia profonda convinzione della necessità di avviare da qui un completo percorso di riforme, partendo dal superamento del bicameralismo paritario (non contemplato in questa proposta). Non mi sfugge però che una percentuale significativa di elettori ha mostrato molte perplessità verso questa riforma, a conferma di quando sottolineavo in precedenza. Partendo dal rispetto per le posizioni di tutti, mi aspetto che si tenga comunque conto, in sede parlamentare e politica, anche delle ragioni del fronte di chi si è opposto a questa riforma. Se una lettura complessiva si deve fare, questa deve partire da una domanda che accomuna i due schieramenti che si sono contrapposti in questa campagna referendaria: la richiesta di rigore e serietà verso le riforme istituzionali è assolutamente diffusa e deve essere seguita nel rispetto della volontà popolare. Ora occorre pertanto proseguire con una riforma meno parziale e più complessiva delle istituzioni, cercando di allargare il più possibile la discussione a tutte le forze politiche e sociali. Fermarsi al solo taglio dei parlamentari ha un valore puramenùte velleitario e simbolico, serve ben altro per riformare profondamente il nostro Paese e le proposte presentate dal Partito Democratico in parlamento vanno nella direzione giusta.
Credo che con il risultato di oggi si confermi la richiesta di un vero cambiamento, che pe-rò debba partire dalla giusta interpretazione del messaggio che ha accompagnato la preannunciata vittoria del Sì. Credo sia sbagliato affermare che la maggior parte dell’elettorato italiano sia mosso solo da un sentimento di antipolitica. Con questo risultato referendario gli elettori hanno mandato innanzitutto un messaggio alla politica tutta per un cambio di passo generale, non solo dal punto di vista delle riforme elettorali. La crisi economica del 2008 e poi il Covid, con le sue conseguenze sociali, hanno esasperato le grandi fragilità a cui siamo esposti. Ora più di prima si chiede alle istituzioni di poter essere capaci di rispondere ai rapidi mutamenti a cui abbiamo assistito: la politica tutta si deve quindi far carico di questa domanda anche perché le prossime sfide a cui siamo chiamati a rispondere sono tutt’altro che semplici. I cambiamenti climatici, la crisi demografica ed i repentini mutamenti nel mondo del lavoro tra automazione e nuove tecnologie richiedono istituzioni all’altezza del compito.