Mondiale biennale, i motivi che spingono Infantino
La rivoluzione che vuole mettere in atto il presidente della Fifa Gianni Infantino con il Mondiale biennale è un grande punto interrogativo in questo momento storico del calcio mondiale. Il dibattito però nasconde contrasti politici ed economici tra Fifa e Uefa e non solo. Secondo Emanuele Floridi, consulente di calcio, media e telecomunicazioni, in attesa che nei prossimi mesi si arriverà alla resa dei conti e sarà votata (bocciata o accolta?) a Zurigo la proposta, bisogna fare una premessa: “è da anni che assistiamo ad una differente velocità di crescita e cambiamento tra Fifa, Uefa e le singole federazioni. E poi noi in Italia e in Europa siamo già alla saturazione dell’offerta del prodotto calcio mentre altrove c’è fame di pallone e possibilità di investimenti e crescita. Noi siamo logorati, in larga parte del resto del mondo no”, sottolinea Floridi a Giovanni Capuano di Radio24 e pubblicato da Panorama. “E’ una guerra politica tra due entità, con la Uefa che oggi è più grande della sua stessa casa madre. Ecco perché sarebbe una grande opportunità raddoppiare il Mondiale e non solo, perché varrebbe anche per l’Europeo o la Copa America. E’ una questione di occupare spazi che altrimenti restano liberi e sono destinati ad essere occupati da altri”.
Un esempio è quello del tennis. “Guardate cosa ha fatto l’Atp che si è inventata le Finals per prendersi una parte del calendario prima scoperta. Anche nel calendario del calcio si può e si deve intervenire. E’ sotto gli occhi di tutti che l’attuale sistema delle soste internazionali sia faticoso e poco produttivo. Sono gli stessi club che per primi possono guadagnare dal Mondiale biennale e da una nuova organizzazione. L’industria delle sponsorizzazioni sportive e dell’intrattenimento avrebbe un grande vantaggio nel sapere che esiste una programmazione certa e che si ripete, senza tempi morti”. In questo modo “cambierebbe il valore e dovrà cambiare anche il sistema di suddivisione, con un nuovo modello e un nuovo meccanismo con una torta molto più grande”.
Un principio che ha mosso i creatori della Superlega. “L’idea in sé non era e non è sbagliata, è stato errato il modo e il tempo in cui è stato proposto. Togliere il merito sportivo, ad esempio, è stato un autogol”, spiega l’esperto. “Questa volta la Fifa sta facendo il ragionamento inverso rispetto a quanto tentato da Blatter in Africa o Nord America. Prima semina e poi proverà a raccogliere cercando di rendere grandi aree geografiche luoghi in cui il calcio possa diventare sport prevalente, cosa che in questo momento non è, con il rischio che si perda questa ultima occasione, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni che ormai hanno interessi trasversale molto diversi e molto lontani dal calcio”.
La possibilità quindi che Infantino riesca nel suo intento ci sono: “Penso che possa farcela anche perché c’è una forte spinta dai paesi che hanno margine di crescita e in Europa il fronte contrario non è così compatto come sembra”, prosegua Floridi. “Portare il Mondiale in un paese significa stimolarne la crescita e il calcio, in questo momento, ha meno segnali negativi rispetto ad altre grandi manifestazioni in crisi come le Olimpiadi che nessuno vuole più organizzare per costi e benefici. Per il Mondiale no, c’è fame e spazio per muoversi e innovare”.